“Una storia per Euridice”, l’intreccio tra amore e morte

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21 Ottobre 2022

“Una storia per Euridice”, l’intreccio tra amore e morte.

Un monologo vibrante, appassionato, che pulsa di vita ad ogni battuta, quello di Euridice, impersonata dalla bravissima attrice e performer Chiara Orefice e messo in scena al teatro Tram. Uno spettacolo pensato e scritto dalla regista Luisa Guarro che, in “Una storia per Euridice”, scandaglia senza sosta i personaggi che incarnano temi eterni quale: l’amore e l’amore malato, vita e morte per darne una visione personale, profonda, e che spesso sovverte i semplici cliché.
Euridice è vestita di un corsetto color cipria simile al suo incarnato chiaro, e di una gonnellone rosso che durante tutto lo spettacolo agiterà scoprendo le gambe e mostrando la sua avvenenza, gonnellone che diventa all’occasione vestito elegante. È essenziale il suo vestiario, come le scene ornate da qualche sacca di sangue e dei rami che pendono dal soffitto. Sangue e rami che incorniciano il capo della ragazza. La corona di fiori è al tempo la gioia di vita che incornicia i suoi capelli e i suoi pensieri e l’universo circoscritto a cui lei cerca di ribellarsi.
La prima ribellione avviene nei confronti della madre quercia a cui lei chiede di porle qualche interrogativo che le faccia sentire l’interesse che una madre prova, di farle una carezza, di colmare quel vuoto d’amore a cui non ha risposte. La madre quercia è inflessibile, le nega persino il permesso di andare ad una festa, lei trasgredisce al divieto poiché lo vede insensato e in una scontro con la madre – a cui la stessa attrice dà voce, essendo l’unico personaggio presente in scena – le dice che la vita non è fatta per essere vissuta su binari dritti su cui un treno non può deragliare, non si può procedere ad occhi bendati, e che bisogna cogliere le opportunità offerte dalla vita.
La festa è il luogo in cui incontra l’amore, quello per un coltivatore di api, Aristeo. É un amore totalizzante, sconfinato, incommensurabile, la sua immagine che un tempo le appariva frammentata, assume una nuova forma, l’amore le dà una nuova dimensione, è misura del suo essere. La madre è contenta pensa che così metterà la testa a posto.
Ma quell’amore così totale svelerà ben presto l’altra faccia della medaglia. La sua vivacità, il suo amore per la danza – Euridice parla, si muove, si agita, canta e danza durante tutta lo spettacolo – viene bloccato dalla gelosia di lui che pian piano la spegne; la sua gioia diventa sempre più sommessa: abbassa prima la voce, poi gli occhi, poi la testa. Diventa un essere lontano da quello che aveva conquistato il cuore di Aristeo, privata dell’impeto e della gioia che l’ha sempre pervasa. A chi attribuire la colpa è difficile dirlo, era stato Aristeo col suo amore malato a spegnerla o lei che aveva ceduto alle sue richieste fino a diventare altro da sé? Espropriata della sua vera natura, decide di partire.
Vedendola infelice, col viso smunto, viene invitata alla festa a cui tutte le fanciulle ambiscono andare. Lì si recherà il bellissimo Orfeo che con le sue spalle larghe, i suoi pettorali, capelli ricci che nasconde occhi bellissimi, fa impazzire tutte le donne suonando la sua musica. Si innamora di Euridice che si lascia convincere a prendervi parte, Orfeo le dà un appuntamento per il giorno seguente, ma le dice anche di recarsi al luogo convenuto solo se avrà superato le sue remore, se sarà certo del nuovo sentimento che infiamma il suo petto. A nulla serviranno la raccomandazioni di donne che cerano di dissuaderla, temendo che quello di Orfeo è solo un tranello perché lui ama solo la sua musica e la sua libertà. Mentre si sta per recare al luogo dell’incontro, a pochi passi l’uno dall’altra, la mano armata di Aristeo sta per prendersi la sua vendetta, per scansare la quale Euridice viene investita da un’auto.
Morto dal dolore Orfeo scende negli inferi per cercarla, ma non riesce a portarla dal regno dei morti a quella dei vivi perché non sentendo i suoi passi e sentendosi solo, si è voltato a controllare per assicurarsi che Euridice lo stava seguendo. Orfeo sprofonda nella disperazione.
Si sente, d’un tratto, la voce di Euridice che lasciando il mondo terreno, mentre le altre donne raccontano quanto sia stata disgraziata la sua storia e come la sfortuna si sia accanita contro di lei, non riconosce più il giovane Orfeo quale suo innamorato. Lei non soffre più, liberata dal peso delle passioni, è libera, gravita solo anima, priva di quel corpo pieno di vita e di passione che le ha arrecato dolore.
Euridice non è più tra i vivi, ma diversamente da chi ha mostrato remore, timori e che ha vissuto secondo tabù imposti dalla società, lei non si è lasciata condizionare. Nata come spirito libero, muore come tale, senza il peso del rammarico di non aver vissuto.

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CAT: Teatro

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