Idrija, misteriosa città del mercurio e dei merletti

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29 Giugno 2016

Maja Slivnjak è responsabile ufficio stampa dell’Ente per il Turismo Sloveno in Italia. Il post è sponsorizzato da:

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Idrija è una città alquanto misteriosa, la sua essenza è inafferrabile. Sarebbe piaciuta a Italo Calvino, probabilmente. Sorge in una conca tra le colline, il mondo carsico la incalza, le Prealpi pure, i torrenti si snodano come serpenti tutto intorno. Assomiglia al mercurio, metallo che per la sua capacità di passare dallo stato solido a quello liquido affascina gli esseri umani sin dai primordi (non a caso alchimia in sanscrito si dice Rasaśāstra, “la scienza del mercurio”). Usato per secoli nella cosmesi, nella profumeria e in medicina, il mercurio è insieme all’acqua il nume tutelare di Idrija. Non è un caso, dato che la città deve la sua fama alla seconda miniera di mercurio più grande del mondo. Un improbabile eldorado nel cuore della Mitteleuropa, scoperto alla fine del XV secolo.

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Idrija (f: Dunja Wedam, www.slovenia.info)

A Idrija anche le leggende parlano del mercurio. Si narra, per esempio, di un fabbricante di mastelli (lo škafar) che dopo aver messo a mollo i suoi mastelli non riuscisse più ad alzarli. Magia? No. Semplicemente, essi traboccavano di un metallo così lucente da sembrare acqua, ma così denso da far galleggiare pezzi di ferro come se fossero tappi di sughero. Grande fu la meraviglia dello škafar: aveva trovato il mercurio! Nel giro di pochissimo la notizia si sparse, attirando nella valle avventurieri, mercanti e lavoratori non solo dalla Slovenia, ma dall’Italia e dall’Austria. Un Klondike cinquecentesco che fece la fortuna della zona.

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mercurio di Idrija (f: D. Wedam, www.slovenia.info)

Il mercurio di Idrija finiva molto lontano dalla Slovenia: nei cappelli delle boutique di Vienna, nei preparati degli speziali di Istanbul e persino nelle miniere del Nuovo Mondo, dove il metallo veniva utilizzato per estrarre l’oro e l’argento dalla roccia in cui erano imprigionati. Oggi questo processo, tossico e molto inquinante, è vietato, così come è proibito l’utilizzo del metallo nella preparazione dei cappelli (ecco come mai i cappellai avevano fama di essere pazzi). E del resto a Idrija è da vari anni che non si estrae più il mercurio. Tuttavia la città slovena condivide, con Almadén in Spagna, l’onore di essere il simbolo dell’industria europea del mercurio, e di essere per questo Patrimonio dell’Unesco.

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Il pozzo di Antonio è il simbolo della tradizione estrattiva di Idrija. Infatti la parte più vecchia della miniera oggi è riservata ai turisti, che possono così addentrarsi nel mondo, scomparso ma ancora affascinante, dei minatori. Osservando gli antichi strumenti di lavoro, i piccoli vagoni per il trasporto del materiale, la cappella sotterranea della Santa Trinità il visitatore ha modo di immaginare quanto fosse faticosa e dura la vita sottoterra, ma anche emozionarsi tra i suoni e i chiaroscuri di una realtà aliena, dove la leggenda vuole che abitino i folletti.

Degna di nota poi è la Casa del minatore, edificata a metà del XVIII secolo. Incastonata nel fianco della collina, con la facciata ammira la vallata. È una costruzione imponente, ma molto semplice, e fatta quasi tutta in legno, con il tetto coperto di tegole di abete. Oggi gli spazi del pianterreno sono un museo arioso e suggestivo, ma in passato tutto l’edificio era adibito ai minatori e alle loro prolifiche famiglie. Per la precisione, al maggior numero possibile di famiglie, che dovevano stiparsi e sopportare il caldo, la mancanza di privacy e il frastuono di neonati e litigi.

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Il lago selvaggio (f: Samo Trebižan, www.slovenia.info)

Ma Idrija non è solo legata alla storia del mercurio. C’entra anche l’acqua. Ironia della sorte, il simbolo chimico del mercurio è Hg: sta a indicare hydrargyrum, trasposizione latina di una parola greca composta da argento e, appunto, acqua. A due chilometri a sud della città sorge, circondato da ripide pareti di roccia, il Divje jezero. Si tratta di uno dei laghi più belli di tutto il paese, ricchissimo di vita animale e vegetale. Tra la flora vanno citate la primula carniolica e la pinguicula alpina, una pianta carnivora che cresce tra le crepe delle rocce, mentre la fauna include i timidi caprioli e gli schivi camosci, che si abbeverano alle acque smeraldine del lago (e, almeno in passato, sono state avviste anche martore e lontre).

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Lago selvaggio (f: D. Wedam, www.slovenia.info)

In sloveno Divje jezero significa “lago selvaggio”. È un nome che si adatta bene allo specchio d’acqua. Essendo una sorgente di origine carsica, l’acqua risale in superficie attraverso un sifone, e non è insolito che al centro del lago si formi una sorta di cupola d’acqua: fenomeno tanto affascinante quanto misterioso. E in effetti nonostante approfondite esplorazioni, non si sa quanto sia profondo il sifone, ma di certo più di 160 metri.

Non a caso tra le creature che ospita vi è pure il proteo, l’anfibio presente anche nelle grotte di Postumia e famoso per la sua capacità di vivere anche cento anni. Nel fiume Idrijca (e nel suo affluente Trebuščica) ci si può imbattere invece nella trota fario, nel temolo e soprattutto nella trota marmorata. Quest’ultimo pesce è raro, ma spesso raggiunge cospicue dimensioni, tant’è vero che Idrija è meta di pescatori da tutto l’Occidente.

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Ospedale partigiano (f: D. Wedam, www.slovenia.info)

A circa 25 chilometri da Idrija, per la precisione a Dolenji Novaki, si può visitare l’ospedale partigiano Franja. Io ci sono stata l’anno scorso con mia figlia, e lei è rimasta molto colpita: «Sembra un villaggio degli elfi, mamma». Beata innocenza! In realtà fu usato nella Seconda Guerra Mondiale dalla resistenza slovena, che qui curava partigiani e soldati feriti (non solo alleati, anche nemici). Dato che i tedeschi lo consideravano una spina nel fianco, malati e feriti venivano condotti all’ospedale bendati, e non gli era possibile comunicare con l’esterno. L’equipe ospedaliera comprendeva pure un medico italiano, Antonio Ciccarelli, e a dirigerlo per molto tempo fu una donna, la dottoressa Franja Bidovec.

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Idrija žlikrofi (f: D. Wedam, www.slovenia.info)

Idrija è celebre in Slovenia per altre due cose. La prima sono gli idrijski žlikrofi, prelibatissimi ravioli ripieni di patate, erba cipollina e pancetta affumicata, dalla tipica forma a cappello. Si tratta di una specialità tipica della zona, servita in molti ristoranti e amatissima dai turisti. Un altro prodotto locale sono i merletti, splendidi, per secoli ornamento delle case più ricche di Vienna e Trieste. La storia dei merletti di Idrija è agrodolce: a farli erano le mogli dei minatori, che si riunivano per chiacchierare e ricamare, mentre i loro uomini lavoravano sottoterra; la produzione di merletti non solo era un’entrata familiare in più, ma un modo dei mariti assenti per tenere sotto controllo le mogli… quando rientravano dalla miniera, verificavano quanti merletti erano stati prodotti… Oggi le maestre merlettaie della città sono rinomate a livello europeo, e ogni anno, a fine giugno, ha luogo un famoso Festival internazionale del merletto.

 

In copertina in alto, Idrija (foto di Dunja Wedam; fonte: Slovenia.info). Maja Slivnjak, autrice dell’articolo, è responsabile ufficio stampa dell’Ente per il Turismo Sloveno in Italia.

TAG: Idrija, mercurio, merletti, natura, Slovenia
CAT: Turismo, viaggi

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