Da laureato in Lettere dico: la mia laurea è utile e vi spiego perché

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18 Agosto 2015

Qualche giorno fa il vicedirettore de Il Fatto quotidiano Stefano Feltri ha scritto sul suo blog un articolo intitolato “Il conto salato degli studi umanistici” in cui, citando una ricerca realizzata dal centro studi CEPS dove si calcolava il valore delle lauree, contestualizzandola al nostro paese, attribuiva un valore fortemente negativo alle lauree in Lettere e Storia a differenza di altre facoltà come Legge, Economia, Medicina…

Partendo da questo presupposto, Feltri ha sentenziato “fare studi umanistici non conviene, è un lusso che dovrebbe concedersi soltanto chi se lo può permettere”.

Il giorno successivo, per rispondere alle migliaia di critiche ricevute tra i commenti, ha pubblicato un nuovo articolo “Università, studiate quello che vi pare, ma poi sono affari vostri” citando i dati di Almalaurea sullo stipendio medio dei laureati e i dati di disoccupazione dove i laureati in facoltà umanistiche sono il fanalino di coda. Anche in questo caso la sentenza è stata lapidaria: “Se poi volete comunque studiare filologia romanza o teatro, se ve lo potete permettere o se vi attrae un’esistenza da intellettuale bohemien, fate pure. Affari vostri. L’importante è che siate consapevoli del costo futuro che dovrete pagare”.

Da laureato in Lettere – con anche una specialistica in questa Facoltà, che orrore caro Feltri! – non posso che prendere le distanze dall’articolo e notare con sconforto quanto sia infarcito di luoghi comuni, chiacchiere da bar e generalizzazioni perfino imbarazzanti per il vicedirettore di un quotidiano nazionale. La frase “se vi attrae un’esistenza da intellettuale bohemien, fate pure” è una delle più banali che sia stata scritta negli ultimi anni sul tema delle lauree umanistiche. Purtroppo sull’argomento c’è molta ignoranza e si parla più per sentito dire che per reale conoscenza del mondo universitario.

Partiamo da un presupposto: non è vero che non c’è lavoro per i laureati nelle facoltà umanistiche, il lavoro c’è, purtroppo però i posti di lavoro disponibili sono inferiori al numero di laureati in Lettere, Storia, Filosofia…

Molto spesso queste facoltà sono scelte da studenti che non hanno reali interessi verso le materie insegnate ma le scelgono solo perché desiderosi di prendere una laurea preferendo così iscriversi a una facoltà ritenute più facili come Storia o Filosofia piuttosto che intraprendere un percorso in corsi più impegnativi. Si crea così un cortocircuito con migliaia di studenti laureati ogni anno nelle facoltà umanistiche che non trovano lavoro, molti dei quali perché non hanno capacità e competenze adeguate. Così facendo rischiano pure di prendere il posto di chi invece ha una reale attitudine verso ciò che ha studiato.

Se i posti di lavoro disponibili per i laureati in Lettere sono poniamo 100 e i laureati 180, è normale che 80 non trovino lavoro o debbano reinventarsi in altre occupazioni non sempre in linea con il proprio percorso di studi.

Dire che “fare studi umanistici non conviene, è un lusso che dovrebbe concedersi soltanto chi se lo può permettere” è un insulto alle centinaia di migliaia di maestri e professori che ogni giorno con dedizione insegnano la nostra splendida lingua a bambini e ragazzi di tutte le età.

È un insulto a tutti gli addetti del mondo dell’editoria, della comunicazione ed è un’affermazione di grande ignoranza.

I giornalisti come Stefano Feltri però abbiamo imparato a conoscerli con il tempo, loro che riducono ogni settore dello scibile umano ai soldi, alle cifre e all’economia e quindi li ripaghiamo con la stessa moneta: “secondo gli ultimi dati forniti dalla Farnesina, l’italiano passa dal quinto al quarto posto tra le lingue più studiate al mondo, con un totale di 687mila studenti stranieri, dislocati in 134 scuole italiane all’estero, 81 istituti di cultura, 176 Università e numerosi enti pubblici e privati”.

Devo aggiungere altro?

@francescogiub

FONTE: Cultora

TAG: lettere, studi umanistici, Università
CAT: scuola

6 Commenti

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  1. astaiti 9 anni fa

    Fa eco al fenomeno di Tremonti, che sosteneva che la cultura non si mangia. Francamente della maggior parte dei miei amici che hanno studiato filosofia con me, non conosco nessuno che sia disoccupato. Conosco invece fior di laureati in Economia che non avendo né arte né parte e detestando segretamente quello che hanno studiato si trascinano tra un lavoretto e l’altro.

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  2. e-rigitano 9 anni fa

    Io direi che forse il nostro Paese non punta abbastanza sulle attività culturali, turistiche, umanistiche. Che le aziende private sono più interessate a ragazzi con formazione scientifica. Che i dati sono stati usati a propria tesi da Feltri, almeno stando a quanto letto sul Sole24ore. Che la laurea serve ad esempio per fare i concorsi, in questo caso il costo opportunità non viene calcolato. Che molti che alle scuole superiori si segnano a un indirizzo una volta diplomati proseguono ben altri percorsi di formazione o lavorativi (quindi sarebbe da immaginare di nuovo le superiori). Questo e tanto altro.

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  3. massimofamularo 9 anni fa

    La frase
    “Partiamo da un presupposto: non è vero che non c’è lavoro per i laureati nelle facoltà umanistiche, il lavoro c’è, purtroppo però i posti di lavoro disponibili sono inferiori al numero di laureati in Lettere, Storia, Filosofia…”
    o non ha inteso il significato dell’articolo di Feltri oppure intende colpevolmente confondere le acque con la retorica.
    Nessuno ha ovviamente mai detto che in senso stretto “non c’è lavoro per i laureati nelle facoltà umanistiche” quel che intendeva Feltri e’ che, in termini relativi, ci sono meno opportunità’ di lavoro e retribuzioni piu’ basse per i laureati in materie umanistiche rispetto a chi ha seguito altri corsi di studi.
    Cio’ equivale a dire
    “i posti di lavoro disponibili sono inferiori al numero di laureati in Lettere, Storia, Filosofia…”
    Insomma tu e Feltri dite la stessa cosa o meglio tu dici la stessa cosa di feltri.
    Quanto al passaggieo ““fare studi umanistici non conviene, è un lusso che dovrebbe concedersi soltanto chi se lo può permettere” non si tratta di un insulto ma della logica conseguenza della premessa su cui anche tu convieni.

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  4. marcogiov 9 anni fa

    Carmina non dant panem, è innegabile e non vedo dove stia l’offesa.

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  5. marcogiov 9 anni fa

    Carmina non dant panem, è innegabile e non vedo dove stia l’offesa.

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  6. astaiti 9 anni fa

    Sposterei il problema al fatto che troppa gente, come è stato osservato, si iscrive a facoltà umanistiche per forza di inerzia. Forse il problema non sono i corsi di laurea in sé ma la qualità degli studenti. Io per fare il mio mestiere di professore di Filosofia sono dovuto emigrare negli Stati Uniti, e al momento il mio stipendio è significativamente superiore a quello di vari amici ingegneri e simili in Italia. Quindi occorre non generalizzare… Io direi che a facoltà umanistiche dovrebbero iscriversi soltanto studenti eccezionalmente dotati e portati, ci vorrebbe il numero chiuso con testi di ammissione, e si dovrebbero calibrare i numeri chiusi (ovviamente stando un po’ larghi) sulle reali necessità di professori e insegnanti nei successivi 5-6 anni.

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