• Chi siamo
  • Brains & Contest
  • Attualità
    • Bioetica
    • Consumi
    • Criminalità
    • Diritti
    • Immigrazione
    • Questione islamica
    • Questioni di genere
    • Terrorismo
  • Città
    • Agrigento
    • Bergamo
    • Bologna
    • Bruxelles
    • Firenze
    • Genova
    • Londra
    • Messina
    • Milano
    • Napoli
    • New York
    • Padova
    • Palermo
    • Parigi
    • Roma
    • San Francisco
    • Siena
    • Smart city
    • Torino
    • Trieste
    • Urbanistica
    • Venezia
  • Cultura
    • Arte
    • Beni culturali
    • Cinema
    • Eventi
    • Filosofia
    • Fotografia
    • Fumetti
    • Letteratura
    • Musei
    • Musica
    • Scienze
    • Storia
    • Teatro
  • Economia e Lavoro
    • Agricoltura
    • Agroalimentare
    • Artigiani
    • Commercio
    • Cooperazione
    • Economia
    • Economia civile
    • Energia
    • Grandi imprese
    • Immobiliare
    • Imprenditori
    • Industria
    • Innovazione
    • Lavoro
    • Macroeconomia
    • Moda & Design
    • Pmi
    • Previdenza
    • Professioni
    • Sindacati
    • Startup
    • Terzo Settore
    • Trasporti
    • Turismo
  • Esteri
    • Africa
    • America
    • Asia
    • Cina
    • Commercio globale
    • Geopolitica
    • India
    • Medio Oriente
    • Mediterraneo
  • Europa
    • Germania
    • Russia
    • Spagna
    • UE
  • Finanza e Soldi
    • Bollette
    • Borsa
    • Finanza
    • Mercati
    • Polizze
    • Risparmio
    • Tasse
  • Politica
    • Appalti
    • Autorità indipendenti
    • Enti locali
    • Fisco
    • Giustizia
    • Governo
    • Legislazione
    • P.A.
    • Parlamento
    • Partiti e politici
    • Quirinale
  • Salute
    • Benessere
    • Medicina
    • Salute mentale
    • Sanità
  • Società
    • Cibo
    • Costume
    • Famiglia
    • Lifestyle
    • Privacy
    • Relazioni
    • Religione
    • Scuola
    • Università
    • Viaggi
  • Sostenibilità
    • Acqua
    • Ambiente
    • Beni comuni
    • Clima
    • Economia circolare
    • Infrastrutture
    • Mobilità
  • Sport
    • Altri sport
    • Arrampicata
    • Basket
    • Calcio
    • Ciclismo
    • Nuoto
    • Olimpiadi
    • Rugby
    • Sci
    • Tennis
  • Tecnologia e Media
    • Internet
    • Media
    • Tecnologia
  • Chi siamo
  • Brains & Contest

Accedi a glistatigenerali.com

Password dimenticata?

Non sei ancora registrato?

Registrati

Oppure accedi con:

Registrati

Registrazione effettuata con successo

controlla la tua e-mail e segui le istruzioni.

Privacy policy Termini e condizioni d'uso

Cambio Password

Letteratura

“Il Ghetto interiore” di Amigorena, viaggio nelle infinite identità ebraiche

di «Ponti e Muri» di Stefano Jesurum
2 Febbraio 2021

Molti della mia generazione – io senz’altro –, comunque figli della Shoah, di famiglia laica o religiosa, più o meno osservanti, non credenti o atei, abbiamo iniziato a modellare la nostra identità pervasi dal detto e dal non-detto che ci circondava. Lo sterminio, la fuga, la paura in qualche modo ci plasmavano attraverso i comportamenti, i tic, le sofferenze, il disagio, i racconti, i suicidi, i silenzi di chi ci stava intorno e ci amava. Spesso la musica, arte dove la parola è assente. Ha scritto la poetessa Louise Glück, Nobel 2020: «Guardiamo il mondo una volta da piccoli / il resto è memoria». Adesso – abbastanza recentemente in realtà –questa voce identitaria ha iniziato a esprimersi, fosse solo perché la lenta, inesorabile scomparsa dei testimoni chiama a rapporto noi. Si è cominciato a parlare in vari modi, più che altro libri: uno per tutti “La generazione del deserto” di Lia Tagliacozzo. Ma, senza permettermi assolutamente giudizi, l’identità ebraica che ha preso unicamente corpo in modalità-Shoah è a mio parere monca e destinata a un tempo limitato e non infinito come invece dovrebbe. Mancano – al di là dell’eventuale fede – la gioia di essere, qualche ritualità, feste e ricorrenze, la scansione del tempo consapevole, le rinunce-testimonianza (con se stessi, non ostentate a mo’ di spettacolo – per esempio una qualche osservanza della kasherut), lo studio.

​La ridondante premessa per affrontare un’opera che mi ha profondamente toccato, turbato, e di cui non mi riesce semplice parlare. “Il Ghetto interiore” di Santiago H. Amigorena, tradotto da Margherita Botto, Neri Pozza editore. È la storia del nonno dell’autore, Vicente Rosenberg, ebreo polacco, trasferitosi a Buenos Aires mentre madre e fratello sono rimasti nel Ghetto di Varsavia. A lui è andata bene: ha un negozio di mobili avviato, è sposato, ha due bambini, è circondato da amici cari venuti via con lui. La storia vera del nonno di Santiago che da tempo vive in Francia. Inutile raccontarla, va letta. Va letta e ascoltata, anche e forse di più nei suoi silenzi e nei suoi mutismi. Vicente fugge sì dall’Europa che sta per bruciare, però scappa insieme dal «dovere di appartenenza all’ebraismo – inteso non tanto come fede bensì come destino –, probabilmente dall’ambizione di far carriera, diventare un bravo avvocato, un professionista apprezzato, un uomo che incide sulla forma della società in cui vive», come saggiamente riflette Wlodek Goldkorn. Ambisce insomma all’oblio, a una esistenza “normale”.

​Ma… Ma il Ghetto non è solamente quel muro dietro al quale i tedeschi stiparono e sterminarono 400mila donne, bambini, vecchi, uomini. Qualche lettera della madre, Vicente rientra nell’essere profondo da cui non è mai uscito. Né mai uscirà. Potrà, forse, accettarlo. O forse no. Accettare di essere ebreo. «È come se questa origine fosse una grossa valigia che bisogna portarsi appresso per tutta la vita. Una grossa valigia piena di vecchi manoscritti vergati in una scrittura illeggibile… una scrittura illeggibile di una lingua che non si parla neanche più. È come se essere ebrei, perché non è una nazionalità, perché non si ha un territorio, diventasse una specie di retaggio talmente pesante…talmente enorme… Come se, a furia di nascere in terre straniere, ci fossimo dovuti convincere che il territorio non era importante ma che a definirci era qualcosa di più forte –qualcosa di più forte, ma molto più doloroso, qualcosa di granitico che rende la nostra identità ineluttabile, irrevocabile. E però, anche del tutto impossibile da condividere». Una delle infinite, e mai finite, identità dell’essere ebreo.

Condividi
Altri articoli di Cultura
Musica

Il canzoniere di un millennial

di Dino Villatico

12 Luglio 2025
Eventi

Teatro e danza, si riparte da “Kilowatt”

di Walter Porcedda

12 Luglio 2025
Goffredo Fofi Cultura

Goffredo Fofi, l’intellettuale degli ultimi che pretendeva la parola giusta

di David Bidussa

11 Luglio 2025
Pako Bono a Malpensa Arte

Malpensa ospita la nuova mostra di Pako Bono: arte e identità nei luoghi del transito

di redazione

10 Luglio 2025
Esplora Cultura
Commenti

Annulla risposta

Devi fare login per commentare

Accedi
Dallo stesso autore
Geopolitica

Ho firmato un appello che non condivido. La mia autocritica

di «Ponti e Muri» di Stefano Jesurum

12 Febbraio 2024
Letteratura

“Lingua, estetica della soglia”: un libro sul miracolo che abbiamo in bocca

di «Ponti e Muri» di Stefano Jesurum

13 Luglio 2021
Letteratura

Nel grandioso strazio di Grade ci sono tutti i dilemmi dell’ebraismo moderno

di «Ponti e Muri» di Stefano Jesurum

3 Luglio 2021
Letteratura

Chaim Grade, il viaggio di “Fedeltà e tradimento” per superare i cliché Yiddish

di «Ponti e Muri» di Stefano Jesurum

24 Giugno 2021
Tutti i post

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi collaborare ?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.

  • Chi siamo
  • Brains & Contest
  • GSG LAB E PUBBLICITÀ

Contattaci

info@glistatigenerali.com

Seguici su

  • Termini e condizioni d’uso
  • Privacy Policy

Gli Stati Generali Srl | Capitale sociale 10.271,25 euro i.v. - Partita I.V.A. e Iscrizione al Registro delle Imprese di Milano n. 08572490962
glistatigenerali.com è una testata registrata al Tribunale di Milano (n. 300 del 18-9-2014) | Change privacy settings

Developed by Watuppa