In una visione tecnologica  della società gli individui stessi sono dati, cellule atomiche che possono essere scambiate e vendute,  fino alla coincidenza con la loro smaterializzazione.

Italia

Senza bussola nell’Era Tecnologica

29 Luglio 2025

Parliamo molto di intelligenza artificiale ma la conosciamo poco, inoltre, ci informiamo pressoché solo su internet. Basta questa combo per dire che stiamo navigando un po’ alla cieca nella era post-rivoluzione tecnologica?

L’ultimo report FragilItalia, realizzato da Area Studi Legacoop e Ipsos, ha focalizzato il tema Intelligenza artificiale e ruolo della tecnologia sulla base dei risultati di un sondaggio condotto in 30 paesi, Italia inclusa.

Lo studio offre uno spaccato interessante e ampio sulla percezione e l’impatto della tecnologia, e in particolare dell’Intelligenza Artificiale (IA), sulla vita degli italiani e nel contesto globale. Qui, tuttavia, mi soffermo su due epifenomeni di questa fase della transizione digitale, che paiono piuttosto cruciali, ossia: una significativa carenza di comprensione dell’IA tra gli italiani e un ormai totale cambiamento nel modo in cui le persone si informano grazie alla tecnologia.

Una delle criticità più evidenti che emergono dal quadro globale è la percezione che gli individui hanno della propria comprensione dell’Intelligenza Artificiale. A fronte di una media del 67% degli adulti in 30 paesi che dichiara di avere una buona comprensione di cosa sia l’IA, l’Italia si posiziona significativamente al di sotto di questa media, con solo il 41%, ossia nella penultima posizione a livello internazionale, appena sopra il solo Giappone (25%).

La situazione si aggrava ulteriormente quando si considera la conoscenza dei prodotti e servizi che utilizzano l’IA. Mentre il 52% della media dei 30 paesi dichiara di sapere quali tipi di prodotti e servizi utilizzano l’Intelligenza Artificiale, in Italia solo il 35% degli intervistati afferma di saperlo. Anche in questo caso, l’Italia si trova nelle posizioni più basse a livello globale, pari al Giappone. Questa mancanza di consapevolezza sui prodotti e servizi concreti che impiegano l’IA conferma che la comprensione di questo fenomeno da parte degli italiani, per quanto molto se ne parli, è ancora molto limitata o quanto meno astratta.

Questa carenza di conoscenza potrebbe essere correlata a un più elevato livello di ansia percepita rispetto all’avanzata dell’IA. Sebbene la media dei 30 paesi riporti che il 40% degli intervistati si sente ansioso, in Italia questa percentuale sale al 56%, e si accompagna a una minore convinzione che i prodotti e servizi basati sull’IA presentino più vantaggi che svantaggi: solo il 55% degli italiani, infatti, è d’accordo con questa affermazione, rispetto a una media globale del 64%. Questi dati suggeriscono che una minore comprensione possa alimentare sia l’ansia che una percezione più scettica dei benefici netti dell’IA, evidenziando l’urgenza di iniziative volte a migliorare l’alfabetizzazione digitale e la comprensione dell’IA nel paese.

Parallelamente alla sfida della comprensione dell’IA, il rapporto evidenzia come la tecnologia abbia come è noto già avuto un impatto trasformativo sulla quotidianità anche degli italiani negli ultimi cinque anni, e l’ambito in cui tale cambiamento è stato percepito in maniera più determinante è senza dubbio quello dell’informazione.

Secondo l’indagine, un impressionante 90% degli italiani dichiara che la tecnologia ha cambiato in maniera determinante il modo di informarsi, con una percentuale di gran lunga più alta tra tutte le attività quotidiane esaminate.

A una certa distanza infatti, si collocano tutti gli altri mutamenti che la tecnologia ha comportato nei vari aspetti della vita quotidiana, come il “Vivere la mia giornata” (72%), il “Viaggiare” (66%) e il “Relazionarmi con gli amici” (64%). L’impatto è stato meno marcato su sfere più personali come le “Relazioni famigliari” (55%) e, a dispetto delle apparenze, la “Vita amorosa e sentimentale” (37%), che sono gli ambiti su cui la tecnologia ha impattato meno.

In generale, le trasformazioni che stiamo attraversando vedono prevalere visioni piuttosto pessimistiche, dal momento che secondo molti italiani, le nuove tecnologie porteranno a una maggiore dipendenza, a una compromissione della privacy e a un profondo cambiamento del mondo del lavoro. Lo spettro della disoccupazione tecnologica e l’erosione della sfera personale sono percepiti come rischi reali. Al primo posto, tra le preoccupazioni, l’aumento della dipendenza dalla tecnologia (40%, ma 50% al Centro Italia), la compromissione della privacy (33%; 40% tra le donne e al Nord Est), le radicali trasformazioni del modo di lavorare (30%), la perdita di posti di lavoro e l’aumento dei disoccupati (23%; 34% nel ceto popolare), la concentrazione del potere nelle mani di pochi e ricchi (22%).

In conclusione, mentre la tecnologia ha già plasmato profondamente il modo in cui gli italiani accedono all’informazione e vivono la loro quotidianità, persiste un’importante lacuna nella comprensione proprio di una delle sue branche più emergenti e impattanti per il futuro: l’Intelligenza Artificiale. Riconoscere questa carenza è il primo passo per promuovere una maggiore consapevolezza e una partecipazione più informata al futuro tecnologico.

I due fenomeni considerati come conseguenza nella diffusione delle tecnologie, evidenziano che siamo nel mezzo di una rivoluzione silenziosa ma vorticosa che non può essere lasciata a sé stessa o, peggio, al solo mercato. È necessario promuovere conoscenza, consapevolezza e un approccio critico alle nuove tecnologie, affinché l’innovazione non sia vissuta con paura o distacco, ma come leva di inclusione, sviluppo sostenibile e giustizia sociale. Il futuro non è scritto: sta a noi decidere se queste trasformazioni saranno al servizio delle persone o se lasceranno indietro i più fragili lavorando, al contrario dello sviluppo, per approfondire ulteriormente polarizzazioni, divari e diseguaglianze.

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