Cos’è la “storia pubblica” e perché la facciamo guardando la tv
“La storia pubblica. Memoria, fonti audiovisive e archivi digitali”. Due giorni di convegno, ieri e oggi, 27 e 28 marzo dedicati al delicato e ricco rapporto tra storia e memoria, per come si è sedimentato, lungo i decenni, negli archivi italiani che raccolgono fonti audiovisive. Il convegno, organizzato da Intesa Sanpaolo presso le Gallerie d’Italia a Milano, si è aperto ieri con il discorso inaugurale di Giovanni Bazoli, presidente emerito della Banca. Dopo di lui hanno preso la parola Aldo Grasso, Direttore scientifico Ce.R.T.A. – Centro di Ricerca sulla Televisione e l’Audiovisivo e curatore del convegno e Stefano Lucchini, Chief Institutional Affairs and External Communication Officer Intesa Sanpaolo. Quindi è intervenuto Paolo Mieli, storico e due volte direttore del Corriere della Sera, che ha ricordato un episodio privato ignoto al grande pubblico. Rivolgendosi direttamente a Giovanni Bazoli, seduto in prima fila, ha ricordato di quando, alla fine del suo secondo e ultimo incarico come direttore, Mieli ha raccontato di un colloquio riservato avvenuto tra lui e Bazoli. Mentre i rappresentanti degli azionisti erano solitamente interessati “a parlare d’altro”, ha detto Mieli, Bazoli si era sempre mostrato molto interessato a parlare dei temi della cultura e della storia. In particolare, in quell’incontro, risalente ormai a dieci anni fa, sottolineò l’importanza della divulgaziuone storica in televisione. “Non voglio dire che tutto quello che ho fatto in questi anni lo devo a quel colloquio” ha chiosato Mieli “ma certo quel momento ha avuto una parte davvero importante nelle mie scelte successive”.
Dopo questa apertura, il dibattito – animato dagli interventi di Jerome Bourdon, della Tel Aviv University, uno dei più importanti specialisti internazionali di media, Serge Noiret, del European University Institute tra i principali studiosi di Public History oltre agli esponenti dei principali canali televisivi italiani Mediaset, Sky, LA7, RAI – si è concentrato sulla televisione nel suo duplice ruolo di strumento di narrazione storica e di produttrice di memoria. Nell’era della convergenza digitale, la public history non sembra essere più soltanto destinata ai classici luoghi della divulgazione (i musei, le biblioteche, gli archivi, i festival, i teatri, le mostre) o ai tradizionali mezzi di comunicazione di massa (la radio, la stampa, il cinema, la televisione), ma si serve di uno spettro sempre più ampio di nuovi media (il web, i social network, i videogiochi, la realtà virtuale), fino a qualche anno fa quantitativamente e qualitativamente inimmaginabili, che forniscono al pubblico generalista, così come agli storici stessi, un archivio digitale di immagini e fonti storiche potenzialmente infinito.
La seconda giornata – con gli interventi di Guido Guerzoni, dell’Università Luigi Bocconi, di Agostino Giovagnoli, Massimo Scaglioni e Anna Sfardini dell’Università Cattolica di Milano e una tavola rotonda con i principali responsabili di archivi e istituzioni museali e storiche, tra cui Barbara Costa, Responsabile Archivio storico Intesa Sanpaolo e Sergio Toffetti, Presidente Museo del Cinema di Torino – è stata invece dedicata agli archivi e all’immenso patrimonio audiovisivo del nostro Paese. Da parecchi decenni gli storici hanno sentito la necessità di allargare ai media e ai loro prodotti l’attenzione riservata per le fonti. Il valore culturale delle fonti audiovisive, anche televisive, oltre a essere ribadito dai diversi linguaggi con cui la tv e i mezzi audiovisivi costruiscono una memoria condivisa, trova oggi nuove modalità di espressione attraverso le possibilità di racconto garantite dalle tecnologie più recenti e nei processi di digitalizzazione che stanno investendo gli archivi in termini di conservazione, circolazione e fruizione dei materiali.
In un paese come il nostro, in cui solo gli archivi di stato contanto oltre cento sedi, e in un tempo come il nostro, in la storia e la sua narrazione è definitivamente e irreversibilmente uscita dal “monopolio” delle aule universitarie, i temi del convegno sono destinati a rimanere vivi e attuali: lo saranno ogni volta in cui si discuterà, ad esempio, della digitalizzazione dei materiali di archivio e della loro diffusione massiva.
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