La gabbia dell’ego è funzionale a rinchiudere il marciume

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26 Maggio 2022

“Lei non immagina di come parlava dei suoi pazienti. Non erano persone, solo corpi su cui esercitare una tecnica, cercando sempre di superare i confini. Si vantava di eseguire interventi su pazienti anche oltre i limiti del loro consenso. Il cosidetto consenso informato, che espressione vuota”.

Che significa subire violenza?
Significa trovare il coraggio di denunciare, mettere in piazza il proprio passato, fatto di incontri sbagliati, di persone che hanno segnato la tua vita, deviandone il corso e persino la percezione che si ha degli uomini. Come in un incubo, queste persone le ritrovi nella tua vita, dopo aver sistemato comodamente la loro – perché si sa più che le compagne ideali, quando un ideale di vita non c’è l’hai, e hai bisogno di ricorrere all’artificialità della vita, meglio cercare l’escamotage comodo – e con giudizi feroci, rimuovendo scientemente gli atteggiamenti insulsi assunti in passato, fanno capolino e si stanziano nel tuo quotidiano, aggredendo. La ferocia, la bassezza, la penosa cupidigia, il marciume che ha sempre guidato le loro vite, te la riversano addosso. L’immagine che evitano specchiandosi la sovrappongono alla tua, e se non ci riescono perché ti sottrai al ruolo che hanno ritagliato per te, ti offendono, ti sminuiscono, ti fanno a brandelli. Ti defecano addosso. I loro bisogni animaleschi li soddisfano riempiendoti di sporcizia.
L’analisi per loro è una presa in giro, perché non hanno mai analizzato le motivazioni che li ha indotti a scegliere un percorso di vita. Mentono sapendo di mentire, indossano facce come protesi, un eccesso, uno sconfinamento lo considerano lecito perché considerano l’aggettivo retto nella sua funzione di nome. Hanno speso la vita a fregare, sfregando la pelle più conveniente, quella più redditizia e remunerativa e da quel principio su cui hanno edificato le loro fortune non si sono mai allontanati. Lo hanno abbracciato con convinzione. La grossolanità è eretta a sistema, la concentrazione nella lettura è una macchia, un peccato se non viene intervallata dal meritato riposo che consiste nella concessione del corpo perché “bisogna pur passare il tempo, bisogna pur che il corpo esulti”. Lèggere e leggère sono sinonimi, un accento del resto non è che un apostrofo rosa, un dettaglio, una minuzia. L’etica è un’etichetta da apporre al momento giusto nel caso in cui difformemente evadi un loro piano, un disegno ben congegnato di cui hanno dimenticato, per puro caso, di informarti. Un’associazione a delinquere è uno dei tanti modi per rendersi la vita più avventurosa, più eccitante, per conferire emozione al pattume nel quale sono soliti rovistare. Saccheggiano come barbari, depredano intimità, evocano morti uccidendoli più volte, infamano, sono abili giocatori, usano la rete per adescare, per dichiarare intenti che poi negano. La violenza esercitata in rete è puro gioco, nei fumi con cui avvolgono la loro vita, nella mancanza di tatto – per loro è solo uno dei cinque sensi che va soddisfatto con un rapporto carnale – una scarpa rossa è seduzione, non brutalità esercitata in modo costante e ripetitivo. Nell’artificialità delle loro vite, le donne sono semplici pupazzi da telecomandare come in un videogioco. Saltano, si arrampicano, aprono le gambe a loro piacimento.
Il dolore è venduto come se fosse un anestetico, e se non se ne crea abbastanza si rincara la dose, si avvelena come se il veleno non avesse conseguenze, tanto se non si può realizzare un piano, meglio distruggere chi quel piano te lo manda all’aria. L’avventura è un avventore di notizie che vengono riportate come se il confine tra il privato e il pubblico fosse un velo trasparente.

Il piacere non si fonde, si raddoppia, il piacere non può escludere la dimensione dell’altro, ma neppure si può provare il piacere dell’altro. La differenza tra sessualità compulsiva e sessualità affettiva sta nel fatto che la prima è ricerca del piacere, quella legata all’affettività è una ricerca del piacere all’interno della ricerca della gioia.
L’allegria, diversamente dalla gioia, è l’esperienza di un guscio in cui non c’è più nulla, il voler essere forzosamente allegri è una condizione che rende l’allegria senza sostanza, soprattutto se non è condivisa, se non è esperienza relazionale. L’esperienza della gioia, invece, è l’esperienza della possibilità, che è una categoria meravigliosa poiché avere possibilità significa che le possibilità non sono dei doveri, si può scegliere, non si è costretti. La gioia è l’esperienza in cui ci si sente liberi.

TAG:
CAT: Architettura e urbanistica, Inquinamento

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