Come eliminare la bocciatura e vivere felici

20 Luglio 2019

Dopo la pubblicazione del mio articolo sull’orale dell’esame di Stato qualcuno si è chiesto come sia possibile che uno studente giunga agli esami finali senza saper risolvere un limite. Provo a spiegarlo. Il nostro studente, che chiameremo Taldeitali, giunge allo scrutinio finale del primo anno di liceo con una sola insufficienza, grave, in matematica; nelle altre discipline ha sufficienza piena, e anche qualche otto. Che si fa? Promosso con giudizio sospeso: dovrà recuperare matematica. Dopo due mesi lo studente si presenta all’esame di riparazione e, come è prevedibile, non ne sa più di prima. Allora? I casi sono due: o il docente di matematica, che due mesi prima era rigoroso, ora diventa improvvisamente malleabile e si fa bastare quel poco che lo studente sa, o resta irremovibile e il consiglio di classe, valutando complessivamente i risultati dello studente, decide comunque di ammetterlo alla classe successiva. Il nostro Taldeitali affronterà dunque il secondo anno di liceo con basi traballanti in matematica, e rimedierà con ogni probabilità una seconda insufficienza, che sarà sanata allo stesso modo. E così per tutti gli anni di liceo, fino a giungere agli esami di Stato senza sapere molto della disciplina.

È evidente che c’è una falla nel sistema (una tra le tante). Respingere peraltro uno studente per una disciplina significa condannarlo a ripetere, l’anno successivo, tutte le discipline nelle quali ha raggiunto la piena sufficienza, solo per recuperarne una. Un assurdo evidente. A dire il vero non è meno assurdo che lo si faccia per tre discipline; anche in questo caso lo studente dovrà ripetere dieci discipline nelle quali ha raggiunto la sufficienza: vale a dire decine e decine di argomenti che già conosce. Uno spreco umano, intellettuale ma anche economico, perché un anno di scuola costa allo Stato intorno ai settemila euro all’anno. E se lo studente è bocciato, quei settemila euro sono soldi buttati.

Una proposta sensata per minimizzare i danni è Bocciato con credito, progetto promosso dalle Avanguardie Educative dell’Indire. Il nostro Taldeitali viene bocciato perché ha insufficienze, poniamo, in matematica, scienze e latino. L’anno seguente la scuola prende atto dei risultati positivi in alcune discipline e gli propone un percorso flessibile che gli consenta di concentrarsi sulle lacune. La bocciatura non è eliminata, ma è più probabile che diventi una effettiva occasione di crescita. Purtroppo non mi pare che l’idea abbia avuto grande successo, e non escluderei che sia proprio perché le scuole temono di essere considerate poco rigorose, depotenziando lo spauracchio della bocciatura.

In ogni caso non è una soluzione strutturale. Proviamo ora a pensare una soluzione strutturale, pur con la piena consapevolezza della straordinaria refrattarietà della scuola italiana a qualsiasi cambiamento strutturale. Torniamo al nostro Taldeitali. Alla fine del primo anno di liceo ha la sua insufficienza in matematica. Viene ammesso al successivo anno scolastico ed è libero di scegliere: può recuperare la sua insufficienza sostenendo un esame nel corso dell’anno, oppure lasciarla così com’è. Lo stesso vale per gli anni seguenti. Alla fine dei cinque anni non c’è alcun esame di Stato. Il consiglio di classe elabora un documento nel quale sono riportati tutti i risultati raggiunti dallo studente nel corso dei cinque anni. Un documento trasparente, che illustra il percorso dello studente, e nel quale pertanto risalterà l’insufficienza in matematica di Taldeitali. Naturalmente ciò renderà meno valido il suo diploma. Per assurdo, uno studente può giungere alla fine del suo percorso liceale avendo insufficienze in tutte le materie: il diploma in questo caso avrà un valore non diverso da un semplice certificato di frequenza.

Gli aspetti positivi di questa impostazione mi sembrano evidenti. In primo luogo, la trasparenza, appunto. Il diploma dirà esattamente cosa ha fatto e cosa non ha fatto lo studente, i suoi punti di forza e di debolezza. Sarà un documento più onesto e non costringerà i docenti a sanare burocraticamente insufficienze per evitare esiti disastrosi. Il secondo aspetto positivo è la responsabilizzazione dello studente. Ora uno studente che ha una insufficienza a giugno sa che con ogni probabilità sarà sanata a settembre, anche in assenza di un vero impegno, e che in ogni caso è difficile che venga bocciato. Ma se la sua insufficienza restasse, sarebbe suo interesse colmarla realmente, in modo da giungere alla fine del percorso con un diploma valido; oppure decidere di non colmarla, puntando sui suoi punti di forza. Ognuno costruisce il suo percorso ed è personalmente responsabile del suo esito finale. E alla fine del suo percorso liceale nessuno gli chiederà di collegare la matematica a Leopardi.

TAG: bocciatura, scuola
CAT: scuola

7 Commenti

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  1. ilballodeizanzoni 5 anni fa

    Mi domando se in qualche modo questo non avvenga già in parte con la certificazione delle competenze alla fine della scuola secondaria di primo grado. Da un lato l’alunno riceve un diploma che dice che è promosso, dall’altro c’è una certificazione che dovrebbe presentare un quadro più veritiero dell’alunno: al posto di una sfilza di 6 non sempre facilmente interpretabili, perché gonfiati se non addirittura farlocchi, possono esserci una serie di “D” che fanno capire che l’alunno difficilmente riesce a scrivere un testo coerente e interepreta con difficoltà testi neppure troppo complicati, oppure che non riesce ad applicare il teorema di Pitagora o che non è in grado né di ricercare informazioni attendibili su internet né di salvarle su un file.

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  2. naciketas 5 anni fa

    Sarebbe così, se la certificazione delle competenze fosse una cosa seria. Se, cioè, davvero nella scuola italiana si lavorasse per competenze. Cosa che avviene solo sulla carta, in realtà. Spesso – o per lo più – la certificazione delle competenze avviene associando delle formule già scritte ai voti (se ha sette, allora si dice che…).

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  3. elisabetta 5 anni fa

    Mi permetto di dire che la sua sensata proposta è già stata introdotta nel lontanissimo 1995 con il ministro D’Onofrio (primo governo Berlusconi) fallita perché non compresa ed innestata in un sistema ancora ingessato ed irrigidito, ma ha comunque dato i suoi risultati se ancora adesso il sistema debit/ crediti è in vigore, senza commentare sulla sua reale efficacia. Ad essa si è incardinata la riforma Gelmini (ancora Berlusconi) e in tempi recenti La buona scuola (Renzi). Il problema rimane l’esame di stato che come dice Lei andrebbe abolito e sostituito da una certificazione delle competenze redatta dalla scuola che poi ogni singolo studente si gioca e spende come meglio crede. Ma il primo a non fidarsi delle scuole è lo stato che lo ha mantenuto e che quindi ha prodotto questa ennesima riforma dello stesso con esiti che Lei ha evidenziato nel suo precedente articolo sull’orale. Le invio questo articolo datato 2014 (ormai lontano 2014): https://www.edscuola.eu/wordpress/?p=45048 Per inciso attualmente le competenze vanno analizzate con il sistema EQF (European Qualification Framework) introdotto dall’Europa nel 2012 e si basa su livelli di competenza numerici e definiti da diverse articolazioni dei gradi di competenza, già in vigore all’estero, al posto del voto numerico da 1-10.

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  4. scudodiquercia 5 anni fa

    Questi tuoi contributi, caro collega, sanno andare al punto con forza e chiarezza. Complimenti e grazie. Realizzare dei percorsi differenziati come indichi tu, con corsi omogenei per livello di apprendimento, non è banale ma è ormai l’unica strada percorribile, nella società attuale dove i problemi legati alla bocciatura sono moltissimi e controproducenti, come tu sottolinei. Non è banale perché non basta creare un corso omogeneo per apprendimento, ma bisognerà anche prevedere ad esempio anche un’omogeneità per età. Sicuramente richiede di rinunciare all’ideale – utopia – di un titolo di studio rappresentativo di un livello culturale a 360°. Questo era un modello valido 70 anni fa, dove la selezione per studiare era altissima, avveniva già a livello familiare, e si trattava di un investimento, anche in caso di bocciatura, che comunque poi permetteva di essere ripagato. Oggi tutto questo non esiste, dobbiamo guardare la realtà e orientarci verso un ciclo scolastico che certifichi semplicemente quello che una persona ha fatto. Nella mia esperienza di docente di matematica avrei un grande beneficio da anche dall’introduzione di tappe di valutazione esterna al corpo docente, come avviene per le lingue straniere (A1, A2, … C1, C2…). L’accertamento esterno dell’apprendimento permette ai docenti di puntare sulla formazione degli alunni, concentrarsi su di loro risparmiandosi il fuoco di mitra della pressione con le famiglie in fase di valutazione (pressione che ovviamente non esiste sulla carta e nessuna scuola, statale o paritaria, ammetterà mai, per motivi di prestigio).

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  5. scudodiquercia 5 anni fa

    di fatto anche nella modalità attuale, dove le competenze vengono assegnate rispecchiando l’andamento nella materia, non è male, anzi va proprio nella direzione indicata nell’articolo iniziale. “Riorganizzare la didattica in chiave di competenze” è attualmente un concetto vuoto secondo me, può voler dire tutto o niente, migliorare o peggiorare l’apprendimento. E comunque è incompatibile con l’ingessatura della scuola italiana bloccata appunto sugli esami si stato, il valore legale del titolo di studio (e dei relativi indirizzi di studio) e, permettetemi di dirlo, anche ad un altro “monstrum” che è quello del monopolio della gestione statale centralizzata, inesistente nei paesi europei virtuosi come Germania e Finlandia, ma miseramente analogo a quello in vigore in solo un altro Paese europeo: la Grecia.

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  6. È la prima volta che leggo che qualcuno propone quest’idea, che anche io avevo maturato autonomamente, e che mi sembra la più ragionevole soluzione al “voto di consiglio”. Condivido pienamente

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  7. È la prima volta che leggo che qualcuno propone quest’idea, che anche io avevo maturato autonomamente, e che mi sembra la più ragionevole soluzione al “voto di consiglio”. Condivido pienamente

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