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Telegram, 106 figli e un testamento politico: il piano radicale di Pavel Durov

Pavel Durov, fondatore di Telegram, divide il suo impero tra 106 figli (131 milioni $ a testa). Non è solo un’eredità economica, ma un manifesto politico: tra libertà, tecnologia e pronatalismo strategico. Nasce così una nuova élite digitale.

30 Giugno 2025

Nel mondo dei miliardari della Silicon Valley, avere decine di figli non è più una stranezza: è una strategia. Ma Pavel Durov, il fondatore di Telegram, ha spinto questa logica fino a farne un manifesto politico. Ha annunciato che il suo patrimonio13,9 miliardi di dollari – sarà diviso tra 106 figli, sei nati da relazioni ufficiali, gli altri concepiti attraverso la donazione di sperma. 

Sono tutti figli miei e avranno tutti gli stessi diritti! Non voglio che si distruggano a vicenda dopo la mia morte

Un numero che fa notizia, ma che soprattutto racconta molto di più di una stravaganza personale.

Durov ha spiegato che i suoi figli non avranno accesso all’eredità prima di trent’anni. Un atto che, più che filantropico, suona come un gesto di resistenza culturale: un tentativo di sottrarre le nuove generazioni al ricatto del denaro e alla logica immediata dell’iper-capitalismo.

Ma la scelta del testamento anticipato non nasce dal nulla. “Mi sono fatto molti nemici per difendere la libertà di parola. Voglio proteggere i miei figli, ma anche l’azienda che ho creato”, ha dichiarato a Le Point. Il punto è proprio qui: l’eredità economica di Durov è inseparabile da quella ideologica. E Telegram ne è il simbolo.

Telegram: libertà assoluta o zona franca del crimine?

 

Il mio lavoro comporta dei rischi: mi sono fatto molti nemici per difendere le libertà di parola, anche persone molto potenti

Telegram è una piattaforma ibrida. Da un lato è rifugio digitale per chi lotta contro regimi autoritari — Iran, Russia, Cina hanno cercato di bloccarla invano — dall’altro è un marketplace del deep web alla portata di tutti. Su Telegram si può trovare di tutto: armi, droga, documenti falsi, pornografia minorile.

La questione è spinosa: può una piattaforma essere neutrale? Durov risponde con un no secco all’ipotesi di moderazione estesa, e insiste sulla responsabilità individuale. Un principio anarchico che però si scontra con la complessità di un sistema dove libertà e abuso viaggiano sulla stessa rete. Arrestato a Parigi nel 2024 con accuse di riciclaggio e traffico internazionale, Durov si è difeso parlando di “criminalizzazione della tecnologia libera”.

Il vero nodo è politico: chi controlla l’infrastruttura dell’informazione? E chi decide cosa può o non può circolare? La risposta di Durov è: nessuno, tranne gli utenti. Ma questa utopia libertaria è sempre più sotto attacco, non solo da governi autoritari, ma anche da Big Tech e agenzie governative che spingono per un web tracciato, moderato e profilato.

Un’eredità congelata, cento eredi e la crisi della riproduzione

Dietro il caso Durov si nasconde anche un’altra storia: quella del nuovo pronatalismo tecnologico. Elon Musk, Sam Altman, Jaan Tallinn – e molti altri – stanno investendo milioni per moltiplicare la propria discendenza, selezionando DNA, finanziando cliniche e sviluppando ovuli artificiali. Per questi uomini, avere figli non è più una scelta privata, ma un dovere strategico.

Nel racconto ufficiale, si tratta di rispondere al crollo demografico. Ma a ben vedere è un’estensione del progetto coloniale: popolare il mondo con eredi “ottimizzati”, con accesso esclusivo a tecnologie, capitale e educazione. In questo contesto, 

Durov si posiziona a metà tra idealista e calcolatore. Dice di voler “proteggere la libertà”, ma al tempo stesso disegna una rete globale di discendenti che erediteranno — anche se solo tra trent’anni — un potere fuori scala.

Post-umanesimo o neo-feudalesimo?

Durov vive senza residenza fissa, con passaporti multipli, e una gestione totalmente indipendente del proprio patrimonio. È il prototipo del techno-anarchico globale: nessun vincolo territoriale, nessuna autorità sopra di sé. Il suo vero lascito non è (solo) economico: è l’idea che esista un’alternativa alla sovranità degli Stati e al monopolio delle piattaforme.

Telegram, in questo, è un atto di resistenza: nessuna raccolta dati, nessuna pubblicità, nessuna monetizzazione spinta. Ma è anche un simbolo fragile, perché vulnerabile a infiltrazioni, abusi e propaganda. Ed è qui che il testamento di Durov assume un senso più profondo: non è un modo per distribuire la ricchezza, ma per garantire continuità a una visione del mondo che rifiuta controllo e compromesso.

Oltre il capitale: cosa ci dice davvero questo testamento?

Nel 2025, lasciare 131 milioni di dollari a testa a 106 figli può sembrare una notizia grottesca. Ma è anche il sintomo di un cambiamento epocale. I grandi del tech non stanno solo accumulando denaro: stanno riscrivendo le regole della famiglia, dell’eredità, della cittadinanza. Si stanno costruendo — letteralmente — una nuova aristocrazia, fatta non di sangue blu, ma di codice, criptovalute e libertà auto-dichiarata.

La vera eredità che Durov lascia al mondo non è nei miliardi, ma è nella visione del mondo che questo gesto racchiude. In un epoca in cui è tutto connesso e tracciato può esistere uno spazio per la disobbedienza. Uno spazio che però non tutti hanno il lusso di permettersi.



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