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Famiglia

Gestazione per altri, bugie e verità

di Claudio Capocchi
12 Febbraio 2016

Interpellata sulle unioni civili e sulla step child adoption, la ministra della salute Lorenzin dichiara a Repubblica di essere contraria alla maternità surrogata e, nel farlo, cita un esempio sfortunato di “utero in affitto” avvenuto in Ucraina. La ministra utilizza il termine “utero in affitto”, come spesso accade in Italia per dare un’accezione negativa, quando invece il resto del mondo civile chiama questa pratica con i termini “gestazione per altri” (GPA) o “gestazione di sostegno” o “maternità surrogata”.
La ministra dimentica inoltre aspetti imprescindibili: quell’accordo capestro raggiunto nell’esempio che cita è simbolico di un ambiente in cui le regole sono ancora da costruire, ma soprattutto l’Ucraina è uno dei paesi in cui non è consentito l’accesso alla GPA per le coppie omosessuali.
In Paesi come Ucraina, Thailandia, Georgia, Nepal e India, dove la GPA è spesso conseguenza di sfruttamento delle madri surrogate, è ormai vietato l’accesso alle coppie gay: le uniche coppie che possono accedere a tale pratica sono quelle eterosessuali.
Profondamente diversa è la GPA in paesi come il Canada e la California, e molti altri stati americani. Qui la GPA è accettata e diffusa, anche perché regolamentata da una disciplina rigorosa, volta a tutelare tutti gli attori del processo, in primis le portatrici che aiutano le coppie di genitori, etero o gay che siano. Queste donne, che come ha ben definito Umberto Veronesi “donano la maternità”, devono superare rigidi test psicologici e clinici, c’è un serio e impegnativo coinvolgimento da parte di tutta la famiglia, che supporta la scelta fatta dalla donna; la quale deve dimostrare che non c’è un bisogno economico sottostante. Sono donne che devono avere già figli propri, requisito necessario a garantire la piena consapevolezza della scelta fatta, non corrispondono alla donatrice di ovuli (per evitare il legame genetico) e sono loro a scegliere le coppie alle quali donare la maternità.
La GPA esiste negli Stati Uniti da almeno trent’anni, il processo è stato migliorato soprattutto a partire dal 1986, fino a diventare una pratica solida, chiara e socialmente accettata. Come è giusto che sia, la presenza di regole, di disciplina e di rispetto reciproco, permette di evitare situazioni spiacevoli e di clandestinità, come avviene purtroppo in altri paesi.
Inquinare con questo argomento la discussione sul disegno di legge Cirinnà è un atto irresponsabile. La proposta di legge non contiene alcun contenuto riferito alle modalità di procreazione assistita: tutto ciò che è possibile fare e non fare in Italia rimane, correttamente, ancorato nel perimetro della legge 40.
Parlare in maniera strumentale della maternità surrogata, come ha fatto la ministra Lorenzin, non aiuta il confronto, anche quello legittimo e vivace che si può avere tra due posizioni diverse.

Lo stesso vale per i media che in questi giorni sanremesi puntano il dito contro Elton John e la sua esperienza di GPA, dimenticandosi che anche l’altra super ospite Nicole Kidman ha avuto una figlia grazie alla maternità surrogata: ha spesso parlato di ciò come di un’esperienza intensa, di un legame forte e sereno con la donna che ha aiutato lei e il marito Keith Urban.
Ieri Maurizio Gasparri ha offeso, nell’aula del Senato, il senatore Sergio Lo Giudice – che con il proprio compagno ha un figlio nato con un percorso sano di GPA negli Stati Uniti – Comprendere che questi bambini sono figli di progetti di amore, alla stregua (si spera) di ogni vita che viene al mondo, deve essere l’elemento fondamentale per innanzitutto rispettarli, per poi adoperarsi per le loro tutele, anziché menzionarli in maniera vigliacca, impropria e strumentale; soprattutto durante il dibattitto parlamentare e soprattutto se a farlo è un vicepresidente del Senato.
Saremo un Paese migliore quando anche chi non è d’accordo con la GPA, incluso a maggior ragione chi propone di dare il sostegno a moratorie universali volte a inasprire questa pratica, argomenterà la propria idea non riversando lo stigma sociale sui genitori gay, semplicemente perché omosessuali, dimenticandosi che il 95% delle coppie che accedono a tale pratica sono eterosessuali, e dimenticandosi di fare distinzione con i paesi in cui la GPA è normata secondo regole stringenti a tutela della piena consapevolezza e della massima tutela dei diritti di tutti i soggetti coinvolti, a partire dalle donne e dai bambini.

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