Dalla Bolivia allo Stretto di Messina: l’immondizia strozza il pianeta

8 Luglio 2021

Benvenuti al Lago Uru Uru, Cordigliera delle Ande, Bolivia – uno dei più belli e grandi del Sudamerica, di un blu intenso, pieno di pesce e habitat di migliaia di fenicotteri – fino a solo cinque anni fa. Ora, come si vede, è una distesa di confezioni di plastica abbandonate, una visione escatologica da film di fantascienza, ma purtroppo vera. Una situazione che non è confinata a questo terribile esempio, ma che diventa, di giorno in giorno, la condizione comune ai bacini d’acqua che, per migliaia di anni, hanno tenuto in vita animali, piante ed esseri umani di questo pianeta.

L’acqua muore. E senza acqua, ovviamente, muore la vita sul pianeta terra. L’acqua non scompare, anzi, il livello dei mari cresce a causa della progressiva dissoluzione delle calotte glaciali dei due poli, ma quell’acqua è spesso morta, inutilizzabile, quasi senza ossigeno, che viene sostituito, nelle catene chimiche che compongono i mari, da composti velenosi del metano o di altri elementi che provengono dagli sversamenti di petrolio, dai residui dei fertilizzanti chimici, dagli antiparassitari, dai residui animali di migliaia di miliardi di uccelli, topi, insetti, a loro volta avvelenati, si sostituiscono all’humus naturale.

Una tragedia di cui non siamo consapevoli, perché a casa nostra esce acqua pulita dal rubinetto, ed al supermercato abbondano le acque minerali in vendita per prezzi davvero bassi. Nei paesi in cui questo non è così, la siccità, o la velenosità delle acque, uccidono una popolazione invisibile, lontana dalla percezione che ne abbiamo noi occidentali, senza che il peggiorare della situazione divenga un fattore di ansia per le nostre famiglie.

La dolente Pachamama boliviana

I fenicotteri del Lago Uru Uru costretti a scavare tra l’immondizia alla ricerca di acqua e pesce[1]

Non è che tutti i governi siano ugualmente ciechi di fronte a questa tragedia. In Sudamerica, ad esempio, con la “Legge della Madre Terra”[2], la Bolivia ha adottato nel 2011 – durante la presidenza di Evo Morales, il primo presidente “indio” del continente[3] – una legge unica al mondo per il riconoscimento dei diritti civili della Natura[4]. Alla base della legge c’è la presa di coscienza del fatto che l’ecosistema che ci accoglie abbia un valore incalcolabile, equivalente a quello di un soggetto vivente, di una persona fisica. La Bolivia, nazione dalla cultura e dalle tradizioni ancestrali, ha voluto porsi come punto di riferimento per il globo nella difesa della Madre Terra, la “Pachamama”, come viene chiamata dalle popolazioni andine[5]. Un provvedimento che, purtroppo, è stato superato e vanificato dal corso degli eventi.

Nel 2016 il dramma della siccità, dovuta all’aumento della temperatura media del pianeta, ha messo in ginocchio la Bolivia, così come ha colpito la maggior parte dei paesi in via di sviluppo – tant’è vero che, per esempio, il 90% del Lago d’Aral, al confine tra Uzbekistan e Kazakistan, grande quanto l’Irlanda, è ora ridotto all’estensione della Palestina[6], e si teme che scompaia nel corso della prossima generazione[7] – uno dei disastri ambientali dagli effetti più gravi nella storia dell’umanità[8]. Lo stesso destino minaccia il lago Turkana in Kenya (quello che, fino all’indipendenza, veniva chiamato Lago Rodolfo), perché l’Etiopia, che controlla i suoi affluenti, ha costruito delle dighe per l’irrigazione dei campi in quel paese[9] – dighe che fanno scendere pericolosamente il livello dell’acqua del Turkana, con la conseguente desertificazione e carestia di una delle nazioni più verdi d’Africa[10].

Durante la siccità, le città boliviane erano rifornite con le autobotti, e questo ha ridotto considerevolmente i livelli delle acque dei laghi Poopó e Uru Uru, già minacciati dall’irrigazione delle piantagioni delle multinazionali e il lavoro delle miniere[11]. I due laghi – situati a un’altitudine di 3.686 metri nel dipartimento do Oruro – ospitano il maggior numero di fenicotteri dell’area delle Ande[12]. Il lago Poopó è il secondo lago più grande della Bolivia, dopo il famoso lago Titicaca. Nel 2002 le autorità boliviane hanno dichiarato i due laghi aree di importanza globale[13].

È uno choc a livello planetario: il lago Uru Uru è, tradizionalmente, una popolare destinazione turistica che, durante la siccità, è stata trasformata in una discarica a cielo aperto, nella quale l’acqua è quasi completamente coperta da un cumulo di bottiglie di plastica, di  giocattoli rotti, di sacchetti e di pneumatici abbandonati[14]. La sua superficie si è ristretta da 214 ad appena 30 chilometri quadrati, la quantità dell’acqua si era ridotta del 70%[15]. Questo mette a rischio l’esistenza delle comunità indigene: gli Aymara, i Quechua e gli Uru Murato – una tra le più antiche della Bolivia, i cui uomini hanno dovuto smettere di pescare e cercano lavoro nelle miniere di sale[16].

Margarita Aquino, rappresentante delle Donne Difensore della Madre Terra (Renamat), afferma: “Queste fonti d’ acqua sono vitali per le nostre comunità e per la Madre Terra”[17]. Limber Sanchez, scienziato del Centro de Ecologìa y Pueblos Andinos (CEPA), accompagna la stampa al lago e spiega cosa abbia ucciso Uru Uru: la plastica, l’acqua acida proveniente dalle miniere di San José – immondizia che giunge al lago tramite il canale di Tagarate, che parte da Oruro, in cui la popolazione scarica i propri rifiuti[18] – oltre ai metalli pesanti (cadmio, zinco e arsenico) abbandonati nel lago da chiunque[19].

Ciò che resta del Lago Poopò, su cui è stata costruita una miniera che prosciuga ed avvelena le falde acquifere[20]

Il CEPA ha reagito organizzando la raccolta delle bottiglie d’acqua abbandonate nel lago, poi sul controllo delle misure di sicurezza e di protezione ambientale della miniera KoriKollo, della società Inti Raymi, in cui si impiega il cianuro per l’estrazione dell’oro[21]. Inoltre, il CEPA controlla le attività della Huanuni Mining Company, una società che da anni produce acque acide e solide, che vengono scaricate senza trattamento nel fiume Huanuni, il cui flusso trascina le acque fino al lago Poopó e si infiltrano nelle falde acquifere sotterranee e nelle sorgenti, e non possono più essere bevute, né dagli animali, né dall’uomo[22].

Ma gli ecologisti non hanno le forze per occuparsi di tutti i fronti: la Newmont Mining Corporation (Stati Uniti) e la Glencore (Svizzera) investono in nuove miniere nella regione di Oruro, sulle cui licenze statali CEPA esprime seri dubbi, anche se capisce che il settore minerario è il secondo generatore di reddito per la Bolivia[23]. Altre multinazionali hanno stretto alleanze con l’azienda di Stato COMIBOL (Corporación Minera de Bolivia) e si preparano all’apertura di altri siti sulle Ande[24]. Il governo ha cambiato colore e direzione, ed è più interessato al miglioramento della situazione economica che al costo ambientale che lo sfruttamento minerario può avere.

Le acque morte del Golfo Persico

Pesci avvelenati sulla spiaggia del Kuwait[25]

La situazione di molte aree marine non è diversa. Un programma delle Nazioni Unite, chiamato iRobot Seagliders[26] (che, prima di tutto, sono dei robot per lo scandagliamento dei mari a fini militari[27]), sta analizzando la situazione degli oceani a diverse profondità e nei pressi di diverse aree geografiche. I risultati sono angoscianti: ovunque l’ossigeno viene cancellato dalle alghe (che prosperano a causa dei rifiuti e dell’aumento della temperatura dell’acqua) e dall’inquinamento, di modo che tratti interi degli oceani, e specialmente l’Oceano Pacifico, sono oramai sterili nei primi mille metri di profondità[28].

Ma il tratto di mare nel quale la situazione è oramai divenuta irrecuperabile è quello del Golfo Persico, fino al Canale di Hormuz ed al Golfo dell’Oman[29]. La causa, in questo caso, non è il rovesciamento in mare di immondizia, ma il continuo ripetersi di gravissimi incidenti di petroliere con conseguente sversamento di petrolio greggio nel mare[30] – ed il resto della catena già nota: muoiono pesci ed uccelli, prosperano le alghe, l’ossigeno viene sostituto, in combinazione con l’idrogeno, da altri elementi chimici velenosi[31].

Solo per elencare gli incidenti più gravi: lo scontro tra una petroliera ed una piattaforma di trivellazione a Nowruz, nel 1983, con 260’000 tonnellate di petrolio finite in mare[32]; il disastro volutamente generato dalle truppe irachene che hanno invaso il Kuwait nel 1991 ed hanno versato in mare 460’000 tonnellate di petrolio greggio[33]; lo scontro, nel 1994, davanti alla spiaggia degli Emirati Arabi Uniti, della petroliera SEKI con la petroliera Baynunah, che provoca la dispersione in mare di 293’000 tonnellate di petrolio greggio[34].

Ma il peggio è ciò che accade quotidianamente, senza controllo: ogni nave che passa per il Golfo Persico, al ritorno, prima di rientrare in porto, riempie le stive di acqua marina con cui lava e diluisce i residui contaminati che ha a bordo, e poi scarica in mare, tonnellate su tonnellate, ogni giorno, da oltre 40 anni[35]. Senza contare i danni generati dalla desalinizzazione delle acque marine, principale fonte di acqua potabile per gli Emirati Arabi Uniti ed il Kuwait – una prassi che ha distrutto i coralli ed avvelenato il pesce[36]. Purtroppo proprio questi due paesi rifiutano di aprire negoziati internazionali per cercare di cambiare questa gravissima situazione.

La discarica tra Scilla e Cariddi

Il fondale marino nello Stretto di Messina[37]

L’area sottomarina dello Stretto di Messina è quella che ha la più grande densità di rifiuti al mondo: si tratta di “più di un milione di oggetti” per chilometro quadrato in alcune zone del fondo[38]. Lo afferma un documento compilato in base ai dati raccolti nel 2018 su incarico del Centro comune di ricerca della Commissione Europea (JRC)[39] e contestato dall’Università di Messina, che sostiene che il tratto di mare inquinato quanto affermato è “solo” una spanna di 7 km di mare – quella su cui passano i traghetti[40].

Secondo i siciliani si tratta della conseguenza della tragica alluvione di Giampillieri (2009), che fece 37 vittime[41] – una tesi considerata “ridicola” dallo studio europeo, che continua ad analizzare l’immondizia minuziosamente con i ROV (mezzi sottomarini telecomandati), non solo fotografandola, ma anche datandola[42]. Si tratta di un insieme di dati e valutazioni di moltissimi esperti, tra cui ISPRA, l’Università di Açores (Portogallo), l’Istituto Alfred Wegener (Germania), l’Università di Utrecht (Olanda), l’Istituto di ricerca marina (Norvegia), l’Università di Barcellona, il Monterey Bay Aquarium Research Institute (California), l’Institute for Global Change del Giappone (JAMSTEC), l’IFREMER (Francia) e l’Università di Oxford[43].

Sta di fatto che da oltre un quarto di secolo, in tutta l’area di mare circostante lo Stretto (ma oramai in tutti i mari italiani, specie nell’Adriatico), nella pesca a strascico fatta fino a mille metri di profondità, la quantità di biomassa raccolta è diventata inferiore a quella dei rifiuti[44].

Naturalmente, in ognuna di queste situazioni descritte sarebbe possibile intervenire. In Bolivia, le associazioni degli ambientalisti e degli abitanti della zona hanno iniziato a passare i weekend sul lago raccogliendo immondizia – una cosa meravigliosa, una fatica di Sisifo, visto che l’immondizia in arrivo supera quella che viene raccolta in questo modo amatoriale. Altrove non viene fatto nulla, anzi: come abbiamo già descritto in altri articoli, visto che il fondale marino è comunque morto, tanto vale sfruttarlo per l’estrazione mineraria e per impianti militari. Intanto, la quantità di pesce contaminato che arriva sulle nostre tavole cresce ma, essendo ben confezionato, ciò pare non interessare nessuno.

 

[1] https://www.viagginews.com/2015/10/03/la-magia-del-lago-rosso-dei-fenicotteri-in-bolivia/
[2] https://www.ilcambiamento.it/articoli/bolivia_legge_madre_terra
[3] https://www.fronterad.com/un-tal-evo-una-biografia-no-autorizada-del-presidente-boliviano/
[4] http://www.mineria.gob.bo/juridica/20121015-11-39-39.pdf
[5] https://www.tuttogreen.it/bolivia-in-difesa-della-madre-terra-i-diritti-%E2%80%9Ccivili%E2%80%9D-della-natura-un-esempio-per-tutti/
[6] https://en.wikipedia.org/wiki/List_of_countries_and_dependencies_by_area
[7] 2008.04.01 Reclaiming the Aral Sea; https://www.theguardian.com/world/2014/oct/01/satellite-images-show-aral-sea-basin-completely-dried?CMP=fb_gu
[8] 2012.10.25 Aral Sea Gets Important Wetlands Status
[9] https://link.springer.com/article/10.1007/s10437-015-9185-8
[10] 2013.01.10 Ethiopian Dam And Irrigation Projects Threaten Kenya
[11] https://www.rinnovabili.it/ambiente/bolivia-senza-acqua-siccita-222/ ; https://video.espresso.repubblica.it/inchieste/la-bolivia-in-guerra-per-l-acqua-boliviawaterwar/7824/7873
[12] https://www.alamy.it/foto-immagine-fenicotteri-wade-attraverso-l-uru-uru-laguna-di-oruro-in-bolivia-23-gennaio-2016-grazie-al-lago-poopo-essiccazione-fino-60-km-di-distanza-molti-hanno-migrato-qui-in-modo-permanente-ma-la-laguna-e-inquinata-e-i-fenicotteri-si-trovano-di-fronte-a-una-catastrofe-ecologica-foto-georg-ismar-dpa-95272385.html
[13] https://aida-americas.org/en/press/communities-request-international-support-to-save-bolivia-s-poopo-and-uru-uru-lakes
[14] https://www.lifegate.it/bolivia-lago-uru-uru
[15] https://www.lifegate.it/bolivia-lago-uru-uru
[16] https://aida-americas.org/en/preserving-bolivia-s-high-andean-lakes-sources-of-life
[17] https://aida-americas.org/en/press/communities-request-international-support-to-save-bolivia-s-poopo-and-uru-uru-lakes
[18] https://www.kold.com/2021/03/26/lake-uru-uru-bolivia-covered-plastic-waste/
[19] https://www.kold.com/2021/03/26/lake-uru-uru-bolivia-covered-plastic-waste/ ; http://cepaoruro.org/quienes-somos/historia/
[20] https://www.elnacional.com/bbc-news-mundo/paradoja-del-poopo-lago-bolivia-que-aparece-desaparece_218993/
[21] https://cepaoruro.org/tag/contaminacion-minera/
[22] https://cepaoruro.org/tag/contaminacion-minera/
[23] https://journals.openedition.org/vertigo/9769 , Victor Hugo Perales Miranda, “Conflictos geopolìticos por el agua en las cuencas mineras del Departamento de Oruro-Bolivia”
[24] https://journals.openedition.org/vertigo/9769, Victor Hugo Perales Miranda, “Conflictos geopolìticos por el agua en las cuencas mineras del Departamento de Oruro-Bolivia”
[25] https://financialtribune.com/articles/people-environment/63991/pollution-from-arab-states-harming-persian-gulf
[26] https://www.sciencedaily.com/releases/2008/06/080612132840.htm
[27] https://archive.ph/20120712183424/http://dailyuw.com/news/2008/mar/11/from-the-deep-uw-seaglider-draws-us-military/ ; https://www.engadget.com/2008-06-11-irobot-to-convert-uws-seaglider-into-military-drones.html?guce_referrer=aHR0cHM6Ly9lbi53aWtpcGVkaWEub3JnLw&guce_referrer_sig=AQAAAJxMWGuHjZ591WFNNrkln1kGgvYZrWt0lS5Mf-7OSVd2MJWSrRAuE1z2OgGD1e8rd5PncniKLZGI2IgZrWGXMFM3-CLpGrCDW-hRlytBhpe3PMEHZ–rnC-XMaMoyoERNEnyMS22zldIpIMIBmwq9MzUIgLXtoaf-jQa-dD8IMRR
[28] https://thesundaypost.blogspot.com/2018/05/in-aumento-nel-mondo-le-dead-zone-marine.html ; https://www.sfgate.com/green/article/Scientists-alarmed-by-ocean-dead-zone-growth-3200041.php
[29] https://financialtribune.com/articles/people-environment/63991/pollution-from-arab-states-harming-persian-gulf ;  https://thesundaypost.blogspot.com/2018/05/in-aumento-nel-mondo-le-dead-zone-marine.html ; https://www.sfgate.com/green/article/Scientists-alarmed-by-ocean-dead-zone-growth-3200041.php
[30] http://www.amso.it/altri/nava%205ea/Inquinamento%20da%20petrolio.html
[31] https://financialtribune.com/articles/people-environment/63991/pollution-from-arab-states-harming-persian-gulf ;  https://thesundaypost.blogspot.com/2018/05/in-aumento-nel-mondo-le-dead-zone-marine.html ; https://www.sfgate.com/green/article/Scientists-alarmed-by-ocean-dead-zone-growth-3200041.php
[32] https://wwz.cedre.fr/en/Resources/Spills/Spills/Nowruz
[33] https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1991/06/14/il-golfo-persico-ferito-morte-dalla-marea.html ;  https://web.archive.org/web/20130219034012/http://earthshots.usgs.gov/Iraq/Iraqtext ; https://web.archive.org/web/20100804005524/http://incidentnews.gov/incident/6786 ;  https://web.archive.org/web/20121010160858/http://articles.cnn.com/2003-01-03/world/sproject.irq.kuwait.oil.fires_1_oil-fires-kuwaiti-oil-fields-oil-worker?_s=PM:WORLD ;
[34] https://www.itopf.org/in-action/case-studies/case-study/seki-fujairah-1994/
[35] http://www.amso.it/altri/nava%205ea/Inquinamento%20da%20petrolio.html
[36] https://financialtribune.com/articles/people-environment/63991/pollution-from-arab-states-harming-persian-gulf
[37] http://www.strettoweb.com/foto/2019/03/reggio-calabria-rifiuti-fondali-stretto-messina/821520/#6
[38] https://www.repubblica.it/green-and-blue/2021/01/26/news/un_mare_di_spazzatura_sul_fondo_lo_stretto_di_messina_ha_la_piu_grande_densita_di_rifiuti_al_mondo-283798885/amp/
[39] https://www.repubblica.it/green-and-blue/2021/01/26/news/un_mare_di_spazzatura_sul_fondo_lo_stretto_di_messina_ha_la_piu_grande_densita_di_rifiuti_al_mondo-283798885/amp/
[40] https://www.lifegate.it/rifiuti-fondale-dello-stretto-di-messina
[41] https://www.rainews.it/tgr/sicilia/video/2021/01/sic-stretto-messina-pattumiera-rifiuti-ambiente-ebe4d283-447d-45e8-95e6-54db9bf7a785.html
[42] https://www.repubblica.it/green-and-blue/2021/01/26/news/un_mare_di_spazzatura_sul_fondo_lo_stretto_di_messina_ha_la_piu_grande_densita_di_rifiuti_al_mondo-283798885/amp/
[43] https://www.repubblica.it/green-and-blue/2021/01/26/news/un_mare_di_spazzatura_sul_fondo_lo_stretto_di_messina_ha_la_piu_grande_densita_di_rifiuti_al_mondo-283798885/amp/
[44] https://www.repubblica.it/ambiente/2019/10/09/news/ispra_nelle_reti_dei_pescatori_piu_rifiuti_che_pesci_-238086525/ ; https://www.agrifoodtoday.it/ambiente-clima/mediterraneo-rifiuti-pesci.html ; https://www.lifegate.it/rifiuti-fondale-dello-stretto-di-messina ; https://greenreport.it/news/rifiuti-e-bonifiche/il-fondale-marino-dello-stretto-di-messina-e-il-piu-sporco-del-mondo-nel-mediterraneo-e-emergenza-rifiti-marini-video/ ; https://www.repubblica.it/green-and-blue/2021/01/26/news/un_mare_di_spazzatura_sul_fondo_lo_stretto_di_messina_ha_la_piu_grande_densita_di_rifiuti_al_mondo-283798885/

TAG:
CAT: acqua, Inquinamento

Un commento

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  1. andrea-lenzi 3 anni fa

    A mio personale avviso, il problema è innanzitutto la sovrappopolazione, sia rispetto agli ecosistemi nei quali si insedia, sia alle risorse. Di certo aiuterà innescare un circolo vizioso “virtuoso” del riciclo e del consumo sostenibile, ma nulla potrà mai essere sostenibile se aumentiamo a dismisura

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