La sinistra milanese si suicida e lascia il campo a Sala

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8 Febbraio 2016

Beppe Sala, come si prevedeva, ma non proprio nel modo in cui si prevedeva, ha vinto le primarie del centrosinistra a Milano. I numeri parlano chiaro e il sistema di voto a turno unico l’ha premiato, nonostante la somma dei voti ottenuti dai due candidati di sinistra, Balzani e Majorino, superi largamente quelli ottenuti dal commissario EXPO, che ha segnato l’uno a zero che serve a portare a casa il risultato, ma non di più.

Mi fa piacere che questa sinistra tronfia sia fuori gioco, perché ha ribadito di essere fatta di perdenti, che l’anatema di Nanni Moretti “Non vincerete mai” è sempre valido e che, piaccia o non piaccia, la possibilità di vincere passa per l’indigesto Matteo Renzi.

Vorrei sentire un mea culpa recitato sia da Balzani che da Majorino e perché no da Giuliano Pisapia, che se avesse frenato Balzani, invece di incoraggiarla, avrebbe visto come candidato sindaco un assessore della sua giunta, anziché il city manager del sindaco di centrodestra che lo aveva preceduto. Insipienza politica definitiva. Continuando a rifondare il comunismo, a creare partitini una scissione dopo l’altra, la sinistra a Milano ha confermato di essere fatta di chiacchiere che non porteranno mai a nulla, con buona pace del fantomatico “popolo arancione”.

Forse sono naif e la divisione della sinistra è stata il modo per giungere al risultato gradito al vertice del partito, dandogli la vernice democratica che senza le primarie sarebbe mancata, ma il narcisismo mi sembra il tratto più caratteristico di una sinistra sempre imbevuta di ego e di vecchia ideologia.

Il meccanismo delle primarie, Cinesi o non Cinesi, scimmiotta l’America più del Nando Moriconi di Kansas City e produce risultati casuali. Il sindaco di una città chiave dura finché è gradito al potere centrale, altrimenti si manda il gioco a monte o al Marino.

Lo scarso impegno del centrodestra nella Milano che già dominava permetterà probabilmente a Beppe Sala di passare da commissario EXPO a “commissario” di Milano. Se non c’è stato un plebiscito a suo favore alle primarie, potrebbe esserci alle elezioni, sempre che l’esito scontato non convinca i più ad andare al mare.

La mia non è tanto una critica, quanto la constatazione di come siamo passati da un sistema di contrapposizione ideologica e partitocratico, in cui cioè comandavano i partiti, ad un sistema in cui comanda il capo del partito che più conta e il suo potere arriva certo fino ai gangli politici locali più importanti, ma mancano i contenuti. C’è l’investitura delle elezioni, certo, ma quelle comunali di Milano potrebbero sembrare una combine, se il centrodestra schiererà un candidato di bandiera pronto a immolarsi. Se invece a contrapporsi a Sala city manager di Letizia Moratti ci sarà Stefano Parisi, city manager di Albertini, i milanesi avranno l’equivalente della scelta fra la Coca-Cola e la Pepsi-Cola o come diceva la nonna fra zuppa e pan bagnato.

Se vale summum ius summa iniuria, pure le democraticissime primarie a malapena coprono le nudità di un sistema anemico, che di democratico ha soltanto lo scheletro. Quali scelte voleva Sala invece di quelle di Majorino e Balzani? E i due sconfitti entreranno nella sua amministrazione? Non lo sappiamo. Quali saranno le differenze fra le proposte di Sala e quelle del candidato di centrodestra, se ci saranno?

Mi ha fatto impressione la campagna elettorale di Corrado Passera, che insiste sui temi della sicurezza con toni che oltrepassano quelli di un Salvini. Certo, su quell’argomento la differenza fra sinistra-sinistra e destra è netta, ma salvo armare seriamente gli ex vigili urbani (perché no?) e farli diventare quella Polizia Locale che sono soltanto di nome, saranno soltanto parole. In ogni caso, si tratta di scelte che solo Roma può fare.

A Milano continueremo a pagare il tram e non avremo il reddito di cittadinanza, questo dice il risultato delle primarie. Un po’ poco e vorremmo saperne di più, magari sarebbe gradito anche il parere del centrodestra.

Il tema che purtroppo non si discute è come portare Milano, unica città italiana candidabile, ad essere una global city non soltanto nella moda e non soltanto durante il Salone del Mobile o nel periodo dell’EXPO mangereccia. Sala è davvero parco di parole, al contrario del suo logorroico sponsor di Rignano. Meglio così, ma non esageri, ci dia almeno qualche indicazione sulla rotta che vuole seguire come “Il comandante informa che stiamo volando alla quota di 37.000 piedi, il tempo è buono e alla nostra destinazione ci sono 25 gradi”.

Come prosaico amministratore di condominio senza ambizioni abbiamo già avuto Gabriele Albertini, con il suo triste braccio destro De Corato. Se non proprio a 37.000 piedi questa volta vorremmo comunque volare più in alto.

TAG: milano
CAT: Enti locali, Milano

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