“Notre Dame de Paris”: le passioni, la storia, il popolo

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30 Ottobre 2022

“L’amore è come un albero: germina da sé, getta profondamente le sue radici in tutta la nostra vita, e continua spesso a verdeggiare sopra un cuore in rovina”.

Notre Dame de Paris, il gotico declinato non solo nella cattedrale, rifugio in cui Quasimodo trova un luogo riparato e in cui vorrebbe offrire come casa anche a Esmeralda, ma nelle passioni che agitano i personaggi tutti sconvolti dalle fattezze della zingara. Esmeralda è la quintessenza della passione canta, danza, cammina scalza, la sua vitalità ammalia, stordisce i tre uomini anche se in modo differente.
Come Quasimodo è una zingara, è diversa, è l’altro a cui non si deve rispetto, la si vuole concupire. Quasimodo, infatti, vuole metterla al sicuro dal mondo esterno, offrirle asilo, lei non è più una bambina, ma della bambina conserva ancora la spontaneità, l’innocenza che stridono col suo corpo ormai pronto all’amore e ciò la rende ancora più appetitosa agli occhi di Frollo, giudice conservatore e contrario che non approva la morale dei gitani.
Il mondo dei gitani è un mondo libero senza troppe regole, senza ipocrisia e il capitano delle guardie Febo si innamora di lei che non cederà neppure a quell’amore sebbene provi nel suo cuore un sentimento verso costui che lei combatte per non esserne avvinta, anche se nel suo animo sa che non ci sarebbe niente di male nel cedere all’amore.
La cattedrale è per Esmeralda che segue Quasimodo il luogo della tranquillità, lui gli presenta i suoi amici, le statue, e le dirà che di quegli amici non dovrà mai temere. La pietra non è una minaccia. Mentre il mondo all’esterno si agita e il coro, con balli vertiginosi e canti che squarciano il petto, dà voce alle passioni che sconvolgono le vite di chi è innamorato di Esmeralda, dentro la cattedrale rappresenta il fortino entro cui le passioni si sedano, e il rumore del mondo esterno giunge attutito. Le mura sono guardiani della purezza della ragazza che è spaventata dall’effetto che la sua avvenenza scatena sugli uomini e forse non riesce neppure a spiegarsela.
Quasimodo e Esmeralda si somigliano non solo per il fatto di essere gitani, ma perché entrambi trovano all’esterno di quelle mura un mondo che non li accetta per come sono: Quasimodo per la sua deformità, il mostro, rappresenta in carne umana i Gargoyles, mostri orripilanti poste nei vari angoli della cattedrale parigine. Esmeralda, al contrario, per la sua bellezza sarà considerata una strega, una donna capace di mistero e di esoterismi. Una che si sottrare eppure ottiene l’effetto contrario di tenere legati a sé gli uomini. Quasimodo la ama di un amore puro sapendo che la sua deformità non potrà catturare il suo cuore, la ama perché, a differenza degli altri, lei lo accetta per come è, non deve nascondersi, lei riesce a guardare nel cuore umano, sarà lei che prima di lasciarlo gli suggerisce di recarsi alla Corte dei Miracoli, rifugio degli zingari di Parigi.
La poesia di Febo la fa vibrare, la fa desiderare di vivere, una scelta che lei rifiuterà perché deve subire il ricatto di Frollo: potrà ritornare libera solo se acconsentirà a trasformare l’inferno di quest’uomo spietato e pieno di pregiudizi in un paradiso, solo se si unirà a lui. Un ricatto che non accetta, perché lei capisce che si può morire restando in vita senza poter godere delle gioie dell’amore. Sarebbe la sua di vita a trasformarsi in inferno.
C’è in Notre Dame de Paris un destino amaro che segna la vita dei diversi, soprattutto se il diverso sono gli zingari, quelli che sono considerai una nullità, quelli che sono tollerati a patto che si sentano sempre esclusi e che rinunciano a qualsiasi idea di miscuglio. Questo sarà il motivo per cui Frollo odierà tanto Esmeralda perché lui la ama e arriva a dichiararle il suo amore, un amore, secondo i suoi canoni, contro natura, un amore che significherebbe mischiare il loro sangue che avrebbe consentito ad una zingara di superare i suoi stereotipi e tabù. La natura di Frollo vuole cedere a quell’amore pur ribellandosi, il suo dissidio interiore nasce dalla sua incapacità di non comprendere che l’amore non sottostà a nessuna logica e a nessuno schema. Si sente succube, incantato, indifeso contro chi considera una strega che, secondo lui, lo ha avvinto con un sortilegio. Esmeralda è la sua salvezza e la sua dannazione. Ma Esmeralda è una donna forte, moderna, consapevole di quanto prova non si lascerà scegliere, non consentirà che la sua vita dipenda da un atto di vigliaccheria e preferirà la morte.
C’è in Notre Dame de Paris un’ingiustizia eterna che si ripete nella storia, cosa significa per noi inclusione?
Per molto tempo si è confusa l’inclusione con l’assimilazione, ma come il sostantivo suggerisce, assimilare significa simile. Quando ci siamo avvicinati ad altri popoli, non l’abbiamo fatto per semplice spirito caritatevole o perché ci somigliavano, il movente della storia è stata sempre quello di conquiste, predominio, di strategie per annettere territori che avevano un’importanza strategica rilevante perché crocevia di traffici commerciali o perché ricca di materie prime essenziali. Ora come si può pensare di rendere simile chi è diverso da noi perché ha una lunga storia e tradizione che lo ha caratterizzato, determinato, formato.
L’integrazione, invece che l’assimilazione, sarebbe stata la soluzione alla pacifica convivenza tra popoli, ma integrare significa aggiungere, mescolare. Una sorta di meticciato culturale.
Considerando il fatto che le destre con le loro idee di sovranismo e nazionalismo sono salite al potere sembra un controsenso parlare di integrazione. Lo straniero, il diverso, l’immigrato sono i primi da sacrificare in un Paese dove non è mai stato riconosciuto loro la possibilità d integrarsi, hanno costituito sacche di lavoro clandestino, precario e malpagato. Se durante il governo di Salvini barconi che cercavano di portare in salvo disperati sono stati lasciati per giorni in mezzo al mare ad attendere che si concedesse uno sbarco, cosa succederà con il nuovo governo?
Il lessico fa preludere a sviluppi poco accoglienti perché chiamare sovranità alimentare il ministero dell’agricoltura, richiama alla mente l’autarchia di quei paesi in cui l’autosufficienza economica di una nazione, raggiunta tramite l’indipendenza assoluta o relativa dell’economia nazionale e la riduzione degli scambi economici con altri paesi.

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CAT: Teatro

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