Giornalismo
Netanyahu alla sbarra nel 2030? Haaretz se lo immagina a dire: “Il 7 Ottobre per me una grande opportunità”
Il quotidiano israeliano Haaretz, storicamente espressione della sinistra sionista moderata e favorevole a un dialogo coi palestinesi, pubblica un racconto un su un immaginario processo politico di riconciliazione collocato – ottimisticamente – nel 2030, nel quale Netanyahu rivendicherà di aver inteso gli attacchi terroristici del 7 Ottobre del 2023 come una grande occasione per fare piazza pulita di Gaza, e di cementare l’odio anti-arabo da sempre collante unico del suo elettorato e della sua azione politica.
“Il 7 ottobre? Per gli altri è stata una tragedia, per me una grande opportunità.”
Questa frase shock è immaginata dal caporedattore di Haaretz, Aluf Benn, come parte della testimonianza che Benjamin Netanyahu potrebbe rilasciare nel 2030 davanti a una Commissione per la Verità e la Riconciliazione istituita in Israele dopo la fine del suo regime.
Nella finzione distopica dell’articolo, Netanyahu ha 80 anni, la schiena curva ma la voce ferma. “Non capisco perché mi avete invitato. Che ho a che fare io con la verità?”, esordisce con il cinismo che lo ha sempre contraddistinto. Il leader che per decenni ha dominato Israele si presenta davanti a un pubblico che attende la sua versione sull’interminabile guerra contro Gaza.
Quando gli viene chiesto perché abbia scelto di prolungare il conflitto, Netanyahu risponde con una lucidità brutale: “Sapevo che il mio elettorato era unito solo da una cosa: l’odio per gli arabi. È ciò che ho alimentato per anni: dalle manifestazioni contro Rabin, ai patti con razzisti come Ben-Gvir e Smotrich. Il 7 ottobre, mentre gli altri vedevano un disastro, io vedevo una chance: alzare la dose di veleno e spingermi oltre i limiti”.
Nel racconto di Benn, Netanyahu ammette di aver rigettato ogni proposta di scambio per liberare gli ostaggi israeliani pur di portare avanti la devastazione di Gaza, convinto che “i morti palestinesi rafforzassero il consenso”. Nessun discorso di sicurezza, nessuna strategia reale: solo la volontà di nutrire la propria base elettorale con guerra, paura e sangue.
Per la prima volta, nella finzione, Netanyahu confessa. E i commissari, sbigottiti, riconoscono: “Pare che stavolta abbia detto la verità”. Una verità che pesa come un atto d’accusa.
Benn costruisce un futuro possibile, ma inquietante. Dove il vero crimine non è solo la guerra, ma l’averla usata per calcolo politico. E se il 7 ottobre è stato la tragedia di un popolo, per Netanyahu – secondo questa spietata parabola – è stata davvero l’occasione perfetta.
Immagine di coopertina, licenza creative commons,
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