Lo stile ‘zattera’ nel matrimonio e nelle relazioni

7 Giugno 2015

Nell’Intervista sull’identità del 2009, Zygmunt Bauman affermava caustico che il matrimonio è diventato «imbarcarsi per un viaggio in mare su una zattera fatta di carta assorbente».

Quello che Bauman dice del matrimonio potrebbe essere esteso ad ogni altro tipo di relazione: impegnarsi in una relazione è complicato, meglio optare per relazioni deboli che ci coinvolgono fino a un certo punto, fino – forse – al prossimo supermercato.

Lo stile ‘zattera’ colpisce non solo le relazioni tra persone, ma anche la relazione con Dio: la crisi della Chiesa cattolica e l’emergere di forme più sfumate di religiosità è probabilmente da ascrivere anche a questa preferenza sociale per una modalità relazionale più sciolta e meno vincolante. Anche Dio non deve essere troppo esigente, meglio ancora se ci vediamo solo ogni tanto!

Lo stile ‘zattera’ è quello che ci fa vivere l’intimità romantica finché dura e finché il mare è tranquillo, ma stare troppo tempo sulla zattera diventa noioso, per non dire poi della paura a stare sulla zattera col mare agitato.

Chi vive le relazioni in stile zattera fa in genere dichiarazioni d’amore molto romantiche che non arrivano però mai a gesti concreti: il piccolo mondo della zattera si presta particolarmente a diventare il luogo dei sogni e delle promesse.

 

C’è poi un altro modo di amare, un altro stile, quello che passa attraverso gesti concreti, attraverso parole che si compiono, attraverso la memoria di quello che viene portato a compimento: questa è la mia vita (il corpo e il sangue) e io la offro per te. Muoio per te, sono pronto a farmi da parte, sono disposto a portare il peso dell’incomprensione e del rifiuto. Muoio per te, non recrimino, non te ne faccio una colpa, non ti possiedo. Muoio per te, voglio nutrire la tua vita, dare senso alla tua vita, donarti ciò che può renderti felice.

Non ci può essere relazione, alleanza, senza sacrificio (cf Eb 9,22), non ci può essere perdono senza spargimento di sangue, non ci può essere perdono se non sono disposto a perdere qualcosa di me.

Le parole di Gesù nell’Ultima Cena sono la più bella dichiarazione d’amore di tutti i tempi.

 

Ogni uomo, fin dall’inizio della Genesi, cerca di afferrare ciò che lo attrae, cerca di possedere, di impadronirsi. Viviamo le relazioni d’amore come una conquista. Impariamo fin da piccoli a dividerci tra conquistatori e prede, c’è chi diventa cacciatore e chi decide di fare Cappuccetto rosso.

Per Gesù invece l’amore vero non è quello che si conquista, ma quello che si offre: “prendete e mangiate”. La vita la si dona: l’amore non è una conquista. L’amore vero nasce quando ci si dona reciprocamente, non quando ci si conquista, perché nelle conquiste ci sono sempre delle condizioni: chi si arrende deve trattare la resa. L’amore vero invece non conosce condizioni perché è gratuito.

 

Darsi corpo e sangue vuol dire impegnarsi con tutto se stessi a stare dentro una relazione. Altro che zattera! Ancora una volta possiamo correre il rischio di pensare che quello sia solo l’amore di Dio, io direi che è l’amore vero: amatevi l’un l’altro come io vi ho amato.

Possiamo passare una vita intera sulle zattere, ma difficilmente arriveremo nel porto che desideriamo. Possiamo passare una vita intera ad andare a caccia o a perderci nel bosco, ma non ci sentiremo mai veramente a casa. Solo quando decideremo di darci corpo e sangue, capiremo davvero cos’è l’amore.

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In copertina, Théodore Géricault, La zattera della medusa (1819)

Leggersi dentro

Hai subito anche tu il fascino dello stile ‘zattera’ nelle relazioni?
Da che cosa capisci che in una relazione ci stai con il tuo corpo e il tuo sangue?

 

Testo

Mc 14, 12-26

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CAT: Teologia

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