foto dei volenterosi a Londra

Italia

L’Illusione del pontiere e la realpolitik dei volenterosi: l’Italia nel labirinto internazionale

La strategia fallimentare di Palazzo Chigi la esclude dalle decisioni cruciali sull’Ucraina, lasciando l’Italia in una condizione peggiore dell’Europa già in balia di dinamiche esterne.

18 Maggio 2025

Il tentativo di Palazzo Chigi di ergersi a “pontiere” tra Europa e Stati Uniti si rivela, con il passare dei mesi, un’operazione di politica estera tanto ambiziosa quanto fallimentare. Lungi dal conferire all’Italia un ruolo di mediazione privilegiato, questa strategia ha condotto il paese in un vicolo cieco di irrilevanza internazionale e ponendolo in una situazione ben peggiore della precaria posizione dell’irrilevanza europea sullo scacchiere globale.

L’assunto di base, ovvero la necessità di un’intermediazione italiana tra Washington e il continente europeo, si dimostra sempre di più un paradigma infondato. Le dinamiche diplomatiche recenti, con i colloqui diretti tra Macron e Stramer con il presidente Trump, e le comunicazioni del Segretario di Stato Rubio con altri omologhi europei (tranne l’italiano Tajani), evidenziano l’assenza di un bisogno di mediazione italiana e dell’amica Giorgia Meloni. La Farnesina, più di Palazzo Chigi, è relegata ai margini, non è coinvolta nei dossier cruciali, mentre le decisioni strategiche si delineano altrove.

L’attuale fase delle trattative sull’Ucraina rappresenta un banco di prova decisivo per l’influenza europea. In gioco vi sono le garanzie di sicurezza per Kiev, con la possibilità di una missione militare internazionale sul territorio (che se non sarà europea, potrebbe magari essere cinese o indiana). L’esclusione dell’Europa da questo processo decisionale, con il potenziale coinvolgimento di forze extra-continentali, segnerebbe un precedente storico allarmante. L’analogia con il continente africano, dove le dinamiche di potere esterne spesso prevalgono, è inquietante e sottolinea la necessità di una partecipazione attiva dell’Europa. Rimane inspiegabile di come a Roma non lo si riesca a capire.

La necessità di una partecipazione attiva alle trattative concernenti il conflitto ucraino trascende le singole posizioni nazionali sul merito della guerra. L’imperativo primario risiede nella salvaguardia della capacità decisionale europea. Rimanere ai margini di questo processo significa abdicare alla propria sovranità strategica, consentendo ad attori esterni di definire gli assetti futuri del continente. Indipendentemente dalle diverse sensibilità politiche sulla crisi ucraina, l’esigenza di far sentire la voce dell’Europa in questa fase cruciale è ineludibile.

L’evoluzione del contesto geopolitico ha delineato un quadro in cui l’Europa e i suoi stati membri emergono come attori indeboliti. Intrappolata in una zona grigia definita da posizioni ambigue, paralizzata da una burocrazia elefantiaca e afflitta da una palese inadeguatezza politica, l’Unione Europea rischia di subire passivamente le conseguenze di dinamiche che non è riuscita a governare. Questa sconfitta strategica si manifesta nell’incapacità di esercitare un’influenza decisiva sul corso degli eventi e nel rischio concreto di essere esclusa dalle decisioni che ne plasmeranno il futuro. Per questo la strada dei “volenterosi” è l’unica alternativa logica possibile all’irrilevanza.

L’atteggiamento attendista di Meloni, motivato dalla paura di irritare Washington, si traduce in un’inerzia dannosa. La priorità sembra essere quella di preservare un’immagine di allineamento con gli Stati Uniti, a scapito della capacità di incidere sulle decisioni strategiche. La frustrazione derivante da questa marginalizzazione si manifesta in un’ostilità controproducente nei confronti della Francia e di Macron, un atteggiamento critico che distrae dalle questioni fondamentali e che nasconde l’idea (bislacca) di un protagonismo francese in questo contesto. La Francia (al pari degli altri europei) è relegata nell’angolo, ed è proprio per questo che cerca di fare sponda con i partner del Continente. Non capirlo e pensare che agisca per sgambettare i piani di Giorgia Meloni è un errore politico; fatto che, parafrasando Fouché, è peggio di un crimine.

Ma forse la chiave di lettura della politica estera italiana sembra emergere dalle dichiarazioni del Segretario Fazzolari di ieri parlando dell’ (evanescente) opposizione: “Possibile che non si rendano conto che ben pochi italiani apprezzano il confuso attivismo di Macron sull’Ucraina? Gli italiani sono ben felici di non essere più governati da gente che si limitava ad assecondare le scelte altrui, anche quando insensate, in cambio di una pacca sulla spalla o di una foto di gruppo“. Ecco spiegato l’arcano. L’obiettivo primario, più che la tutela degli interessi nazionali, sarebbe quello di capitalizzare  elettoralmente le scelte di politica estera. Che dire di questa tattica? C’est énorme!

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