Legittime aspettative universitarie

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8 Novembre 2014

Devo essere sincero all’interno della mia generazione accademica posso ritenermi fortunato. Sono della generazione che ha dovuto vivere a pieno tutta la legge Gelmini, e viveri le “politiche” dei ministri successivi. Sono in questa generazione fortunato, perché appena prima che scomparisse la posizione di ricercatore a tempo indeterminato vinsi uno degli ultimi concorsi. Sono quindi fortunato, perché non ho dovuto vivere o sarebbe più corretto dire che starei vivendo ancora oggi la trafila della nuova precarietà universitaria (sempre che nel mentre non avessi deciso di abbandonare la carriera accademica) e il fallimento/smantellamento del fragile impianto di reclutamento della legge Gelmini ad opera dei ministri Profumo e Giannini. Sono fortunato, ma ciò non toglie che abbia delle aspettative. Sì, perché per poter fare a pieno il mio lavoro devo anche essere messo in condizioni di farlo e di essere motivato a farlo. Ho delle legittime aspettative. Ho come legittima aspettativa lo sblocco dello stipendio e dell’anzianità (la mia busta paga recita da sempre alla voce anzianità 0 anni 0 mesi 0 giorni essendo stato assunto in pieno blocco). Ho anche come legittima aspettativa anche di essere messo in grado di sfruttare l’abilitazione nazionale da professore associato. Posso quindi capire (perché sono parte strutturata del sistema) chi avendo un’abilitazione da ordinario si aspetti di sentirsi gratificato con una promozioni in tale senso. Però queste, seppur legittime, sono aspirazioni di carattere strettamente personale, che sono accompagnate da altre che hanno un respiro differente. Infatti, esistono e dovono esistere delle aspettative che vanno oltre al personale orticello, perché un conto è la gratificazione personale (che deve esserci) per lavorare motivati e un altro è l’essere in un ambiente che permette di lavorare al meglio. Tra queste un discorso molto ampio meriterebbe la legittima aspirazione a poter accedere in modo meritocratico a fondi di ricerca, come meriterebbe molto spazio un’altra mia legittima aspirazione, che dovrebbe esserla anche di tutto il sistema università, ovvero una valutazione seria e costante della propria attività, valutazione che dovrebbe riflettersi direttamente sul singolo e non solo sulle varie istituzioni. Dico questo, perché è inutile crogiolarsi nella falsa convinzione che tutti lavorino bene e che tutti siano bravi, anzi ottimi. Ho ancora un’altra legittima aspirazione e riguarda il corpo docente. La mia aspirazione (forse stupida e idealistica) è, che dopo anni di turn over e concorsi bloccati, si decidesse di investire seriamente su di esso in modo da non doverne solo constare l’assottigliamento e l’invecchiamento. Ci sono vari motivi che rendono legittima questa mia aspirazione. In primis, è semplice capire come adeguando seriamente il corpo docente (il rapporto  Education at a Glance 2013 dice che fa su 26 paesi OCSE l’Italia è al  21° posto su 26 nazioni nel rapporto tra studenti/docenti universitari, vedasi una discussione ragionata dei dati qui) possa esso produrre maggiori e migliore risultati. Anche perché le garanzia di stabilità,  non stiamo parlando della nuova legge di stabilità, sono una componente necessaria nello sviluppo e nella realizzazione di progetti di ricerca  (inutile lamentarsi se i risultati della ricerca non ci sono, ma prima è stato tagliato il personale e i fondi). Inoltre, in università didattica e ricerca vanno di pari passo, ne consegue che fare ricerca (di qualità) aumenta anche la qualità della didattica, permettendo di formare studenti migliori. Gli studenti non sono poi entità astratte, ma sono i cittadini e i lavoratori di oggi e di domani. Quindi fornire un sistema universitario migliore non è una spesa, ma significa fare un investimento per una società migliore. Risulta inoltre insensato poter pensare di continuare a far reggere gran parte del peso del sistema università sui migliaia di persone (stime parlano di 40.000 ) disperse in un vera giungla di tipologie di contratti precarizzanti. In aggiunta, se poi volesse fare i conti della serva, se l’alta formazione è costosa per lo stato, non possiamo permetterci di subire un brain drain solamente motivato dal non offrire posizioni decenti. Oltre alle mia aspettative mi azzardo ad avere anche delle richieste. in particolare due sono concettualmente semplici ma di forte impatto pratico, se realizzate. La prima riguarda la semplificazione delle figure contrattuali accademiche, un vero universo variegato e variopinto di contratti precari e precarizzanti, definendo in modo chiaro un percorso basato su un numero limitato di tipologie di contrattuali, che forniscano almeno dal punta di vista economico maggiori garanzie rispetto alle attuali. La seconda richiesta sarebbe tanto semplice quanto rivoluzionaria in Italia e si basa su un semplice principio: chiamare le cose con il loro nome e comportarsi di conseguenza. Il reclutamento, l’avanzamento di carriera e i trasferimenti sono questioni completamente differenti e devono essere gestite distintamente e in canali differenti. Non ha alcun senso creare un unico calderone e poi gestirlo come avviene oggigiorno. Una volta separate, la definizione e le gestione delle politiche universitarie sarebbe più snella e sopratutto maggiormente trasparente. Inutile, accennare poi il ministro di turno avrebbe maggiore difficoltà a fare infondati annunci di nuove assunzioni (vedasi le ultime dichiarazioni del ministro Giannini). Il sistema università Italia è un universo molto complesso e i suoi problemi delineato forse velocemente sono molteplici. Non ultimo la questione delle mancanza/taglio delle risorse economiche, a cui talvolta ho accennato solamente en passant. Quest’ultimo problema è importante, ma non deve essere identificato come l’unico e il principale dell’università italiana, che comunque va risolto. Ovviamente per quanto le aspettative (ed eventuali richieste) siano del tutto legittime, ognuno personalmente si costruisce una propria scala, forse sono ancora abbastanza giovane/stupido/idealista da considerare molto importanti le legittime aspettative che riguardano tutto il sistema università.

TAG: precari, problemi, riforma, Università
CAT: Legislazione, Precari, Pubblico impiego, università

2 Commenti

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  1. Vladimir Carli 9 anni fa

    Tutto corretto. Sono perfettamente d’accordo che anche chi sta dentro ha le sue legittime aspirazioni e che le opportunita’ per reclutamento, promozione e trasferimento andrebbero tenute separate. Mi permetto pero’ di aggiungere una cosa, uno dei grossi problemi sono proprio i 40,000 precari (cui vanno aggiunti x ricercatori) che svolgono mansioni che non gli competono. A questi vanno pure aggiunti quelli che lavorano gratis e non compaiono in nessuna statistica. Mi riferisco al lavoro amministrativo e soprattutto al carico didattico svolto in termini di supervisione di tesisti, didattica, sessioni d’esame ecc. ecc. In ogni dipartimento, nel momento in cui il personale strutturato si ritrovasse oberato dal carico di lavoro che secondo la legge gli compete, ci sarebbero interessanti discussioni sull’opportunita’ di fare promozioni o di assumere forze fresche.
    Vladimir

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    1. Alessio Bottrighi 9 anni fa

      Ciao Vladimir, uno dei punti cruciali è proprio quello che sottolinei ed è una mia legittima aspirazione e scrivevo “La mia aspirazione (forse stupida e idealistica) è, che dopo anni di turn over e concorsi bloccati, si decidesse di investire seriamente su di esso in modo da non doverne solo constare l’assottigliamento e l’invecchiamento”. I precari universitari sono un problema, e non lo sono perché esistono, ma perché si abusa di loro e perché l’attuale sistema favorisce ancora di più ciò. Capisco e condivido il ragionamento che tu esprimi nell’ultimo capoverso, ma fidati quel semplice e chiaro ragionamento logico non trova molto appeling nelle scelte “organizzative”

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