La Triennale di Milano per un architetto classe 1970

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16 Maggio 2016

Triennale di Milano (1)

Se si potesse scattare una fotografia nel mio cervello quando ricordo le sensazioni dell’università, sono sicura che, potendovela inviare, vedreste per lo più immagini in bianco e nero di simboli indiscussi del design e dell’architettura, pilastri inconfutabili e non criticabili, idoli davanti ai quali era permesso solo chiudere gli occhi, abbassare la testa e pensare “Non potrò mai essere all’altezza, questa è architettura sublime, frutto di un’intelligenza superiore e irraggiungibile”.Così credo che siano cresciuti, al Politecnico di Milano, quelli della mia generazione… Adorando i miti, ossequiando i maestri, seguendo e copiando i geni. I meno ambiziosi, come me, si sono limitati a cercare di capirne il vero valore e ad imitare le procedure progettuali spiandone i disegni, altri invece, presi da un ovvio senso di onnipotenza, li si poteva scorgere mentre cercavano di tenere la matita in mano come Frank LLoid Wright o arrivare in aula con improbabili occhialetti tondi alla Le Corbusier, o indossare giacche con mille tasche per aver sempre la matita bella a portata di mano e altri ancora li vedevi riempire tovagliette di carta bisunta in pizzeria con gli amici per spiegare com’era fatta la sua casa nuova disegnandone la planimetria…

Insomma, questo per dire che noi, degli anni ’70, abbiamo fatto un corso di laurea molto riverente ed ossequioso verso gli architetti delle generazioni precedenti. E in questo clima, per tutti noi, La Triennale di Milano è sempre stata non solo un luogo, non solo un’Esposizione, ma ancor prima un concetto fondamentale da conoscere, da sapere, da capire. Le installazioni e le sperimentazioni dagli anni ’30 agli anni ’80 hanno rappresentato per noi una sorta di manifesto. Concetti da sviluppare, da ripetere e da non mettere MAI in discussione.

Triennale di Milano (2)

Per questo motivo, io personalmente sono molto affezionata a questa grande Esposizione Internazionale e sono felice che, dopo tanti anni, Sabato 2 aprile, a meno di un anno dall’Expo Milano 2015, è iniziata la XXI Esposizione Internazionale Triennale di Milano dal titolo XXI Century. Design After Design.

Sono molto felice che Milano continui, senza sosta, a riproporsi indossando queste vesti e consapevolizzi sempre di più il fatto di essere una metropoli certamente dura e severa, ma pronta ad accogliere chi, come me, cercherà di vedere le innumerevoli mostre e installazioni che animeranno la vita culturale e sociale del prossimo semestre.

In questo periodo, oltretutto, dove la paura dei luoghi affollati è molto presente, l’idea che continui questo fil rouge (prima Expo, ora la Triennale e in mezzo tantissime altre iniziative) di grande fervore culturale, questa esigenza di “andare a vedere”, di essere insieme ad altra gente, di poter condividere, è secondo me una delle armi più potenti per sconfiggere qualsiasi nemico.

Il mio consiglio è quello di approfittare della bella stagione per partire alla riscoperta di una città che non smette di riservarci sorprese e che ha, negli ultimi anni, messo a punto molteplici strategie per promuovere una migliore qualità della vita che fonda le sue radici nello sviluppo della conoscenza e nell’educazione alla cultura. Questa Esposizione Internazionale Triennale 2016  ci darà davvero modo di percorrere Milano (e non solo) in lungo e in largo. Infatti, non saranno solo il Palazzo dell’Arte e il Parco Sempione ad essere coinvolti, ma tanti altri luoghi meravigliosi.

Triennale di Milano (3)

Ma dove nacque davvero questa Esposizione e cosa ha proposto in tutti questi anni?

La Triennale di Milano è stata fondata a Monza nel 1923 in occasione della I Biennale delle Arti Decorative. Le prime quattro esposizioni del ciclo si svolsero infatti nella Villa Reale di Monza, con la partecipazione di molti grandi  artisti. Successivamente, venne trasferita a  Milano nel 1933, anno della costruzione del Palazzo dell’Arte progettato da un architetto del regime, Giovanni Muzio.

La Triennale si è posta come obiettivo, sin dalla sua nascita, lo stimolo dell’interazione tra industria, mondo produttivo e le arti applicate. In questa ottica, negli anni, la Triennale ha sempre assunto un ruolo di amplificatore mediatico per l’innovativo ambiente italiano.
Gli esempi, gli studi, gli esperimenti e le proposte del primo ventennio si sono articolate dapprima quasi a intraprendere un esercizio incessante legato allo stile, al senso estetico, all’esperienza velleitaria e ambiziosa. Nel dopoguerra, invece, l’innovazione che porta soluzione diventa un’esigenza.

Triennale di Milano (4)

Non a caso, l’VIII Triennale del 1947, ebbe come tema “L’abitazione”. La centralità del problema della ricostruzione venne inteso come problema sociale ancor prima di considerarlo un problema pratico. L’impresa di questa edizione fu la creazione del Quartiere QT8 che è ancora oggi, forse più di prima, perfettamente inserito nella metropoli e, pensato come una sorta di esperimento 70 anni or sono, può considerarsi un’urbanizzazione direi molto ben riuscita. Insieme al QT8, di questa Triennale, ci resta in eredità la meravigliosa montagnetta di San Siro, correttamente chiamato Parco Monte Stella.

Negli anni ’60 si tratterà il tema della casa e della scuola fino ad arrivare agli anni di piombo che addirittura, nel 1968, impediranno l’edizione causa una contestazione violenta poche ore prima dell’inaugurazione.
Seguiranno anni di provocazione anche nell’ambito artistico, quasi come una contestazione non riconoscibile come tale perché travestita da opera d’arte.
Alla fine degli anni ’70 entrano nel panorama dell’innovazione la moda e gli audiovisivi, ma già alla fine degli anni ’80 il nuovo tema parla chiaro “La città del mondo e il futuro della metropoli”, una Triennale incentrata sul problema della complessità della città.

Triennale di Milano (5)

A seguire, nel 1992, esattamente 24 anni fa, la Triennale è già focalizzata su temi riguardanti il rapporto tra vita, tecnologia e ambiente. Il tema è molto esplicito: La Vita tra Cose e Natura: il progetto e la sfida ambientale.
E poi ancora nel 1996 si parla di differenze, pluralità, globalizzazione e cambiamenti fino all’inizio del XXI secolo, nel 2001 dove viene ampiamente affrontato il tema della sostenibilità nella vita quotidiana.

Questo a dimostrare che gli argomenti della Triennale di Milano hanno sempre rappresentato una “porta verso il futuro” sviscerando tematiche divenute parte integrante del nostro bagaglio culturale influendo positivamente sui nostri comportamenti.
Per questo motivo è importante e propedeutico andare a scoprire, anche questa volta, di cosa si tratta.
E non importa assolutamente essere architetti, designer o intellettuali del settore per poter assorbire nuovi stimoli o nuove proposizioni, basta solo aprire la mente e lasciarsi affascinare!

Triennale di Milano (6)

Paola Caneva

manoxmano

TAG: architettura, arte, città, Cultura, design, design after design, esposizione internazionale, eventi, milano, Mondo, palazzo dell'arte, tematiche, triennale, triennale di milano, xxi century, xxi edizione
CAT: Architettura e urbanistica, Milano

Un commento

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  1. miche-cremonesi 8 anni fa

    Una domanda per l’autrice (Paola Caneva o Giulia Greco?): ma per caso sono presenti due articoli allo stesso link? perché le premesse i tono della prima parte non mi sembrano coincidere con la seconda… magari sbaglio. grazie per la risposta, il tema è molto interessante.

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