Una certezza e due speranze

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10 Agosto 2019

La crisi di governo sta per animare il dibattito politico, tipicamente vacanziero ad agosto. Non è semplice fare previsioni per le prossime settimane tra mozioni di sfiducia, dimissioni di Conte o le ombre lunghe dei governi tecnici. Però oggi già possiamo arrischiarci in primissime speculazioni, o almeno portare degli spunti di riflessione, sugli scenari che verranno a crearsi dopo il voto.

Ciò che è certo al 99,9% è che il prossimo capo del governo sarà Matteo Salvini. Lanciato nella sua campagna balneare avrà fatto bene i suoi conti e a fine ottobre potrebbe guidare una coalizione di maggioranza oltre il 50%. L’incognita maggiore in questa previsione, più che la tenuta dei sondaggi che anzi potrebbero perfino aumentare in vista della vittoria, è la legge di bilancio che andrà discussa prima della fine dell’anno. Se Mattarella sceglierà di dare l’incarico a un governo del Presidente, per rivedere gli automatismi già previsti dal presente esecutivo, le elezioni potrebbero slittare nel 2020. È difficile preferire uno scenario perché in un caso potremmo trovarci l’IVA al 25,2% e nell’altro Salvini potrebbe sfruttare i poco appetibili tagli alla spesa per ingrassare le sue fila con le pance, non del tutto a torto, brontolanti.

Il rischio è che Salvini come avemmo già modo di dire, ha ormai il controllo del discorso politico e cieca fiducia da parte dei suoi sostenitori. Quindi, ipotizzando un 55% di voti praticamente tutti di destra estremeggiante, avrà modo di soddisfare questo sostegno con pieno potere, e con la durezza del pugno a lui gradita; senza destare il minimo scandalo nei suoi elettori ma anzi infervorando le masse come solo “l’uomo forte in tempi incerti” sa fare. Anche perché il problema dell’Italia, o del mondo occidentale tout court, non è tanto la migrazione o l’Europa tiranna, ma è l’impoverimento del ceto medio e lo scadimento delle condizioni lavorative in generale, in cui aprendo un lungo discorso si potrebbero far rientrare le altre due questioni. È storicamente accertato che il periodo peggiore del ‘900 italiano sfruttò proprio il risentimento della piccola borghesia per la mancata corrispondenza delle sue aspettative, in contrasto anche alle lotte operaie. Se si volesse essere ulteriormente apocalittici si potrebbe fare un triste paragone. Spesso si dice che il bombardamento atomico criminoso delle città di Hiroshima e Nagasaki, di cui è appena trascorso l’anniversario, non fu tanto l’ultimo atto della Seconda guerra mondiale ma il primo della Guerra fredda. Allo stesso modo il Decreto sicurezza bis potrebbe essere l’ultimo atto liberal-democratico oppure il primo di qualcosa di molto peggiore.

La luce in fondo al tunnel, che a volerci scommettere sarà un treno particolarmente puntuale, potrebbe essere che l’ascesa leghista risulti, visti i tempi veloci dell’ascesa della stessa, un volo icarico di altrettanto breve e incandescente durata. Salvini una volta eletto non avrà più scusanti e potrà sfogare tutte le sue promesse anti-migratorie in modi terribili, però dovrà fare anche i conti con l’Europa. Certo tutto dipenderà dal suo programma, ma i suoi intenti sovranisti prima o poi emergeranno. Considerando una probabile uscita del Regno Unito, un’ulteriore minaccia di uscita italiana rischia di mettere in seria crisi l’intero impianto dell’EU. Naturalmente queste speculazioni sono molto vicine alla fantapolitica, ma d’altro canto il programma tendenzialmente liberista della lega alle ultime parlamentari sfavorirebbe la classe inferiore già in difficoltà, soprattutto in previsioni di ulteriori tagli alla spesa pubblica. Questo potrebbe generare malcontento e invertire la rotta verso le aspirazioni solari del novello Icaro milanese. C’è da tenere conto una possibile apertura ad un modello neokeynesiano, non così insolito per una “destra sociale” visto che anche Mussolini negli anni ’30 lo adottò, o a qualche altro strumento economico che potrebbe mitigare le condizioni economiche dei lavoratori italiani. Questo incontrerebbe però l’ostilità di Bruxelles creando non poche tensioni e rischi di uno scontro aperto.

Ma come dicevamo questo è uno scenario altamente speculativo. Molto più probabile e auspicabile, seppur comunque flebile, è la seconda speranza. Non di un contratto PD-M5S che pare osteggiato tanto dalla visione politica dei due soggetti, quanto dal loro stesso elettorato. Piuttosto è possibile una frattura interna dei democratici tra l’area di influenza più liberal-liberista renziana-calendiana e la parte più a sinistra; non esageriamo dicendo social-democratica, anche se è quello il luogo a cui dovrebbe tendere. È altamente probabile che il PD si presenti alle elezioni ancora unito ma che ottenga un risultato modesto. A quel punto, preso atto che non si incontrerebbe mai il favore dell’area destra del partito, la restante dovrebbe fare l’unica cosa che è politicamente sensata e che fin ora non ha fatto: opposizione a sinistra. Ci sono intere praterie in cui far correre la dialettica politica che sono state guardate a lungo con diffidenza in nome di una deleteria unità al centro. Gli italiani vogliono ridistribuzione della ricchezza e giustizia sociale, questi sono i temi su cui si può creare un discorso politico nuovo e di vera alternativa agli incubi peggiori che il sonno democratico rischia di risvegliare. Insistendo in direzione opposta non si farebbe altro che alimentarli.

Potrebbe essere inizialmente complicato trovare unità e voti. Ma è anche l’unica vera alternativa per crearsi una base pronta a raccogliere le necessità che il popolo andando avanti incontrerà in uno scenario a lui sempre più ostile. Altrimenti la non opposizione attuale, che da una parte tratta da ignorante l’elettorato avverso e dall’altra fa da spalla involontaria ma impotente alla narrativa leghista, lascerà come unica alternativa un tiranno pronto a raccogliere le passioni tristi di un popolo fatto schiavo dalle difficoltà, per parafrasare Spinoza. C’è in molti elettori del PD ancora voglia di cantare Bella ciao ai comizi di Salvini, perché cresciuti in un milieu di sinistra che vede le sue radici nella resistenza italiana. Quando a breve la bufera tornerà ad infuriare, sarà meglio essere pronti a scendere in piazza e ripassarsi bene le parole per cantarla uniti, tutti assieme dalla parte del popolo.

TAG: crisi di governo, Governo Conte, Luigi Di Maio, salvini
CAT: Partiti e politici

2 Commenti

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  1. evoque 5 anni fa

    Tranquilli, come si dice in Francia, tutto passa, tutto si corrompe, tutto annoia. Anche Salvini. Diciamo che per giornali, opinionisti questa crisi ferragostana è una manna: solo qui sugli Stati ho contato qualcosa come 10 articoli sul panciuto leghista.

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  2. babaorum 5 anni fa

    chiaro e condivisibile

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