Non è un paese gay friendly

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16 Agosto 2018

Non è un paese gay_friendly.

L’Italia che nega il patrocinio ai gay pride non può dirsi un paese tollerante.
In molti credono che le feste pride, o parate gay, siano semplici atti di esibizionismo.
In altri paesi, le politiche sono sempre più spinte verso azioni che aiutano chi si sente emarginato.
Molte amministrazioni invece dicono no alle manifestazioni etichettandole come folcloristiche, alcuni evitano di partecipare per paura anche di ritorsioni, come perdere il posto di lavoro, eppure queste manifestazioni devono essere fatte soprattutto per loro.
Attilio Fontana, ha detto “no” quando era sindaco di Varese, e lo ha ribadito ora che è presidente della Lombardia. Nella geografia d’Italia sono sempre di più le realtà dove i Gay pride – le manifestazioni dell’orgoglio omosessuale – non ottengono il patrocinio delle istituzioni: succede nel profondo Nord, a Novara, Genova, Trento e Varese. Il tutto mentre in Italia oltre 50 persone sono vittime di omofobia ogni giorno.
Anche la Provincia di Trento ha negato il patrocinio con il suo presidente, Ugo Rossi, espressione di una coalizione di centrosinistra, la stessa città che ha ospitato l’Adunata degli alpini. Ma i gay pride sono davvero solo esibizionismo? “No di certo” risponde Claudio Tosi, presidente di Arcigay a Genova. Nella sua città ci sono stati quattro ragazzi che sono rimasti senza casa, cacciati dalle loro famiglie solo perché hanno fatto coming out e, ammesso la loro omosessualità; i Gay pride sono manifestazioni che aiutano chi si sente solo e sanno così che ci sono associazioni pronte ad aiutarli.
L’Italia è alla posizione 32, su 42, nella classifica che valuta le politiche e le leggi a favore degli omosessuali. La graduatoria, diffusa è compilata da Ilga-Europe, l’organizzazione che riunisce le associazioni pro gay di tutta Europa. Il nostro Paese ha un punteggio del 27%. Nella classifica generale arriva dopo Albania, Kosovo, Bosnia ed Erzegovina, Serbia, Repubblica Ceca, Cipro e Slovacchia. I primi sono Malta, Belgio e Norvegia. C’è chi vive una doppia vita nella nostra società, nasconde l’omosessualità nella sua città per viverla dove c’è più libertà. Forse l’omofobia istituzionale può essere, o è, un calcolo politico ma Il Pride non è esibizionismo, le associazioni chiedono solo più libertà, i cittadini lo stanno capendo.

TAG: Gay Pride, monica mandico, omosessualità, Pride
CAT: diritti umani, Integrazione

4 Commenti

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  1. cincinnato 6 anni fa

    Della propria vita privata ciascuno disponga come meglio crede. Altro é pretendere che le singole amministrazioni locali diano il patrocinio alle manifestazioni dell’orgoglio omosessuale. E’ lecito dubitare che tali cortei “aiutano chi si sente solo ….” ed é plausibile che suscitino non poche perplessità, perlomeno estetiche.

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  2. evoque 6 anni fa

    Pensavo che fosse roba da film quella delle famiglie che cacciano di casa i figli che si sono dichiarati gay,. Invece esistono. Esistono nell’Italia Paese del G7. Che bestie! Quei genitori.

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  3. evoque 6 anni fa

    cincinnato Beh, sì, che esibizionisti questi qui dei gay pride, rovinano proprio l’estetica dei luoghi in cui sfilano, ma come osano? Anche se lo fanno una volta all’anno… Mentre tutti i santi giorni che Dio manda in terra noi dobbiamo apprezzare gesti e parole di elevato profilo estetico di politici che si armano della corona del rosario e del Vangelo; mostrano il dito medio; parlano di turgore virile; raccontano balle su balle; vanno sotto la casa dei genitori anziani della Fornero a minacciare la figlia, che oltretutto abita altrove; parlano di pacchia finita per chi arriva in Italia dopo averne viste di ogni; minacciano la schedatura di minoranze etniche; vanno sul luogo del disastro di Genova e non trovano di meglio che fare indecente propaganda. Sì sì, questi sono proprio degli esteti.

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  4. erofeev 6 anni fa

    Tra l’altro sarebbe interessante vedere delle statistiche sui giovani gay italiani emigrati per sfuggire a questo clima omofobo. Solo io ne conosco a decine, andati a Berlino, Londra, Barcellona o Parigi. So già cosa mi risponderà qualcuno: non esageriamo, non siamo mica in Afghanistan. Certo che non lo siamo. Però andatelo a spiegare voi a un ragazzino di vent’anni che a Roma non può passeggiare mano nella mano con il suo ragazzo se non vuole rischiare di subire risatine, insulti o peggio, che dovrebbe rimanere in Italia, quando con un biglietto aereo da 50€ ed un’ora e mezza di volo può fare un balzo in avanti di cinquant’anni!

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