
Italia
Il messaggio intimo, sofferto e colmo di speranza della piazza
Mai, come nel frangente che si sta consumando, l’Italia si è trovata a essere considerata, nella sua storia repubblicana, in una posizione morale tanto bassa.
23 Settembre 2025
Le piazze di tante città d’Italia, ieri, hanno ridato speranza al paese. La gente comune, al di là delle sigle politiche e le intemperanze di qualche esagitato e, molto probabilmente, dei soliti infiltrati dei servizi deviati, ha manifestato la propria civile insofferenza per una tragedia umanitaria che la coinvolge oltre modo, fino a rifiutare con fermezza ogni posizione inerme, passiva e di indifferenza di fronte all’orrore di un genocidio, perpetrato da una nazione esasperatamente sovranista. Vi è una miriade di persone che non vuole essere indicata come complice di criminali del calibro di Netanyahu e dei suoi ministri. Una parte consistente e significativa della popolazione di questa repubblica non ha nessuna intenzione di condividere Con Giorgia Meloni, lo status di collaborazionista dei genocidari. Tante coscienze, sganciandosi dai dettami di una comunicazione artefatta e mistificatrice hanno ritenuto che è venuto il momento di scegliere da che parte stare, in quanto la storia, quella che con la giusta distanza e cognizione verrà raccontata dagli antropologi del futuro, sta ormai registrando il frangente finale di una colossale e disumana catastrofe, dove la violenza dell’uomo nei confronti si suoi simili ne contraddice l’evoluzione.
Mai, come nel frangente che si sta consumando, l’Italia si è trovata a essere considerata, nella sua storia repubblicana, in una posizione morale tanto bassa, dove l’esecutivo, tra menzogne e dichiarazioni infide, agisce e si comporta rinnegando la sovranità dello Stato, reso servo sciocco e malvagio di Stati Uniti e Israele, svilendo l’identità culturale di un luogo che è stato un faro spandi luce per la civiltà occidentale.
Potranno ancora, le italiane e gli italiani, continuare a sostenere chi rappresenta la loro nazione in una maniera tanto inefficace e subdola? Siamo al punto che non basta più dire «Io non li ho votati!» Ora occorre affermare, senza reticenze: «Io non voglio che continuino ad alienare la nostra esistenza, a imbruttire la vita pubblica, a ridurci a dei poveracci nella trascuratezza di ogni principio che salvaguardi la dignità umana!» Bisogna che ognuno di noi torni a pensare come un essere umano storicamente determinato e, come sosteneva Gramsci, in veste di filosofo diventare “portatore di una propria filosofia, per quanto disorganica, fatta essenzialmente di senso comune”. Si fa fatica a pensare che si possa continuare a soffrire le affermazioni quotidiane di un Salvini, o di un Tajani, che dimostrano ogni volta di essere avulsi da una realtà sociale a cui, in veste di politici e ministri, dovrebbero in qualche modo sovrintendere. Così, le loro ovvie e scoraggianti esternazioni finiscono per assurgere ad avvilente testimonianza di una scarsa conoscenza dei problemi e dell’umore della collettività. A partire da questo dato, si misura l’incapacità abnorme del governo di stabilire un rapporto con i bisogni e le esigenze più impellenti della collettività, gran parte della quale è, almeno in teoria, consapevole di non essere interessata da una finalità che persegue il bene comune e una morale pubblica.
La speranza, manco a dirlo, si riferisce alla possibilità di un futuro migliore, che non può essere concesso dallo Spirito Santo, ma dall’azione cosciente, edotta e informata delle donne e degli uomini che nutrono ancora fiducia nel perseguire una causa giusta. Un impegno razionale da muovere in direzione dei nostri desideri, così come dimostrato nella giornata straordinaria di ieri.
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