Peter Brook e il Commissario Tronca
Comincio dalla fine. Battlefield, diretto da Peter Brook, è un piccolo gioiello, un capolavoro di grazia e misura, di poesia e profondità. Il teatro Argentina, stracolmo alla prima, ha atteso un lungo – sospeso, rarefatto, palpabile – istante prima di sciogliersi in un applauso che era profonda condivisione con quanto donato dagli attori e dalle attrici (bravissimi Carole Karemera, Jared McNeill, Ery Nzaramba, Sean O’Callaghan e lo straordinario musicista Toshi Tsuchitori) nell’ora e poco più di spettacolo. Tutti commossi, emozionati, rapiti: tutti assieme, in quel lungo e unico momento.
Poi è arrivato il Commissario Tronca.
Va spiegata questa cosa, questa intrusione posticcia in mezzo alla poesia, tanto più violenta quanto più voleva essere simpatica.
Il fatto è che si è deciso di insignire il Maestro della Lupa capitolina, un importante riconoscimento – il più importante per Roma.
Immagino quanto lavoro abbia dovuto fare Antonio Calbi, direttore del Teatro Stabile, per ottenere questo risultato prestigioso: dover spiegare (“come ha detto, dottò? Pite Rbrucche?”), far capire l’importanza del percorso artistico fatto dagli anni Settanta alle Bouffes du Nord, illustrare il valore non solo poetico ma anche politico del teatro di Brook.
Bene: Brook avrà la Lupa.
Allora non si trova momento migliore che non dopo lo spettacolo, con quell’applauso interrotto troppo presto, con Tronca che arriva sul palco, si impossessa del microfono e sciorina una serie di banalità imbarazzanti.
Come uno spot di dentifricio nel mezzo di un film di Fellini, Tronca va avanti inesorabile: “Se ne faccia dare tanti di premi, va bene?” dice a Brook. A Peter Brook!
Lui, il maestro, sorride, forse imbarazzato. Gli mollano lo scatolone che tiene la Lupa, ma lui, nel suo equilibrio precario dovuto all’età, ha la forza e la gioia di dire parole d’amore.
Tronca non demorde, fa una battutaccia pasticciata sui “gemelli”. Davvero brillante.
Ma io dico: un discorsino decoroso e preparato? Un breve messaggio di saluto che sia all’altezza della persona che devi incontrare?
Non so: nell’imbarazzo generale, è apparsa lampante l’abissale distanza tra la “politica” e il resto del mondo.
Questo “commissario liquidatore” di Roma, questo esecutore testamentario che sta facendo sgomberare tutti i centri più vitali della città, è l’ultimo protagonista di politiche culturali al ribasso che hanno depresso la Capitale fino allo sfinimento. E arriva sul palco del Teatro di Roma – che si tiene ormai in piedi grazie alla lucida follia e alla professionalità di chi ancora ci crede e ci lavora – a parlare di cultura davanti a Peter Brook.
La platea era troppo rispettosa del maestro per lasciarsi andare alla contestazione. Sarebbe stato da tirar le sedie.
C’è voluto un po’ per ritrovare quel mistero, quella poesia, quella saggia grazia dello spettacolo. Ma quando abbiamo ristabilito, dentro di noi, i valori, allora siamo tornati a sorridere. Battlelfied: se potete andate a vederlo. Non ci sono altri commenti da fare. Vedetelo e vivetelo. Un concentrato, un precipitato, un sunto non solo del Mahabharata, ma forse di tutto il lungo viaggio creativo di Peter Brook. Sperate solo non ci siano commissari in giro.
Nessun commento
Devi fare per commentare, è semplice e veloce.