Finalisti Strega. Il romanzo di Marco Amerighi

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1 Giugno 2022


Marco Amerighi – Randagi – Bollati Boringhieri, 2021

Una forma narrativa tradizionale coi personaggi a tutto tondo e i verbi narrativi volti al tombale passato remoto (sì, c’è il fatale “annuì” per ben 17 volte), eppure con una inesplicabile collosità dei movimenti narrativi a dispetto del tono svelto e sbarazzino e della vocazionepicaresca del romanzo. Già nel primo trenta per cento, dove in genere s’apparecchia l’affabulazione, viene voglia di allontanare con un grande sbadiglio il libro da sé, ma si prosegue con spirito di anacoreti della lettura per via di impegni pregressi verso i pazienti lettori di questa pagina, ma anche per un ostinato rispetto verso la fatica dell’autore…

Si narra la storia di Pietro Benati nel cui prologo è detto che per via di una maledizione che grava sulla stirpe è destinato inesplicabilmente a sparire. Siamo nella città di Pisa, in una famiglia piccolo-borghese, il papà Alberto chiamato il Mutilo, la mamma Tiziana e poi lui, il genio assoluto Tommaso, chiamato semplicemente T (normalista, prescelto dagli americani a studiare nanotecnologie), e poi c’è il classico secondo, il nostro eroe principale Benati Pietro con una semplice vocazione per la chitarra, sia classica che acustica, parrebbe. Suona svogliatamente con la “True Love Big Band” ma è abulico e rinunciatario, pervaso da «nessuna curiosità per il mondo». Tenta l’audizione per un tour con il Maestro Paco de Lucìa ma fallisce. È un inetto? Si chiude in se stesso e vive da hikikomori per mesi davanti a una consolle di giochini elettronici.
Dopo uno scossone pedagogico di Tommaso la vicenda si sposta d’emblée a Madrid dove Pietro, abbandonata la chitarra e iscrittosi a Lingue è in Erasmus in ispanistica, ed è interlacciata con quella del coinquilino Laurent Morin francese e di Dora (italo- spagnola di cui il nerd Pietro si innamora) che ci regala a sua volta un lunghissimo excursus sulle sue esperienze sessuali milanesi. Sullo sfondo le vicende del Mutilo nel frattempo finito in carcere per questioni legate a frodi nella vendita di farmaci per malati di cancro e quelle del genio Tommaso vagante tra USA e Cile. Evidente il tentativo di darci il romanzo d’ampio respiro o meglio a trama proliferante in cui forse il nerd se la sfanga meglio del genio predestinato…

E tuttavia raramente il vuoto narrativo è così ricco di eventi. E d’ora in poi non serve rendicontare tutti i satelliti narrativi che si aggiungono a grappoli alla vicenda centrale di Pietro Benati, solo per dire che per paura di passare per un mero cantastorie l’autore áncora ogni evento a dettagli di precisione (tutte le fermate del metrò di Madrid, più volte ripetuto che Pietro abita al 35 di Avenida Portugal, minuziosamente riportati gli itinerari milanesi di Dora) insomma l’autore si mostra preoccupato di possedere le planimetrie, di aggiornare Loneley Planet, ma è proprio tramite la proliferazione di minuzie che alla fine vediamo gli alberi e perdiamo di vista la foresta.

Si registrano le “trovate”, forse sulla scia di Austerlitz di Sebald, che dovrebbero sorprendere o aggiungere tocchi di finezza, per cui se arriva un telegramma la grafia del testo riporta il vecchio formato dei telegrammi d’anteguerra, o se giunge una comunicazione a video internet appare una scritta che simula una desueta schermata, o una cartolina spedita dall’America fotografata tale e quale o anche un SMS. E noi dovremmo estasiarci, colti da tanta audacia che dovrebbe fungere da inaspettato e sperimentale e sorprendente “effetto di realtà”? Sibaritismi editoriali o grullaggine?

Narrazione picaresca e scrittura assente. Frasi svuotate da energia metaforica: «Tommaso partì in una di quelle domeniche di ottobre in cui il mondo sembra un corteo funebre infinito», oppure dal qualunquismo del significante: «Per uno abituato all’isolamento come Pietro, la parola mischia era allettante come un concerto di Céline Dion visto dalla prima fila». Seguono spataffiate di anodini «occhi profondi come pozzi», «il cervello annodato come un gomitolo», «il cavo del telefono schioccava come la catena di un cane da guardia», ma anche robe da tagliarsi le vene come « Il maestrale tagliava la schiuma dalla punta delle onde come una sciabola». Con capocciate evidenti contro i luoghi comuni: «Aveva un sorriso che andava da orecchio a orecchio». O anche «Appena le luci del mattino incendiarono gli alberi». «Milano scintillava come una torta di compleanno». E infine, a furia di fare il brillante e il precisetti l’autore imprime al registro narrativo una accasciante e prolissa verbosità. Deve spiegare il perchè e il percome di ogni scena, privandoci della grazia dell’ellissi o del riassunto che la sfumi, magari ricorrendo al sacrosanto “to telling” al posto del greve “to show” o se volete al racconto raccorciato piuttosto che alle scene teatrali lente e stordenti, con dialoghi ordinari incorporati, insomma quelle regolucce di economia dei mezzi narrativi che ormai anche nelle scuole di creative writing di Cocquio Trevisago sanno insegnare.  Non ci mancano le storie ma le interpretazioni, i significati, le visioni. Non la narrazione ma la scrittura vorremmo…

Il vostro anacoreta barcolla nella sua tebaide volontaria, sente il deserto artistico addosso. Gira gli occhietti disperati intorno alla propria libreria domestica sommerso dai sensi di colpa verso i Brancati da rileggere… Ma tira innanzi. Spera in un’oasi. Che non arriva. «Pietro era preparato e perfetto in tutti i passaggi, eppure ogni sua azione sembrava circondata da una cortina di ammorbante, purissima e incontestabile noia». È ciò che il vostro anacoreta potrebbe dire dell’autore e dell’intero romanzo che perciò ha voglia di estromettere con un gesto lento e liturgico dai propri confini dell’io.

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Finalisti PREMIO STREGA 2022
A fianco di ogni libro troverete il link alla sua recinzione (recingere con un testo un altro testo) su questa rivista man mano che pubblicherò le recinzioni dei 12 romanzi finalisti.

I finalisti sono:

1. Marco Amerighi con “Randagi” (ed. Bollati Boringhieri), presentato da Silvia Ballestra. urly.it/3ny2q

2. Fabio Bacà con “Nova” (ed. Adelphi), presentato da Diego De Silva. urly.it/3nypf

3. Alessandro Bertante con “Mordi e fuggi” (ed. Baldini+Castoldi), presentato da Luca Doninelli. urly.it/3nvnf

4. Alessandra Carati con “E poi saremo salvi” (ed. Mondadori), presentato da Andrea Vitali. urly.it/3p5zh

5. Mario Desiati con “Spatriati” (ed. Einaudi), presentato da Alessandro Piperno. urly.it/3nv-j

6. Veronica Galletta con “Nina sull’argine” (ed. minimum fax), presentato da Gianluca Lioni. urly.it/3p89p

7. Jana Karšaiová con “Divorzio di velluto” (ed. Feltrinelli), presentato da Gad Lerner. urly.it/3nx4h

8. Marino Magliani con “Il cannocchiale del tenente Dumont” (ed. L’Orma), presentato da Giuseppe Conte. urly.it/3n-nv

9. Davide Orecchio con “Storia aperta” (ed. Bompiani), presentato da Martina Testa. urly.it/3p34g

10. Claudio Piersanti con “Quel maledetto Vronskij” (ed. Rizzoli), presentato da Renata Colorni.

11.Veronica Raimo con “Niente di vero” (ed. Einaudi), presentato da Domenico Procacci. urly.it/3nsnm

12. Daniela Ranieri con “Stradario aggiornato di tutti i miei baci” (ed. Ponte alle Grazie), presentato da Loredana Lipperini. urly.it/3nrz8

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