Caro Beppe, le ipotesi sono due: e nessuna delle due ci piace

16 Dicembre 2016

Facciamola breve: le ipotesi sono due. O il sindaco di Milano sapeva di essere ad alto rischio di inchiesta giudiziaria per i fatti Expo, e confidava sul perdurare eterno dell’irrituale scudo che era stato a suo tempo fornito dalla procura di Bruti Liberati; oppure era e resta convintissimo che nulla di quanto ha fatto, delle carte che ha firmato, degli atti che ha guidato da ad di Expo sia passibile di nessuna censura giuridica. Tertium, come dicono i brocardi giuridici, non datur.

Nel primo caso, allora, il sindaco avrebbe dovuto evitare, in ogni caso, di scendere nell’agone politico, di accettare la candidatura avanzata dal Pd a trazione renziana, spiegando che aveva fatto il suo dovere di cittadino, aveva portato a casa Expo, aveva resistito a pressioni e inchieste che avevano portato all’arresto di suoi strettissimi collaboratori. Ma che non poteva essere lui a guidare una campagna elettorale prima e una città poi: perché il patto – irrituale, anzi anticostituzionale, quello della moratoria sulle indagini – non poteva essere una garanzia per nessuno, e non era giusto spingersi così in là.

Nel secondo caso, il caso della convinzione da parte di Sala della propria buona fede, invece il discorso si fa più complesso, politicamente e umanamente. Come può giustificarsi questa auto-sospensione – anch’essa abbastanza irrituale, e sostanzialmente non prevista nè dalla legge nè dallo statuto comunale – in attesa di chiarimenti giudiziari che potrebbero richiedere anche mesi? Il mandato popolare ottenuto dai cittadini, alle scorse elezioni, dopo una campagna elettorale più difficile e complicata del previsto, è però un mandato popolare pieno, che ovviamente si conferma e rafforza nei principi – sempre mai abbastanza difesi, a sinistra, e ancora una volta arriva al tavolo – del garantismo penale. Si è innocenti fino a prova contraria come tale valutata dai giudici: certo non si è colpevoli per un avviso di garanzia.  I cittadini che hanno eletto Sala a sindaco, quindi, hanno chiesto a Sala di assumere una responsabilità di guida duratura, salvo che – appunto – la legge o la vita non rendessero impossibile lo svolgimento del ruolo. Non è successo questo, ieri, e non riusciamo a metterci dalla parte di chi ritiene un pur apprezzabile gesto di dignità preminente rispetto al rispetto per le istituzioni.

Direte: ma è solo un’autosospensione (che appunto non esiste, di fatto), e quindi è revocabile. Sì, ma a quale prezzo politico? Come farà, come potrebbe fare, il sindaco, a rimangiarsi un’autosospensione prima di una sentenza che dichiari la sua piena innocenza? Come potrebbe questa sua frettolosa fuga in avanti – senza avere nemmeno ricevuto l’avviso di garanzia – rientrare senza lasciare l’indelebile stigma dell’incoerenza? Dopo aver mostrato distacco nei confronti della poltrona e del potere, finirebbe per esporsi davvero all’accusa di poltronismo quando invece, rimanere al proprio posto, sarebbe stato in fondo solo un gesto di responsabilità istituzionale. E un modo per aiutare la politica ad uscire da questo gorgo emotivo perenne che ieri ti fa annunciare l’arrivo delle camionette dell’esercito dopo un regolamento di conti da spacciatori e oggi, addirittura, ventilare le dimissioni per un avviso di garanzia non ancora ricevuto.

Sia ben chiaro, non giudichiamo, qui, la stanchezza di un uomo messo sotto i raggi x da anni, criticato, questionato, attaccato da fuoco nemico e amico. Però, va detto, in questi tempi più che mai, questo è purtroppo parte del patto fondativo dell’essere figura pubblica, tanto più se elettiva. Non si poteva non saperlo prima, non si può ignorarlo dopo. Era, questa l’occasione per ritornare, tardivamente, a difendere i sacri principi democratici del garantismo e della democrazia stessa. Che valgono per tutti: Beppe Sala e Virginia Raggi compresi. Un’occasione persa, a meno che non ci sia dell’altro. Torniamo all’inizio, appunto: delle due l’una, nessuna delle due ci piace. E digerire questa storia, vada come vada, non sarà facile e forse nemmeno possibile.

TAG: beppe sala
CAT: Milano, Partiti e politici

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