Baudelaire e il furore di vivere: Balletto Civile danza “Les Fleurs”

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30 Dicembre 2023

 

Il male non c’è più. E’ andato via lasciandosi dietro un paesaggio senz’anima. Rimangono solo i ricordi ad affiorare qua e là come immagini surreali nel pastiche postmoderno disegnato con impegno dalla coreografa Michela Lucenti e il suo Balletto Civile nello spettacolo dedicato a Baudelaire, andato in scena nei giorni scorsi all’Arena del Sole di Bologna per il cartellone di proposte dell’Ert/Teatro nazionale e primo lavoro che apre la rassegna di danza contemporanea “Carne”, curata proprio da Lucenti. Restano i fiori, o “Les Fleurs”, così titola lo spettacolo monco della parola “du Mal” dal titolo della celebre opera del poeta Charles Baudelaire: abbandonati sul cammino della conoscenza, tra perdita del senso e di se stessi. Perché è poi proprio dello scrittore francese che si parla sì, ma in un modo così sbilenco che a ogni passo di danza, ogni piccolo sipario aperto in questo campo largo e disordinato del palcoscenico è come se saltassero fuori uno dopo l’altro i fotogrammi di un film fatto di carnalità e desiderio, amori perduti e illusioni. E’ l’intreccio amaro della relazione dell’artista con la società del tempo. Apparentemente austera e perbenista, in realtà malata d’invidia, respingente e bigotta. Società impenetrabile che, calate le paratie di piombo, abbandona i suoi figli più fragili, i poeti, a loro stessi. Perso dentro le volute di fumo dell’hashish e dell’oppio consumati in modo ossessivo, Charles si ritrova solo a combattere fantasmi in carne e ossa che perseguitano l’arte e la libertà di pensiero e di parola. Passano solo dieci giorni dalla pubblicazione di “Les Fleurs du mal”, il 25 giugno 1857, presso l’editore Poulet-Malassis et De Broisse, e lo scrittore è infatti denunciato per oltraggio e offesa alla “morale religiosa, pubblica e i buoni costumi”. Processato e condannato per direttissima dovrà pagare 300 franchi di multa ed eliminare 6 poemi (questi saranno editi poi in una pubblicazione satirica in Belgio, mentre la seconda edizione, del 1861, ne conterà 35 in più, inediti). Per gli stessi identici capi d’accusa lo scrittore Gustave Flaubert per il romanzo “Madame Bovary” verrà invece assolto. Perché tanta persecuzione e odio contro Baudelaire?

Una danzatrice del Balletto Civile annota col gesso su una lavagna uno dei temi parte della coreografica “Les Fleurs” di Michela Lucenti dedicata a Baudelaire (Foto Margherita Caprilli)

In Europa e in Francia è momento di tumultuosi cambiamenti. Il Paese della Rivoluzione e dell’avventura napoleonica è cambiato. Avanzano le forze della reazione e non è certo un caso che, chi governa il Secondo Impero si allei con la Chiesa cattolica romana. Cresce l’influenza dei filosofi Schopenhauer e Kierkegaard,  tra gli intellettuali si diffonde il nichilismo mentre il Romanticismo è rappresentato soprattutto da Victor Hugo.

Di tanto agitarsi del potere nei suoi confronti Baudelaire ne ebbe preveggenza perché, come riconosceva in una lettera a sua madre, il  libro: “il a été fait avec fureur et patience” . Fatto con furore, quasi a voler regolare i conti con quella società. Ne ha percezione e forse anche paura perché giunge a tagliare un bel numero di pagine. Quasi un’auto censura. Con “fureur”, persino paziente dice, quasi ad indicare un libro scritto a freddo contro il potere. E’ in fondo lo stesso furore pericoloso che poteva minare alle radici l’intesa fatta da Napoleone III nel nome di Dio, Patria e Famiglia.

Baudelaire non era un sanculotto, si esaltava dei messaggi di cambiamento, ma lungi l’idea di indossare le vesti del Libertador. Eppure…

Aveva intuito lo scatenarsi dei perbenisti … ma decide di andare avanti. Nella missiva indirizzata alla madre così descrive la sua opera: “Questo libro che si intitola “Les Fleurs du mal” dice tutto, è rivestito come vedrete, di una bellezza sinistra e fredda….” Attacco premeditato al sistema? Il punctum dolens risiede probabilmente nella scelta del sostantivo “Mal”. Il Male. E i “Fleurs” ? Non sarà forse, come sospettò Jean Paul Sartre, che quel titolo sia una semplice provocazione editoriale e letteraria?

Una scena d’insieme di “Les Fleurs”, coreografia di Balletto Civile presentata in prima nazionale nei giorni scorsi all’Arena di Bologna (Foto Margherita Caprilli)

In verità Baudelaire immagina che il “Mal” sia lo spazio in cui è immersa l’umanità. I Fleurs sono il loro specchio ma anche la via di fuga. Così, vengono a materializzarsi nel grande tableaux di ispirazione bauschiana ideato da Michela Lucenti: storie minime, pezzi di quotidianità visionaria raccontate in scioltezza dai danzatori-attori di Balletto Civile. Tutti assai bravi e di sensibilità teatrale: oltre alla Lucenti, autrice anche di regia e coregrafia. Sono: Maurizio Camilli, Michela Lucenti, Alessandro Pallecchi, Gianluca Pezzino, Emanuela Serra, Francesca Zaccaria, Francesco Gabrielli. Costoro contribuiscono alla riuscita dell’opera dipingendo in scena un murale a tinte fosche in cui utilizzano tutti i temi della poetica di Baudelaire, immersi liquidamente nel funzionale commento sonoro curato da Guido Affini e le luci di Stefano Mazzanti. La morte, la vita vissuta senza regole. La noia e la solitudine. Il tutto dentro una notte profonda che ha tutte le tonalità del buio. E’ o no un viaggio immaginario verso l’inferno, cioè la vita stessa?

Epico come un canto omerico, “Les Fleurs” è articolato in nove micro tempi indicati volta per volta in una lavagna: il poeta, la bellezza, il tempo, la noia, l’esilio, la rivolta, la ferita, la città e, infine, la poesia. Annunciati come quadri di una esposizione sono seguiti da un attore che, interpretando lo stesso poeta ai margini delle storie, seduto sopra una cassa di champagne, ne continua a mostrare i progressivi slittamenti verso lo sfaldamento stesso delle immagini annunciate. Nello spazio ampio e disadorno del palcoscenico agisce il Balletto Civile entrando nel cuore stesso dei poemi dello scrittore francese – ma anche altri redatti collettivamente – dando forma e rilievo a effimere composizioni di vite ai margini. Reietti, abbandonanti dalla società, ultimi e fragili. I versi illuminano le esistenze, indicano i punti nascosti del male di vivere. Lo “spleen”.

Michela Lucenti ha curato la regia e la coreografia per un singolare “Les Fleurs” dedicato al poeta francese Charles Baudelaire all’Arena del Sole di Bologna (Foto Margherita Caprilli)

Si parla, anche e soprattutto, di Baudelaire il poeta. Anzi è lui il riferimento fisso _ come indicano le grandi lettere C” e “B” disposte in evidenza nel proscenio _ dell’allestimento di teatro-danza, anche se si allude, e certo, anche alla nostra contemporaneità, a una società comunque malata di ambizioni e imbrigliata da illusioni crudeli.

A questo proposito, in “Les Fleurs du Mal” non è ardito pensare proprio ad Antonin Artaud e al suo teatro della crudeltà. Nei termini di una teatralità presente tra i circuiti nervosi di quel poetare. Un teatro che c’è ma non si vede esplicitamente. Questa osservazione di Jacques Derrida (in “L’écriture et la différence”, 1967) rinvia a Roland Barthes, il primo a fare questa constatazione in un saggio, “Le Théatre de Baudelaire” (in “Essais critiques”, 1964) . Come definire un tipo di teatralità fuori dal dramma ma comunque dentro la scrittura? Barthes risponde: “Che cos’è la teatralità? È il teatro senza il testo, è uno spessore di segni e sensazioni che si costruisce sulla scena a partire dall’argomento scritto, è questa specie di percezione ecumenica di artifici sensuali, di gesti, di toni, di distanze, di sostanze, di luci, che sommergono il testo nella pienezza del suo linguaggio esterno…”. Per Barthes insomma, che proseguirà questo studio analizzando  “Paradis artificiels”, questa teatralità -che va al di là del teatro stesso- è una forma di percezione generale che si trasmette a chi legge, o sta ad ascoltare i versi, in un modo che va oltre lo stesso testo. Considerazioni come questa sono utili per comprendere la grandezza e duttilità dei poemi di Baudelaire e riconosce in pieno il valore della performatività esplorata dallo stesso Balletto Civile.

Anche perché, a ben vedere, l’opera in sé, pur avendo forti caratteristiche di inattualità storica, proprio nel prefigurare scenari estremi appare paradossalmente e così incredibilmente vicina ai nostri giorni, come suggerisce il lavoro di Michela Lucenti.

La desolazione e la solitudine dell’artista e del poeta sono al centro di questo affascinante spettacolo del Balletto Civile. “Les Fleurs” , regia di Michela Lucenti (Foto Margherita Caprilli)

Nel confrontarsi con un mondo “malato” (pieno di male) i danzatori scelgono di stare dalla parte dei fiori -gli artisti a cui è negato vivere secondo le proprie idee – disegnando bozzetti e attraversando gli elementi visionari presenti tra le rime di Baudelaire, opera di un rigore quasi classico, con i suoi versi scritti in una forma poetica tradizionale come il sonetto. Un sonetto moderno si badi, nella sua concezione musicale in quell’alternarsi di quartine tradizionali a terzine non convenzionali. Versi immersi in un’aura classica che si dissolve in ossimori di libertà.

Così, lucidamente, mostra la prima sorprendente scena agita da una donna abbigliata in stile hippie che, spogliandosi, rivelerà il volto sommariamente truccato e deformato, di un uomo che cela il proprio membro tra le cosce. Raffigurazione plastica di quello che è lo “spleen”, raccontato in tanti piccoli poemi immersi in un sentimento in cui anche altri romantici, decadenti o no, inglesi e francesi si riconoscevano: angoscia del vivere in cui si mescolano malinconia e disincanto; l’unica salvezza è “l’Idéal”, il mondo dell’arte e della bellezza.

Scrivendo alla madre, nel 1857, il poeta rivela: “Quello che provo è un immenso sconforto, un senso di insopportabile isolamento, una paura perpetua di qualche vaga disgrazia, una totale mancanza di fiducia nelle proprie forze, una totale assenza di desideri, l’impossibilità di trovare un qualsiasi divertimento […] continuo a chiedermi: che senso ha questo? che senso ha quello? Questo è il vero spirito dello spleen”.

Lo “Spleen e l’Idéal”. I poeti, gli intellettuali. L’uomo della strada e la Metropoli che annuncia l’evo contemporaneo.

“Les Fleurs” del Balletto Civile, regia e coreografia di Michela Lucenti ha aperto la rassegna di danza “Carne” dell’ERT (Foto Margherita Caprilli)

Da “Spleen”.

“Je suis comme le roi d’un pays pluvieux,
Riche, mais impuissant, jeune et pourtant très vieux,
Qui, de ses précepteurs méprisant les courbettes,
S’ennuie avec ses chiens comme avec d’autres bêtes.
Rien ne peut l’égayer, ni gibier, ni faucon,
Ni son peuple mourant en face du balcon.
Du bouffon favori la grotesque ballade
Ne distrait plus le front de ce cruel malade;
Son lit fleurdelisé se transforme en tombeau,
Et les dames d’atour, pour qui tout prince est beau,
Ne savent plus trouver d’impudique toilette
Pour tirer un souris de ce jeune squelette…”

Da “l’Idéal”.

“…. Ce qu’il faut à ce cœur profond comme un abîme,
C’est vous, Lady Macbeth, âme puissante au crime,
Rêve d’Eschyle éclos au climat des autans,

Ou bien toi, grande Nuit, fille de Michel-Ange,
Qui tors paisiblement dans une pose étrange
Tes appas façonnés aux bouches des Titans”.

Quanto all’immagine del poeta o dell’artista reietto della società, i versi crudeli e definitivi di “Albatros” censurano meglio di mille discorsi la separazione e l’ostracismo… quell’ultimo verso, “l’empêchent de marcher “, è lo spleen del poeta stesso incapace di adattarsi al mondo reale… Ieri come oggi.

Il poeta, la bellezza, il tempo, la noia, l’esilio, la rivolta, la ferita, la città e la poesia sono i nove temi al centro dell’opera  “Les Fleurs” di Balletto Civile (Foto Donato Sulis)

Da “Albatros”

“…Ce voyageur ailé, comme il est gauche et veule!
Lui, naguère si beau, qu’il est comique et laid!
L’un agace son bec avec un brûle-gueule,
L’autre mime, en boitant, l’infirme qui volait!

Le Poëte est semblable au prince des nuées
Qui hante la tempête et se rit de l’archer;
Exilé sur le sol au milieu des huées,
Ses ailes de géant l’empêchent de marcher…”

Michela Lucenti solleva il velo sui rapporti tra intellettuale, poeta e società. I danzatori tracciano lo spazio e lanciano segnali. Accumulo veloce di azioni, turbinìo di gesti che colpiscono lo sguardo lasciando scie come marcatori di pagina. Infine il tempo e lo spazio abitato, la Città. Baudelaire registra implacabile il cambiamento veloce dei costumi e del vivere quotidiano dentro lo spazio urbano. Vive all’epoca in cui l’urbanista, il barone Georges Eugène Hausmann dà il via nella metà dell’Ottocento alla imponente trasformazione della metropoli francese con la costruzione dei grandi boulevards, la creazione di nuovi poli. Baudelaire è testimone diretto e così scrive nel mirabile poema “Cygne” della sezione “Tableaux Parisiens” :

“La vecchia Parigi non c’è più. (la forma di una città ///

Cambia più velocemente, ahimè! del cuore di un mortale)”.

(“…Le vieux Paris n’est plus (la forme d’une ville///
Change plus vite, hélas! que le cœur d’un mortel);”.

E ancora, questi versi, malinconici pervasi di amara poesia. Definitivi.

Da “Le Cygne”

“…Paris change! mais rien dans ma mélancolie
N’a bougé ! palais neufs, échafaudages, blocs,
Vieux faubourgs, tout pour moi devient allégorie,
Et mes chers souvenirs sont plus lourds que des rocs….”

 

(“……Parigi cambia! Ma nulla è cambiato nella mia malinconia

Nuovi palazzi, impalcature, blocchi,

vecchi sobborghi, tutto diventa per me un’allegoria,

E i miei cari ricordi sono più pesanti delle rocce….”).

La compagnia di Balletto Civile, protagonista della coreografia di Michela Lucenti “Les Fleurs” andata in scena all’Arena del Sole di Bologna (Foto Margherita Caprilli)

 

 

 

 

 

 

 

TAG: Balletto Civile, bologna, Charles Baudelaire, Eugene Haussmann, Jacques Derrida, Jean Paul Sartre, Kierkegaard, Roland Barthes, Schopenhauer, Victor Hugo, Walter Benjamin
CAT: Teatro

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