L’Uomo Nero in casa nostra

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21 Giugno 2017

Ius Soli, ovvero dell’Uomo Nero o della sconfitta della Ragione. L’esercizio del dubbio mi ha costretto in questi giorni a valutare il diluvio di parole che miei amici solidi culturalmente, non alieni al vivere il mondo e consueti al confronto sui diritti hanno riversato a piene mani contro la legge in discussione in Parlamento. Se persone raffinate pongono il problema allora il dubbio è ancor più necessario ma la risposta che ho trovato non mi ha per nulla fatto cambiare opinione perché, sorprenderà dirlo, la legge non riguarda la immigrazione non regolando in alcun modo gli accessi: si prende cura di chi è nato in Italia, già vive in Italia in modo stabile, paga le tasse, parla italiano e va a scuola avendo come unica condizione “diversa” l’avere genitori non italiani secondo lo ius sanguinis. Una legge che si applica sostanzialmente ai compagni di classe dei nostri figli e nei fatti risolve una serie di problemi amministrativi un po’ beceri che si riverberano nella loro vita di tutti i giorni senza avere alcun impatto sulla nostra. Stop.

Eppure, al di là delle insopportabili e pericolose menzogne sparse da una combriccola di politicanti dimentichi responsabili del disastro in cui versa l’Italia, il mood di una parte significativa della opinione pubblica è così negativo da fare dimenticare, alterare dolosamente, mistificare la vera situazione della immigrazione che è sostanzialmente riconducibile a tre aspetti.

Il primo è la potente crescita della pressione sui confini dove si oscilla tra la umana pietà e la paura per la invasione. Il secondo però è il calo del numero di immigrati residenti permanenti in Italia che è un dato in stridente contrasto concettuale con la percezione della invasione ma che sottolinea quanto l’Italia sia, al pari della Grecia, un Access Point geograficamente necessario per migrare altrove. Il terzo, tutt’altro che secondario, è il calo di natalità nelle famiglie degli immigrati residenti perché qua nessuno è fesso e se è costoso fare figli per gli italiani di sangue lo è proporzionalmente di più per gli italiani de iure. Con questi presupposti parlare di “invasione” significa che siamo noi stessi e non l’Uomo Nero che attentiamo ai pilastri della cultura occidentale nel momento in cui abdichiamo alla Ragione in favore dell’Istinto.

Chi per ventura si è occupato di immigrati o per ragioni di lavoro o per studi sociali sa bene da almeno 15 anni che in Francia, Belgio, Regno Unito e Germania con modalità diverse la crisi del modello di integrazione nasce con le seconde generazioni. Sappiamo altrettanto bene che i più potenti mezzi di integrazione sono il lavoro buono e la scuola che impongono le regole e soprattutto ne fanno comprendere l’utilità. E se si imparano le regole lo scambio sono i diritti. Questa non è destra o sinistra, questo è il fulcro del nostro modello di integrazione, quello al quale non vogliamo rinunciare perché in Italia sta portando lentamente risultati positivi. Non significa che non esistono problemi, significa che rispetto ad altri paesi, per storia e per cultura li abbiamo gestiti forse meglio non accettando la multiculturalità ma rivendicando la cittadinanza come accettazione delle nostre regole anche qualche volta in contrasto con la nostra radicata cultura cattolica. Vogliamo gettare al vento per un pugno di adempimenti secondari una cosa della quale possiamo andare orgogliosi? Concentriamoci sul problema autentico, la pressione ai confini: una sfida pazzesca, questa sì, con riflessi geopolitici globali. Lo Ius Soli temperato non è l’Uomo Nero della nostra infanzia ma la consapevole ragionevolezza di chi vuole preservare, mettere al sicuro e far crescere il nostro modello sociale.

TAG: ius soli
CAT: immigrazione

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