Cronache di due destini incrociati

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30 Aprile 2018

Si è chiuso ieri al Teatro India di Roma Echoes di Henry Naylor con regia di Massimo Di Michele. Il testo racconta dei tragici destini incrociati di due donne che da Ipswich, Inghilterra, si ritrovano in Medio Oriente, ma in secoli diversi: Tillie è una giovane inglese di inizio dell’Ottocento data in moglie a un tenente di stanza in Afghanistan, Samira, commessa musulmana dei giorni nostri, cerca l’amore tra i jihadisti siriani. Mariti di fede e cultura diversa, ma abitati da una simile miseria umana che non dipende dall’epoca né dalla religione ma da una misteriosa, inquietante violenza intrinseca dell’uomo, inteso soprattutto come genere.

Così le due donne varcano la soglia dello stesso teatro della crudeltà mediorientale, che non sembra modificarsi nonostante il passaggio dei secoli, stando almeno alle loro dolorose cronache: testimoni dell’assurdo le cui vite e destini si parlano attraverso la Storia per una comune ribellione alla violenza e alla volgarità, mentre passano da un’ingenua speranza di libertà a una condizione di asservimento: il vincolo stretto e incomprensibile imposto dalle azioni tremende dei loro mariti. Naylor compone così un vero e proprio monologo a due voci femminili, che attonite rimbalzano tra le pareti del tempo come un unico urlo, come un’eco sinistra capace di dimostrare con fredda razionalità i più orrendi invarianti di un’umanità allo sbando.

Un testo efficace a cui non manca una certa dose di retorica, che viene però smorzata dalla messinscena di Massimo Di Michele, grazie soprattutto al doppio piano di lavoro tra parola e gesto con cui ha condotto la regia. Brave a seguirlo le due attrici, Francesca Ciocchetti e Federica Rosellini, sottoposte a un gioco di movimenti scenici che a volte si risolve con la pantomima, altre quasi con la danza, come se il loro racconto acquistasse nuova verità grazie alla coreografia – impostata dal regista insieme a Francesca Zaccaria –, permettendo a questa tragedia di raggiungere un equilibrio che, a partire dal femminile, in poco più di un’ora riesce ad arrivare a tutti.

In scena oltre un chilometro di tubi gialli aggrovigliati, ideati da Sara Patriarca, che con niente realizza uno spazio che sa di teatro greco. I tubi possono diventare in ordine sparso catene, viscere, fardelli o sbarre di prigione, e delineano percorsi visibili e invisibili in questa mappa di solitudini che si toccano da lontano fino a diventare un’unica storia. Tanto che a un certo punto i dettagli della vicenda non contano più perché il disegno scenico si segue per intero nella sua ricca, disperata vitalità attraverso le paure, gli incubi e i mortificanti punti di vista delle due vittime sacrificali. La rappresentazione acquista un tono così degradante e così estremo che si rimane stupiti di fronte al senso liberatorio della danza finale della Rosellini, performer alla Bausch di impressionante capacità espressiva che sembra ritornare ai sensi e ai significati di un’Ifigenia sull’altare. Autorevole la presenza della Ciocchetti che dà il suo meglio, più che nei movimenti, nelle agghiaccianti sfumature iperrealistiche del suo racconto.

Foto di Futura Tittaferrante.

TAG: Echoes, Federica Rosellini, Francesca Ciocchetti, Francesca Zaccaria, Henry Naylor, Massimo Di Michele, Sara Patriarca
CAT: Teatro

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