Expo Gate e quella petizione del Pd contro la Milano che cambia

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16 Novembre 2014

Davvero – come è possibile che tutti i giornali parlino di una nuova architettura in relazione a questa carcassa metallica […]? Guy de Maupassant, La vita errante, 1890

Il 15 ottobre 2014 il circolo PD Città-Mondo lancia una raccolta firme online, indirizzata al sindaco di Milano, dal titolo Petizione a Pisapia: via Expo Gate da Piazza Castello alla fine di Expo. La petizione ha dato inizio ad una lunga discussione online – nella quale si evidenziavano, soprattutto, i caratteri negativi di questa raccolta firme – che poi è andata via via scemando, come molte fiammate apparse su Facebook negli ultimi anni.

In questo momento, a numero di firme raggiunto, possiamo forse analizzare la questione sollevata da una petizione molto peculiare, come un elemento generale nel complesso mondo che sta modificando l’immaginario futuro di una città come Milano.

Al link precedente è possibile leggere l’intero testo che introduce alla petizione, mentre di seguito si possono leggere alcuni frasi (arbitrariamente estrapolate) che riescono a raccontare meglio di qualsiasi spiegazione alcuni intenti della raccolta firme (il grassetto è del sottoscritto): Si sono sollevate molte critiche per la sua totale dissonanza dal contesto nella quale è stata inserita (questione che lasciamo alla valutazione individuale dei cittadini); ma soprattutto per la sua dubbia utilità. […] vale la pena ricordare che il progetto originario prevedeva l’unione delle 2 strutture a cuspide per creare uno spazio coperto per eventi […] le perplessità diventano reali preoccupazioni quando si sente parlare della possibilità che queste costruzioni – che perfino nella loro estetica si presentano come provvisorie – possano diventare stabili, fisse per sempre.[…] Trasformare da temporanee a stabili le sue strutture tubolari di piazza Castello significherebbe deturpare in modo definitivo una della piazze simbolo di Milano, proprio mentre prende vita la nuova isola pedonale. CHIEDIAMO, con questa raccolta di firme, che venga preso pubblicamente l’impegno, alla fine di EXPO, di spostare immediatamente le strutture a cuspide dalla zona di Piazza Castello, ripristinando la piazza come in origine e inglobandola nei progetti di sistemazione dell’area pedonale. […] evitare la deturpazione definitiva di una parte storica di Milano. […]

Come è possibile osservare, la petizione è una sorta di “petizione di principio” o, più specificamente, una petizione sull’auspicio: il circolo PD ipotizza che siano state costruite delle fondazioni particolari per il manufatto architettonico e quindi teme che questo possa diventare permanente; per questa ragione, senza che alcuna nota ufficiale del Comune abbia disposto diversamente dal progetto originario di una struttura provvisoria, raccoglie delle firme per chiedere l’impegno del Sindaco affinchè l’Expo Gate non diventi permanente.

In pratica, Giuliano Pisapia dovrebbe ufficialmente impegnarsi rispetto a un impegno che ha già preso (intendendo per Pisapia l’amministrazione comunale). La questione potrebbe essere lasciata a qualche studioso di logica, ma in realtà, come accennato prima, questa petizione riesce a mostrare un mondo, dietro sé, che è interessante descrivere.

La petizione rivolge la sua attenzione verso uno scopo già previsto, la rimozione dell’edificio, ma, in realtà, pare voglia dare un giudizio di merito architettonico nei confronti dello stesso: “totale dissonanza”, “estetica provvisoria”, “deturpazione della piazza” sono termini fortemente negativi, che non lasciano trasparire alcun consenso nei confronti del progetto, tanto che, per inasprire questa impressione, non si esita a fornire informazioni errate. La supposta copertura tra le due cuspidi, per esempio, non è mai stata presente nelle immagini di progetto del vincitore del concorso a invito, l’architetto Alessandro Scandurra, come è possibile verificare dai siti di informazione usciti nei giorni della proclamazione del vincitore (qui, per esempio). L’uso di questi termini, poi, ha consapevolmente traslato l’attenzione su un giudizio di valore dell’oggetto, da parte di tutti coloro che, oltre a firmare, si sono sentiti in obbligo di fornire un commento alla loro firma:

Perche’ fa schifo

Perché amo questa città, la bellezza, l’arte, il vedere, il camminare, il respirare… perché amo la vita… e vorrei poterlo dire in faccia a chi di questa città ha fatto scempio qui, in Piazza Castello, e altrove… ai responsabili di questo orrore

trovo le strutture orribili piccionaie che coprono il castello volontariamdnte tanto che quel poco di spazio che restava tra le due syrutture e stato piantumato . Il Non senso la non bellezza limprovvisazione colpiscono gli infividui sino quasi ad ammalarli va tolto subito cosi riscopriamo il castello ritirerei anche tutti gli orribili falsi Bosch con polli allo spiedo e salami come pendoli . Orribili . Come rovinare una citta in poche mosse.

E’ una struttura che disturba: fosse altrove non sarebbe così brutta, ma lì è orrenda!!

Perché le strutture tubolari, in quel contesto, sono orribili.

perche’ è un vero scempio, mai visto da nessuna parte del globo. Solo dei miserrimi potevano concepire una struttura orribile e nefasta come questa.

Una delle più belle piazze di Milano avvilita e deturpata da questo mostro !!Oltre ad essere inutili e male inserite nel contesto, sono vecchie come concetto, sorpassate. Assolutamente da rimuovere, al limite da ricollocare da un altra parte.

Dai semplici insulti alle critiche più comicamente strutturate, sia i commenti che il testo della petizione non raccontano una particolare novità, ma, piuttosto, ripropongono quella paura della contemporaneità, ben esemplificata da Guy de Maupassant, che nel 1890 inveiva contro la Torre Eiffel. Il dato è assai significativo, però, se visto nel contesto italiano, dove il rifiuto reazionario nei confronti dell’arte e dell’architettura contemporanee è all’ordine del giorno e dipende unicamente da una generale mancanza di cultura: facendo passare l’amore per l’Antico come unico metro di considerazione estetica, si sono lasciate distruggere le città e il territorio italiani, senza alcuna forma di protesta. Nella petizione, e in alcuni commenti, si vaneggia su un ritorno alla sistemazione originaria, ma, probabilmente, senza aver ben chiaro di cosa si stia parlando: la piazza, prima della costruzione di Expo Gate, era una stazione di capolinea disordinata, che raccoglieva, ad esempio, gli autobus extraurbani in arrivo da Bergamo, i taxi e i tram e dove camminare era un’impresa da esploratori urbani, data la poca chiarezza nel sistema di divisione dei flussi (e non risultano petizioni contro quella sistemazione della piazza).

Si ribadisce, inoltre, che la nuova architettura sia dissonante nei confronti del contesto, senza rendersi conto che le città più interessanti si costruiscono proprio per dissonanza, per opposti, per conflittualità irrisolte che, spesso, costruiscono il terreno fertile per definire ricche complessità. Il Castello Sforzesco stesso è un esempio di contraddizioni affascinanti: eretto nella seconda metà del Trecento e ricostruito a metà del Quattrocento, ha nel suo elemento più riconoscibile, la Torre di ingresso (tanto cara ai commentatori della petizione come un elemento antico da rispettare), un falso del 1905, progettato dall’architetto Beltrami: per fare un paragone, la galleria Vittorio Emanuele e la torre Eiffel sono state costruite molti anni prima.

L’Expo Gate è in realtà un progetto molto interessante. E’ chiaro che i suoi riferimenti più prossimi siano legati ad un tema di provvisorietà, come provvisoria era la Tour Eiffel, che ancora oggi è un elemento simbolo di Parigi (con buona pace di Guy de Maupassant), ma come temporanei sono i fratelli maggiori a cui fa da vetrina, i padiglioni dell’Expo a Milano. La selva di sottili strutture, che può forse apparire forzata, esagera il concetto stesso, come a riabilitare l’in progress di una città che ha, nel suo panorama quotidiano, le strutture tubolari che servono per erigere e rinnovare le architetture cittadine. Ma, come accennato nella relazione di progetto, l’elemento strutturale modulare, insistito, ricorda i backstage dei palchi da concerto, strutture flessibili che possono accogliere molti allestimenti differenti, così che la città stessa sia platea e promotrice, contemporaneamente, di eventi: in questo ricorda molto la macchina del Centro Pompidou, sempre a Parigi, nel quale l’esibizione della struttura e degli impianti è necessaria per evidenziare la neutralità di uno spazio interno che possa accettare diversissimi usi ed adattarsi alle modifiche nel tempo. E, in effetti, il calendario di eventi svolti finora nei due padiglioni è assai ricco: manifestazioni, conferenze, presentazioni pubbliche, performance artistiche, spettacoli multimediali, hanno ravvivato in maniera preziosa l’intorno urbano della piazza, con un calendario serratissimo, per il quale, semmai, la preoccupazione è che se ne riesca a mantenere il medesimo ritmo nei prossimi mesi.

La petizione contro Expo Gate, insomma, tende ad esibire niente di più che la difficoltà italiana, anche in una città che vorrebbe essere capofila della modernità di un paese, a dialogare con la cultura contemporanea, soprattutto in ambito architettonico, e questa difficoltà non può essere risolta in altra maniera che ritornando ad alcuni fondamentali, come la scuola, dove l’insegnamento dell’arte e dell’architettura non può fermarsi, al massimo, all’Ottocento.*

La raccolta firme contro Expo Gate, però, sottolinea un altro punto interessante e viene proprio da chi lancia la petizione, il circolo PD Città-Mondo, un circolo che dovrebbe far parte di un partito progressista, che dovrebbe dialogare con la contemporaneità, se non addirittura promuoverla. Il fatto, allora, che questo circolo proponga una petizione contro un progetto nato sotto una giunta che dopo anni vede proprio il PD al governo, trasforma questa raccolta firme in un dato politico.

Se è innegabile che buona parte dei risultati più appariscenti di modifica della città (l’Expo, Porta Nuova, la Metro 5, per citarne solo alcuni) siano attualmente il risultato delle politiche delle precedenti giunte (è d’altronde impossibile pensare che i lavori di una giunta si esauriscano nei tempi del mandato), ci si chiede, dunque, quale sia l’immaginario che sta definendo la giunta Pisapia nei confronti della città. È possibile osservare, nel lavoro svolto dall’amministrazione comunale, un progetto di città interessante, coerente e, soprattutto, capace di volgere radicalmente il volto di Milano verso il futuro?

>Continua.

* Questa generale mancanza di cultura meriterebbe ampie discussioni, soprattutto sul merito di possibili soluzioni: la contemporaneità, in Italia, non può passare solo dall’ultimo modello di smartphone, ma necessita della consapevolezza che ogni epoca porti con sé il proprio tipo di spazio, la propria estetica, le proprie istanze artistiche e che camminare in avanti con la testa rivolta all’indietro, possa solo portare a spiacevoli incidenti. Il passato è un compagno con cui avanzare verso il futuro: ci può consigliare, ci può essere amico, può essere attrattivo, ma mai limitarci nel nostro camminare. Nelle prossime settimane proverò a parlare di contemporaneità e architettura, con una rubrica dal titolo GOO (Great Old Ones – Grandi Antichi), senza illusione di risolvere alcunché, ma sperando che possa essere l’inizio di una fertile discussione su un tema così abusato. Come direbbero gli SG, stay tuned!

(foto di Filippo Romano e Diego Terna)

TAG: alessandro scandurra, architettura, expo gate, expo2015, giuliano pisapia, milano, pd città mondo, petizione
CAT: Architettura e urbanistica, Milano

17 Commenti

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  1. Marco Giovanniello 9 anni fa

    Insomma EXPO Gate è contemporaneo ed è frutto dell’amministrazione Pisapia, ergo deve andare bene agli iscritti PD. Avverto l’inconfondibile profumo del compagno Kim da Pyongyang.

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    1. Davide Rapp 9 anni fa

      Caro Marco, rispondere con un sillogismo così automatico e superficiale ad un articolo al contrario logico e puntuale mi pare un mezzo passo falso, ma perfettamente in linea con i contenuti della petizione, altrettanto illogica. ‘Iscritti PD’? La tessera ad un qualsiasi partito di certo non garantisce a priori il patentino di buon gusto o lungimiranza..

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  2. Diego Terna 9 anni fa

    Gentile Marco, figurati. La questione è ben più ampia del PD e investe varie questioni. La prima, a mio parere, è legata al fatto che questa opera, come molto spesso accade, subisce una sorta di accanimento solo per essere stata progettata e costruita nel 2014 e non 100 anni fa. Niente di nuovo, appunto: accadeva pure nel 1800…
    Però è anche innegabile che ci si possa aspettare che all’interno del PD possano trovare luogo quelle povere anime che valutano positivamente l’arte e l’architettura contemporanea (e, su questa opera troverai pochi detrattori fra chi di lavoro fa l’architetto).
    In realtà non è così e nella seconda parte del testo proverò a capire le differenti visioni sulla città di questa giunta rispetto a quelle passate. Magari scopriremo che il centrodestra era un mecenate dell’arte e dell’architettura. O magari no…
    alla prossima.
    d

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    1. Marco Giovanniello 9 anni fa

      Ho chiesto oggi il parere di amici architetti o esperti di arte. Ho ascoltato valutazioni ben diverse da quelle dell’autore, che bolla come “passatisti” quelli che non amano EXPO Gate, sarà un caso, ma nessuno mi ha detto che gli piace.

      Non volendo perder tempo, perché de gustibus non disputandum, trovo comunque che il valore pratico (poca area disponibile) ed estetico dell’opera non valgano l’aver cancellato la prospettiva del Castello, venendo da piazza del Duomo.

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      1. Davide Rapp 9 anni fa

        Giusto per perdere tempo, invece…esattamente da quale punto ‘venendo da piazza Duomo’ le strutture di Expogate ‘cancellano’ la prospettiva del Castello? Accade esattamente il contrario. Siamo già alla mistificazione eh? Mamma mia.

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      2. Diego Terna 9 anni fa

        ma, a dire la verità…
        http://instagram.com/p/vdycUiNSVG/

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  3. Parolino Parolino 9 anni fa

    Trovo le risposte di Rapp e Terna veramente proterve…un po’ come la visione urbana di Scandurra e del suo progetto per Expo. Ergo devo essere un architetto passatista.

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    1. Diego Terna 9 anni fa

      mah, non so. Protervo può significare molte cose: il dizionario etimologico ne dà una definizione esclusivamente negativa (ostinato ed arrogante), ma la Treccani ne evidenzia anche un uso antiquato: vivace, ardito.
      Ora, il suo essere passatista (da sua definizione) potrebbe significare che usa dei termini desueti, ma rimango comunque insicuro se ci stia insultando o se ci stia facendo un complimento.
      Io propendo per la seconda, perchè sono ottimista, ma non vorrei neppure ingenerare false aspettative su di me: insomma, non penso di essere ardito.
      Credo che l’articolo evidenzi semplicemente alcuni punti che a me paiono poco logici e soprattutto esprimo una opinione sul fatto che per molte persone sia comprensibilmente difficile valutare un’opera di architettura contemporanea.
      Io questa opera la ritengo molto interessante e mi stupisce, invece, chi la ritiene “uno schifo”.
      Per questa ragione accetto di buon grado che una persona mi spieghi, nel linguaggio dell’architettura e non “della strada”, perchè questi edifici siano uno schifo. Se, come succede, qualcuno che fa un altro mestiere (e ha visto due puntate di qualche reality sugli interni) si avventura in una spiegazione pseudo tecnica sul fatto che questa opera non si integri bene con l’intorno storico, mi spiace, ma la mia protèrvia diventa sì negativa e mi permetto addirittura di pensare che forse non ci si dovrebbe avventurare in terreni che non si conoscono.
      Tutto qui, insomma. Ma mi fa molto piacere che se ne parli, perchè anche io scopro mondi e situazioni che spesso non conosco.

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    2. Davide Rapp 9 anni fa

      Non si accettano lezioni di arroganza ed ostinazione da architetti passatisti che si firmano con pseudonimi.

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  4. Andrea Mori 9 anni fa

    Caro architetto immaginato, ma qualcuno ti ha mai spiegato che quando si scrive, in qualsiasi occasione “pubblica”, ci sono delle regole di ingaggio ben precise? Tra queste, quella di evitare assolutamente di dare patenti di intelligenza o demenza, come fai tu. Ma anche quella rifuggire dalla logica spocchiosa di far pesare la propria cultura. Supposta, per giunta. Leggi qui e impara: http://ilcalibro.com/2014/11/18/expo-gate-divide-et-impera-sempre-di-piu/#.VGu0HTSG-XZ

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  5. Parolino Parolino 9 anni fa

    Devo fare una premessa importante prima di continuare in modo più disteso e rilassato questa dotta e divertente polemica tra fini intellettuali. La mia è una famiglia molto comica composta da gente simpatica. I miei genitori sono i più ironici di tutti: Parolino è davvero sia il mio nome che il mio cognome. Grazie della comprensione e solidarietà. D’altronde anche io ho pensato che Rapp fosse una attestazione di preferenze musicali sottolineate da una allitterazione.

    Lungi da ma l’idea di far polemica sulla qualità del progetto di Scandurra, ho trovato invece sì proterve le affermazioni in risposta al primo commento che Terna ha ricevuto. Intendiamoci, a me l’articolo in sé e lo spunto di partenza sono piaciuti molto e li ho condivisi, sia nel tono che nel tema.
    Quello che ho veramente trovato insopportabile (protervo, quindi detrattivo) è stato il volersi porre su un altro livello rispetto all’uomo “della strada” (locuzione usata da Terna) quando l’esperienza urbana e dell’abitare sono processi che coinvolgono tutti. Di più, definire “della strada” un commento naif legato alla architettura e alla città è già in qualche modo la manifestazione dell’erroneità del postulato fondativo. Terna nel rispondermi, ricorrere alla maieutica, tradendo una volta ancora una grande fiducia nelle sue capacità ma soprattutto un approccio scientista e non scientifico. La Treccani poi è una caduta di stile, giusto il primo risultato di Google, quando esiste un solo dizionario etimologico della lingua italiana: il DEI di Battisti e Alessio. In questo stesso, alla voce “città”, facendo lo stesso giochino di Terna, si scopre che la città altro non è che l’assemblea dei cittadini. Cittadino, termine nobilissimo (ossimoro voluto, vedi Comune di Parigi, NdA), oggi svuotato di contenuti dalla triviale retorica del M5S, con cui noi architetti dobbiamo evidentemente confrontarci. Come può quindi il giudizio di un cittadino su una città o un’architettura essere meno valido del giudizio di un tecnico? Perché la percezione della mia compagna, laureata in lettere classiche, deve essere meno valida della mia percezione di architetto rispetto a come un’architettura si relaziona con la spazio? Io sono architetto, mica demiurgo. Insomma, la capacità tecnica non può essere presunzione di superiorità se no, come già detto, si sconfina nello scientismo e da lì, facilmente, nel classismo più becero. E qui forse potrebbe tornare utile il dizionario. Lo scientismo, nella sua accezione corrente, tralasciando sterili questioni di etimo [ho fatto un controllo su google, tra i primi risultati cercando scientismo esce fuori un articolo di un astrofisico incazzato, non vale usarlo per rispondermi anche perché a mio avviso l’astrofisico travisa il problema essendo di parte], potrebbe essere definito come la contemporanea turris eburnea dell’intellettuale, uomo/donna scissi dal mondo o dall’assemblea dei cittadini, per i quali per dare un giudizio di merito su un fenomeno si deve in qualche modo appartenere a quel fenomeno. Da qui a una società molto peggiore, se possibile, di quella in cui già viviamo il passo è molto breve.

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    1. Diego Terna 9 anni fa

      Gentili Parolino e Andrea
      c’è un tema di fondo che deve essere chiaro: a mio parere il mio giudizio da professionista con una certa esperienza ha un valore differente rispetto a qualcuno che non faccia questo mestiere. Non “mio” in quanto diego terna, ma in quanto persona che si è appassionata ad una professione (che in molti paesi del mondo è vista molto più tecnicamente che umanisticamente e quindi scansa le paludi dell’opinione e del gusto), che ha studiato per molti anni e che continua a studiare, per la quale ha lavorato e grazie alla quale è sopravvissuta finora.
      Io non mi muovo da qui: ho un estremo rispetto per qualsiasi altra persona che non faccia il mio lavoro e la definizione “della strada” è un modo informale che ho pensato di usare invece de “la casalinga di voghera”.
      Per questo ritengo che la partecipazione sia un aiuto formidabile, e spesso indispensabile, quando si progetta e per questo, ancora, penso che l’amministrazione pubblica dovrebbe essere molto più aperta nello spiegare ai cittadini le scelte che modificano la città, il territorio, lo spazio costruito.
      Ma poi, in ultima analisi è semplicemente il nostro lavoro: progettare la città!
      O, quando avete un malessere fisico, andate in banca? E se necessitate di una consulenza tributaria, vi fate un bianchino col medico al bar e vi scambiate delle opinioni?
      Io credo che ci siano dei problemi: il primo è che noi dobbiamo assumerci le responsabilità del nostro lavoro (che comprende anche la modifica profonda della città) e quindi lottare perchè NOI facciamo il nostro lavoro; il secondo è che la logica italiana del tutti fanno tutto permette a chi non sa nulla di spazio, città, infrastrutture, architettura, di cambiare radicalmente il volto del nostro territorio, senza che si alzi alcun ditino (leggasi petizione, per esempio) per dire no.
      Andrea, io l’ho letto l’articolo, mi ha molto divertito: mi piace l’idea di dare i voti ai progetti, mi piace così tanto che ritengo bisognerebbe trasformarlo in un format televisivo, se ancora non esistesse.

      Mi spiace leggere che entrambi pensiate, in qualche maniera, che io mi vanti di una cultura che, francamente, non penso neppure di avere, ma per questo posso farci poco; anzi, facciamo così, mi dichiaro subito perdente, che se no dobbiamo tirare fuori dalla libreria tutti i libri e i dizionari e alziamo un polverone spaventoso.

      Ultima cosa: è veramente una pena che la parola ignoranza abbia preso un’accezione così negativa. Io mi sento ignorante su moltissime cose, ma non penso di auto-insultarmi nel dirlo. Per cui, Andrea, io non insulto nessuno, a nessuno darò mai del demente.
      Al massimo mi arrabbio con i miei amici, come Nanni Moretti https://www.youtube.com/watch?v=KlJqaszkC4s
      un caro saluto
      d

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      1. Parolino Parolino 9 anni fa

        “Restò così questa scorza, la vera mia sostanza, il fuoco che non si smorza, per me si chiamò: l’ignoranza” (Ciò che di me sapeste. Montale)
        Nessun problema rispetto all’ignoranza, anzi! Mi piace molto, è terreno fertile. Però se è umile. Altrimenti è solo qualcosa da estirpare.
        Continuo tuttavia a non essere d’accordo col pensiero di fondo di Terna. Non è un titolo di studio, soprattutto oggi, a dare patenti di qualità e correttezza del pensiero. Sono invece tante altre cose che sarebbe noioso elencare. L’esempio di Montale mi sembra calzante: prima della riforma Gentile e con un diploma di istituto tecnico, vince un nobel per la letteratura.

        Ecco, io non so fare la pizza. Ma so che la pizza di Gino mi piace di più di quella di Franco. Ma poi arriva Antonio che fa il pizzaiolo e mi dice che lui preferisce la pizza di Franco e mi spiega il perché: lievito madre, cottura, essenza che brucia nel forno, ecc. Fin qui tutto bene, ha ragione Antonio a volermi spiegare qualcosa e io a voler imparare. Il problema è quando Antonio mi dice che sono un ignorante (per citare Aldo Giovanni e Giacomo: “lei è un ignorante nel senso che ignora” “e allora lei è un imbecille nel senso che imbelle”. divertente falso etimologico) e che forse è meglio che sia a lui a decretare in quale pizzeria sia meglio mangiare per me. Montale avrebbe fatto l’idraulico.

        A mio avviso l’idea che esista una conventicola di tecnocrati il cui giudizio su qualcosa che è un bene comune come la città sia più importante di quello del mio portinaio è preoccupante. Inoltre nel solipsismo dell’articolo viene tralasciato un estremo importante della questione: la casalinga di Voghera e l’uomo della strada le case le comprano e l’architettura la usano. Io penso, mi sembra evidente, che sia io che Terna preferiremmo di gran lunga abitare in una casa di Umberto Riva o Sverre Fehn che in una di Zaha Hadid in Fiera. Eppure la Hadid è l’Archistar. L’abbiamo deciso noi architetti o l’ha deciso il mercato? e chi è il mercato? Continuando il sillogismo di Terna, il giudizio/pensiero della Hadid dovrebbe avere più valore di quello di Riva in virtù di quanto di più ha lavorato la Hadid? Ecco che sia arriva quindi al vero tema…non è solo la formazione non è solo l’esame di stato e non nemmeno la professione a definire un architetto. Preferirei di gran lunga parlare di città o architettura con Chomsky che con Fuksas.

        Insomma, da qui in poi penso di non avere più gli strumenti culturali per continuare questo simpatico dibattito, il rischio di cadere nel noiosissimo e politically correct “…non disputandum est” è molto alto.

        Però devo ammettere, forse scusandomi, che il mio problema è derivato da una certa prosopopea che traspariva dall’articolo e soprattutto dai primi commenti…prosopopea che poi non ho più registrato nel proseguire. per questo penso di potermi ritirare in buon ordine, ringraziando Terna. Perché l’idea di fondo della produzione critica di Diego (passo al nome e al tu…ti ho un po’ googlato) io la apprezzo. Apprezzo molto anche la tua prosa, che trovo molto ironica e piacevole. Cosa veramente atipica tra noi architetti. Piacevolezza che invece non ho ritrovato nell’articolo della Canducci che anzi è molto più fastidioso nel tono di quanto lo possano essere stati Terna e Rapp.

        E qui, nel concludere, cambio registro perché non vorrei darvi un’idea sbagliata: non sono un intellettuale, io voglio essere l’uomo “della strada” che si fotte “la casalinga di Voghera” prima ancora di essere un architetto, soprattutto oggi e in questa città.

        pp

        ps…non male l’idea di questo sito. parte della mia polemica è motivata anche dalla volontà di aiutarti a vincere il premio. sei un brain, no?

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    2. Davide Rapp 9 anni fa

      Caro Architetto Parolino Parolino. Mi scuso per aver dedotto erroneamente che il suo nome fosse uno pseudonimo: come ha fatto anche lei, prima di scrivere ho cercato informazioni su google e non avendo trovato nessuna corrispondenza per il suo nome, nemmeno sulle pagine di un qualsiasi ordine che di solito indicizza tutti gli iscritti, ho pensato si trattasse di un nome fittizio. Non che il numero di risultati su google sia sinonimo di credibilità, beninteso. Chiedo nuovamente scusa, ognuno ha il nome che ha, anche se non capisco perché secondo lei dovrei scrivere su un sito del genere e commentare un post che parla di città e architettura utilizzando un nome di fantasia che allude ad un un genere musicale, storpiandolo…mah. Passiamo oltre.

      Vorrei commentare brevemente il post in cui ha citato i miei commenti. Definisce le mie risposte ‘veramente proterve’. Analizziamole. A Marco Giovanniello ho fatto notare la povertà del suo commento in cui si tende a semplificare l’intero articolo alla diatriba PD versus Pisapia. Giovanniello non parla di ‘cittadini’ ma di ’iscritti’, facendo corrispondere l’appartenenza ad un partito la licenza di giudizio sull’architettura. Per conto mio, se si vuole far passare l’idea che aver studiato architettura, essere architetti, lavorare come architetti, fare ricerca come architetti e scrivere di architettura non legittimino Terna, il sottoscritto ed altri a spendere parole in difesa di un progetto, di certo essere iscritti al PD (o a qualunque altro partito) questa stessa legittimazione non può darla. Del resto lo stesso Giovannello ha le idee poco chiare, nel dubbio chiede infatti ad ‘amici architetti ed esperti d’arte’, dimostrando che – quando fa comodo – per supportare le idee più bislacche il giudizio di un’esperto fa sempre comodo. Sempre a Giovannello ho fatto notare come l’affermazione “expo gate cancella la prospettiva del castello” sia falsa e facilmente smentibile con ‘prove fotografiche’, fornite infatti da Diego (mi stupisce che Giovannello non abbia poi risposto ‘ah ma voi architetti con quel Photoshop lì manipolate la realtà, non ci fregate !!11!’). Non capisco come questi miei due commenti, circoscritti e precisi, possano essere definiti ‘protervi’, ma mi adeguo e cambio dizionario di riferimento.

      Proseguendo, trovo che la discussione si sia molto allontanata dal contenuto originale del post che punta ad analizzare e smontare frase per frase il testo della petizione del circolo PD. La petizione unisce idee, frasi e giudizi che puntano verso direzioni diverse e tra loro contraddittorie. Ci sono molti errori, imprecisioni ed informazioni false, facilmente smontabili e smentibili da chiunque sia dotato di una sana curiosità nel verificare le cose. L’articolo di Diego fa questo e considero inutile spostare il discorso su contrasti interni tra architetti che si sentono più o meno legittimati nel commentare – come ogni cittadino – ciò che accade. Okey, come architetto il mio parere non vale più degli altri – sono d’accordo, sul serio – ma sicuramente non può valere di meno. Siamo in un paese che ospita il 27% degli architetti europei (una marea) eppure chiunque si sia cimentato in questa professione si è imbattuto più di una volta in clienti e cittadini che prima ancora di salutare precisano ‘buongiorno, sono un architetto mancato’. Insomma la frustrazione non manca perciò non cadiamo nel tranello di parlare sempre di noi stessi. La questione è partita da una petizione povera nel linguaggio e nei contenuti, è proseguita con un articolo che continuo a considerare preciso e puntuale, è purtroppo proseguita con ‘un articolo sull’articolo sulla petizione’ scritto dalla Canducci, di nuovo povero nel linguaggio e nei contenuti, dove si parla di ignoranza, innovazione, cricche di intellettualoidi, e generici manuali di buona architettura, ma non si sa nemmeno distinguere tra modernità e contemporaneità. Le parole sono importanti (Diego non ho resistito, Moretti l’ho citato anche io).

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      1. Parolino Parolino 9 anni fa

        Rapp, ma lei legge prima di scrivere? Capisco la fretta, ma così perdiamo tempo e basta. Ho detto più volte e fin dall’inizio che io lo spunto dell’articolo lo sottoscrivo e condivido. Proprio per questo i commenti mi avevano inalberato perché, appunto, gratuitamente protervi. Sia nel tono che nella scelta delle parole. Quanto al non aver trovato traccia del mio nome negli ordini professionali la risposta è semplice. Sono in pensione e totnato in Italia da pochi mesi. Ho lavorato tutta la vita in Belgio come architetto.
        Quanto all’aver travisato il suo nome mi scusi, ma dato quello che ho letto ero convinto lei fosse un ragazzino ed è tipico dei ragazzi giovani e appassionati come lei mischiare insieme più passioni e interessi. A presto.

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      2. Davide Rapp 9 anni fa

        Purtroppo è lei che non legge quello che scrivo o non sa quello che scrive. Io ho risposto a lei e al suo commento lapidario. Ho poi detto: basta parlarsi addosso, parliamo dell’oggetto dell’articolo: la petizione, quello che dice, come lo dice e perché lo dice. Se questo non le interessa e se vuole continuare a spostare il discorso faccia pure, senza di me. Grazie per il ragazzino, fa sempre piacere sentirselo dire. Pensavo che screditare le parole di qualcuno buttandola sull’età fosse ormai démodé, ma devo ricredermi: è assolutamente alla moda e ‘protervo’ quanto basta. Due parti di scontro politico (Pisapia VS PD), una parte di lotta intestina (architetti progressisti VS architetti passatisti), una spruzzata di scontro generazionale e la ‘caciara’ è fatta. Che poi per inciso io ho 34 anni. Bho. Bha. Quanta amarezza.

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      3. Parolino Parolino 9 anni fa

        Suvvia Rapp! Stia su, che la amarezza è ben altra cosa. Non volevo offenderla. Cordiali saluti.

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