Cronaca
Airbnb. Le città denudate
Parto dalla parola. Airbnb è una contrazione di Airbed & Breakfast. E nasce come offerta di un materasso ad aria per la notte, e la mattina una bella colazione. Una cosa che suonava di passaggio e accoglienza. Ieri la degenerazione dell’affitto di un giaciglio con caffè e cornetto ha toccato il limite. Forse, ripeto, forse, è un bene, perché fa esplodere il bubbone. Non possiamo più accettare che ci siano case vuote per buona parte dell’anno, tanto bastano pochi mesi per fare incasso. Non possiamo più accettare il pensiero, l’azione, di un essere come quello che ha sfondato il muro insieme ai poliziotti in antisommossa, per buttar fuori nuclei familiari (uso questa formula perché si intende una compattezza, nel cercare di vivere dignitosamente), persone che non avevano mai mancato un pagamento, tra l’altro. Chiamo essere l’uomo trasformato in tasca, in contabile di se stesso, in speculatore che se ne fotte altamente delle vite degli altri. Insomma, l’uomo fa schifo, se glielo permetti. Se può impugnare la legge. Ma solo se gli conviene. Per il resto cercherà sempre di fotterla (ripeto il verbo madre, come il lievito che si autoriproduce). Non mi avventurerò anch’io in analisi sul termine fascista, ma tutti quelli che giustificano, incarogniti o altezzosi alla tastiera, fino a rendere eroico questo tipo, lo sono. Se ne facciano una ragione, quei pochi di loro, ormai, che rifiuterebbero l’appellativo miserabile. Quindi, appurato che esistono i miserabili per natura, o per opportunità, la legge deve inventarsi qualcosa, per contenerli. Per non far avvelenare il tessuto sociale. Non mi viene altro modo per definirlo, per definirci: il tessuto veste. Il dilagare dell’Airbnb, denuda.
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