San Siro, Milan-Atletico: che brutto perdere così, che bello esserci così

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29 Settembre 2021

Ricominciare. Ricominciare da dove eravamo rimasti. Allo stadio Meazza di San Siro l’aria che tirava, per il ritorno del Milan in Champions League, era questa la scritta che avevano – avevamo – in faccia più o meno tutti. C’è chi aveva 18 anni la sera del 5 a 0 al Real Madrid, 22 anni fa, quando tutto iniziò. “E lui” dice indicando con la testa il figlio, con la maglietta di Ibra, “aveva due anni l’ultima volta che abbiamo giocato in Champions”, un Milan in dismissione, quello, “che lui non si ricorda e meno male”. Si ride, allegri come quando si torna a casa, sull’ultimo sorso di birra prima di entrare. E dentro il senso di questo ricominciare è ancora più chiaro, raddoppia, perché non c’è solo il Milan che ritorna in Champions. C’è la sensazione di quell’allegria, ancora un po’ guardinga, di chi inizia a credere, davvero, che il peggio sia passato, e la pandemia sia destinata a scivolare nei ricordi. A chi era passato a San Siro nei mesi della chiusura era rimasta impressa l’immagine malinconica di vuoto persistente. Quasi che una patina di polvere avesse coperto la Scala del calcio. Stasera Milano, nella luce di Settembre, torna a riempire le strade e lo stadio, per quel che si può.

Poi c’è il campo. Una partita di calcio non comune. A San Siro arriva l’Atletico Madrid, la squadra campione di Spagna allenata da Diego Simeone, idolo della milano interista. È un ritorno col tappeto rosso e i fari del mondo del calcio tutti belli accesi, su San Siro. Il Milan dei ragazzini poteva subire l’emozione e la paura, l’inesperienza di una partita di livello alto: partite così, in tutta La Rosa del Milan, le hanno giocate 4 o 5 giocatori. Tra questi, Ibra è indisponibile per infortunio, Giroud e Florenzi partono dalla panchina. Eppure, la squadra di Pioli, sostenuta da un urlo incessante del pubblico, parte a viso aperto e testa alta. Costringe l’Atletico a stare tutta dietro la linea della palla, mentre Brahim Diaz e Leao fanno quel che vogliono. Bennacer non fa rimpiangere il sontuoso Tonali di questo inizio stagione, e Tomori e Romagnoli sono sempre in anticipo sugli attaccanti spagnoli. È solo questione di tempo, si capisce. Il Milan passa in vantaggio al ventesimo grazie a Leao e subito dopo dà l’impressione di poter stritolare i campioni di Spagna con un secondo gol. Fino a quando, all’improvviso, Frank Kessie – il giocatore più prezioso della scorsa stagione, il

più discusso per il rinnovo contrattuale continuamente rinviato in questa – si va a prendere un iper fiscale cartellino giallo per un pestone inutile a metà campo. Il giallo è sicuramente molto severo, quanto è stupido il fallo di Kessie. Che era già ammonito, e lascia il Milan in dieci con un’ora da giocare davanti. Un pensiero attraversa la testa di tutti: Frank ha la testa altrove, magari a Parigi, dove sembra diretto sulle orme e nelle modalitá già sperimentate da Gigio Donnarumma?

Il bello del calcio è che i pensieri brutti vanno via subito, appena si ricomincia a giocare, ed è ovviamente questo il caso. Davanti c’è un’ora, che è già troppa sofferenza prima ancora di cominciare.

La partita inevitabilmente cambia. Pioli è costretto inserire subito Sandrino Tonali, cui sognava di regalare un po’ di riposo. L’assedio dell’Atletico è costante, ma abbastanza prevedibile. Nel secondo tempo un Milan sempre più stanco si rintana ancora di più nella sua metà campo. Escono i ragazzi terribili in cambio dell’esperienza di Florenzi e Giroud. Il centravanti francese non vive una serata felice, anzi è in una partita che doveva prendere per mano sembra travolto dagli eventi e dalla cattiva condizione. Pioli prova a portarla a casa con la garra, e alla fine in campo ci praticamente solo mediani e difensori, oltre a Tonali e Giroud. Non basta. Non basta perché Griezman ha gambe fresche che Romagnoli non ha più e, infine, perché l’arbitro al 95esimo (dopo aver decretato sei minuti di recupero) fischia un rigore a favore dell’Atletico che solo il VAR – al mondo – vede anche al rallentatore.

Amen. Son cose che purtroppo capitano. Sono ingiustizie che non sporcano la gioia di essere finalmente tornati a casa, e di averlo fatto con una squadra giovane, forte, coraggiosa e libera nella testa. Allo stadio ho visto tante famiglie, e tanti giovani genitori con i loro figli. Stasera saranno tornati a casa delusi e arrabbiati. Domani è un altro giorno, con le scuole aperte e la vita, il campionato è la Champions League davanti. Dati causa e pretesto, va bene così.

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CAT: calcio

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