Ma invece di regalare i musei, non dovremmo insegnare che la cultura costa?
Ci si deve proprio rallegrare per la presenza massiccia degli italiani che, nella prima domenica gratuita istituita dal ministro Franceschini, hanno generosamente fatto la fila per entrare nei musei? Questo dubbio inevitabilmente assale quando al concetto di museo si associa quello di gratuità, la cui unione – applicata a ogni prima domenica del mese – porterebbe all’estrema sintesi a cui giunse l’illetterato Tremonti nel momento in cui sostanziò che «con la cultura non si mangia». E la gratuità eversiva di oggi confligge in maniera piuttosto evidente con quella norma «spazza-sessantacinquenni» di qualche mese fa che eliminò quei giovanotti di ancora balde speranze dal novero degli umani che al museo potevano entrarci gratis.
Quelle file domenicali ai musei, dunque, erano davvero animate da sete di cultura o rispondevano (almeno in parte) a una logica di furba retroguardia per cui mettersi in coda è bello solo perché tanto è gratis? Nei tweet entusiasti del ministro Franceschini sarebbe già compresa la risposta, quando sottolinea: «Natale scorso 827 vistatori a Pompei contro 15.000 di ogni domenica gratuita! Del resto anche Louvre chiuso per Natale e Capodanno». Ma va’? In quella occasione, peraltro, il punto era un altro, la chiusura di Pompei a Natale e Capodanno, e su questo aspetto il ministro richiamava giustamente l’allineamento con struttura di gran lignaggio come il Louvre di Parigi. Ma sullo sbilanciamento degli ingressi, qualche dubbio non le sorge, ministro?
Quando si “concede” un pezzo di cultura gratis, bisogna mirare i beneficiari, non sparare nel mucchio. È del tutto intollerabile che gente che si può ampiamente permettere un biglietto a pagamento – che sia di domenica o durante alla settimana non importa – si metta in fila e si mischi proditoriamente a quei veri appassionati che non hanno la stessa fortuna economica e che dunque intendono sfruttare la “golden share” di una domenica alla loro portata. E se l’eccezione è: ma come si può selezionare le persone quando si vara l’operazione “Musei gratis”?, beh i sistemi si possono trovare tranquillamente, attraverso il reddito dichiarato o altre forme di conoscenza pubblica.
L’obiettivo di una società avanzata è quella di portare ai musei più persone possibili tra quelle che se lo possono permettere, chè agli altri, ai meno fortunati, forme di agevolazione massima dovrebbero costituire una pre-condizione sulla quale una società civile e civilizzata non dovrebbe neppure dibattere. Quasi nessun museo vive “semplicemente” sulla biglietteria, ma nei veri, grandi musei, gestiti con perizia e intelligenza, biglietteria e iniziative collaterali (bookshop, sponsor privati, ecc.) compongono una buonissima base da corroborare poi con il classico e inevitabile conforto statale.
Portare le persone a spendere per la cultura è un obiettivo nobilissimo, a patto che il livello dell’offerta compensi ampiamente la spesa di un biglietto. La soddisfazione per una bella mostra vista non ha prezzo, soprattutto perché ci si sente così emozionalmente schiacciati e carichi dalla visione di qualcosa di straordinario che il lato economico passa decisamente in second’ordine. Sarà come averla vista gratis quella mostra, dal momento che quei pochi (o tanti) euro spesi saranno anche nella memoria futura e nella nostra mente uno degli investimenti più belli di cui avremo memoria.
Ecco perché le domeniche gratis per tutti al museo sono uno “scandalo” che un Paese moderno e civile non può permettersi. Un Paese sceglie chi mandare gratis ai musei. Tutti gli altri accomodarsi alla cassa, please.
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