Una regione che si sente diversa e un premier che lì non ha voti

3 Ottobre 2017

Due altri elementi della situazione catalana che non ritrovo sui media italiani, le cui analisi sono in generale abbastanza improvvisate.

Fattore culturale: il senso di diversità catalano rispetto al resto della Spagna è molto forte. L’osservazione “ma i catalani non sono spagnoli anche loro?” ha poco senso, perché un catalano si considererà sempre prima catalano e poi spagnolo. Il PP, che ha una visione dello stato e dell’appartenenza culturale molto centralista, sempre dirà il contrario “siete prima spagnoli e poi catalani”, come altri sono prima spagnoli e poi asturiani, o poi galiziani o poi delle Canarie. Un catalano non accetterà mai quest’impostazione, è un dato di fatto: non accetterà mai che la Catalogna sia una REGIONE come le altre. No, è una nazionalità propria. Chiamateli folli, ma storicamente è così. Poco utile insistere su quello, crea solo incomprensioni.

Quest’impostazione si è rafforzata con il trasferimento alle comunità della competenza sull’istruzione, avvenuta nel 1978 con la creazione dello stato delle autonomie (autonómico). Da allora, l’istruzione, dalla materna fino all’università, si è impartita non più in spagnolo (castigliano) ma in catalano. Io ho vissuto in Catalogna negli anni ottanta, ed i miei compagni d’università erano sì bilingui (spagnolo – catalano) ma l’insegnamento era in spagnolo. Si sono sempre sentiti biculturali ed essendo in contatto ancora oggi con molti di loro continuano a sentirsi tali, spagnoli di Catalogna. Adesso la maggioranza del corpo elettorale e dei politici appartiene ad una generazione formata esclusivamente in catalano, con lo spagnolo insegnato come lingua straniera, e studia la storia della Catalogna come base di partenza, così come noi studiamo quella italiana. I programmi sono approvati dalla Generalitat, non dal ministero spagnolo. Come ho avuto modo di vedere anche in altri contesti nel quale il sistema d’insegnamento è separato su base linguistica (Belgio), questo fatto tende a creare sentimenti d’appartenenza separatisti, più che unitari. Il fatto che tu consideri lo spagnolo una lingua “seconda” tende a farti palpitare più forte il cuore quando pensi alla Catalogna, non quando pensi alla Spagna.  L’adozione del catalano come lingua madre era comprensibile come reazione all’ostracismo franchista nei confronti di quella lingua, ma ha avuto come effetto, due generazioni più tardi, di stimolare il separatismo. È una chiave di lettura molto importante per capire gli sviluppi degli ultimi anni.

Fattore politico: il Partido Popular, al governo a Madrid, è molto piccolo in Catalogna. Pur essendo cresciuto un po’ negli ultimi anni, rappresentò l’ 8.49% degli elettori nel 2016, a fronte del 33% a livello nazionale. Il PP, primo partito in parlamento a Madrid, è solo il quinto in Catalogna. Il voto moderato o conservatore che dir si voglia in Catalogna va tradizionalmente a CiU, partito che è stato al governo autonomista per la maggior parte del tempo dal 1978, oggi ribattezzato PDeCAT (Partit Democrátic de Catalunya). Tale partito, a lungo autonomista, è diventato di recente indipendentista e si è unito alle ultime elezioni con Esquerra Repúblicana, partito da sempre repubblicano e indipendentista, sul programma comune d’ottenere l’indipendenza: il resto li divide. Questo significa che il PP ha uno zoccolo duro d’elettori molto piccolo in Catalogna, ferocemente anti – indipendenza, e non sente alcun bisogno di “catalanizzarsi” nè d’adottare posizioni politiche aperte a negoziare. Un 17.9% ha votato per un partito anch’esso anti – indipendenza (Ciutadans), ma il cui voto viene essenzialemnte da elettori che avrebbero votato PP ma che non ne possono accettare la visione così poco aperta a una “particolarità catalana” o ne sono stufi per altre ragioni (cambio generazionale, Ciutadans è un partito più “giovane” del PP).

L’elettore di Ciutadans vuole in generale una Catalogna forte nel contesto spagnolo, ma non uno svuotamento dell’autonomia catalana verso un modello centralista. Gli altri partiti, socialisti compresi, sono organizzati su basi generalmente federali e hanno un occhio di riguardo per gli interessi catalani (anche se i socialisti vogliono il federalismo pieno, non l’indipendenza). Questo fattore spiega perchè il PP non sia aperto a compromessi in Catalogna (o nei Paesi Baschi): perchè non si gioca quasi voti lì, ma sì nel resto del paese se transigesse su qualcosa. Non ho trovato per nulla queste chiavi di lettura sui media italiani, per questo le sottolineo.

TAG: referendum catalano
CAT: Spagna

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