Vincerà la guerra chi non avrà come alleato gli italiani

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14 Luglio 2023

Agosto 1937, Anno XV dell’era fascista, il regime al potere ha raggiunto, come scrive Renzo De felice, il punto più alto del consenso e ama mostrare i muscoli del Paese che ha immaginato di avere plasmato “a sua immagine e somiglianza”.

L’occasione è data dalle prime “Grandi manovre” che si svolgono nel comprensorio Salemi-Calatafimi-Santa Ninfa-Castelvetrano, alla presenza dello stesso duce del fascismo, di Vittorio Emanuele III re d’Italia e, dopo la conquista dell’Abissinia, imperatore, di molte autorità militari e civili del regno, oltre che di numerosi osservatori stranieri, giornalisti in prima fila.

La scelta della Sicilia è motivata dal fatto che, fin d’allora, ci si rendeva conto che l’isola fosse “la virtuale porta d’accesso verso l’Europa” e che, quindi, un’eventuale minaccia non poteva che arrivare da lì.

Ma c’è un altro motivo che sottende la scelta dell’isola ed è quello, come scrive Attilio Albergoni nel suo 1937, Le Grandi Manovre in Sicilia, di “dare un segno forte e tangibile della presenza e potenza italiana nel Mediterraneo”, uno spazio che veniva considerato dal Regime di dominio nazionale.

Le Grandi manovre costituivano dunque un per niente celato avvertimento alle potenze, quella francese e quella britannica, che avevano da sempre considerato come di propria disponibilità lo spazio Mediterraneo.

Prima dell’inizio delle operazioni che interessavano le tre armi, i soliti discorsi di rito.

Come spesso accadeva, pur in presenza del sovrano, è Benito Mussolini a far da primadonna.

Il suo discorso è veemente, enfatico, appassionato e si incentra sulla invincibilità della Patria aggiungendo, con la teatralità di cui era maestro, la blandizia questa volta dedicata al fiero popolo siciliano, il popolo del Vespro. I siciliani, afferma, avrebbero fatto il loro dovere impedendo, laddove qualcuno avesse osato metter piede sul sacro suolo, qualsiasi tipo di sbarco, ipotesi peraltro assolutamente fantasiosa, visto la potenza italiana.

Per giorni lo spazio prescelto è interessato dalle esibizioni delle varie armi che simulano attacchi e controffensive con scenografie tipiche dei Kolossal cinematografici.

La grandiosità di quanto si svolge nasconde però una dura realtà, gli armamenti sono obsoleti, parte prede belliche della Grande Guerra, parte finzioni scenografiche per dare l’impressione di quantità superiori alla realtà.

Il tutto, però, si conclude trionfalmente con un discorso soddisfatto del duce pronunciato all’Ossario di Calatafimi, davanti ad un folto pubblico.

Terminato il discorso, “il duce – è sempre Albergoni che ne scrive – ordina agli astanti a gran voce il saluto al re imperatore e la fiera massa degli ufficiali risponde unanimemente e coralmente con un roboante VIVA IL RE”.

Un bluff, dunque, che inganna molti e soprattutto la stampa ma che non sfugge ad un attento osservatore. Si tratta dell’autorevole ministro della guerra della Germania nazista, il Feldmaresciallo Werner von Bloomberg il quale, dopo la conclusione delle Grandi Manovre, intervistato dai giornalisti su chi possa vincere una futura ipotetica guerra, risponde seccamente e senza mezzi termini che “Vincerà la guerra chi non avrà come alleato gli italiani”.

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CAT: Storia

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