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Educare contro la violenza. Anche quella contro le donne

di Caterina Bonetti
25 Novembre 2017

Nella giornata contro la violenza sulle donne, oltre a ricordare le vittime, potremmo forse fare una breve riflessione su ciò che dovremmo – o non dovremmo – insegnare ai nostri figli. Su ciò che dovremmo garantire alle donne per renderle davvero libere di denunciare e liberarsi.

  • Dovremmo insegnare ai nostri figli a sopportare le frustrazioni, i no, il fatto che una donna (o anche un uomo) può non volerti frequentare, può non voler più stare con te. Dovremmo insegnargli ad affrontare il dolore, ad accettarlo come un fatto della vita. Dovremmo insegnare che non tutto è a “a disposizione” e che non esistono persone che ci appartengono, ma solo persone che decidono di fare un pezzo di strada – lungo o breve che sia – al nostro fianco. E che questo pezzo di strada ha senso solo se siamo liberi.
  • Dovremmo insegnare alle nostre figlie e ai nostri figli che la violenza non è mai segno di amore, che la gelosia, il possesso, il controllo non significano che una persona ci tiene. L’amore è amore. Tutto il resto è egoismo.
  • Dovremmo smetterla di raccontare alle bambine che se il compagno di classe le prende in giro o le spintona durante la ricreazione è perché “gli piaci” e non sa come dirlo. Sembra una sciocchezza, un piccolo gesto consolatorio con cui spiegare facilmente un processo comune fra i più piccoli. Ma nella testa dei più piccoli le cose sedimentano in profondità: se il compagno ti spinge non sta facendo una bella cosa e deve smetterla. Non significa altro.
  • Dovremmo dare a tutte le ragazze e le donne la vera parità, che è parità economica e di trattamento lavorativo. Dovremmo dar loro maggior sostegno se decidono di fare figli e ricordare loro che il lavoro è importante, non come valore in sé, ma perché crea indipendenza e possibilità di scegliere. Una donna senza lavoro, con uno stipendio insufficiente, magari con dei figli da seguire avrà meno possibilità di dire “basta”, anche alle situazioni più difficili.
  • Dovremmo imparare ad ascoltare, a prestare attenzione. Perché i segnali spesso ci sono, ma le famiglie, gli amici, sono troppo presi dalle urgenze del quotidiano per badarci.
  • Dovremmo rifiutarci di acquistare o seguire qualsiasi media che ancora oggi usi termini come “omicidio passionale”, “delitto d’amore”, “accecato dalla gelosia”. Le parole fanno le cose.
  • Dovremmo reagire con forza ai linguaggi sbagliati, senza soffermarci ossessivamente su minuzie di genere. Radicalizzarci su ciò che ha senso rendere radicale.

Dovremmo essere meno indifferenti, non limitarci a piangere le vittime, non dimenticare mai che la violenza nasce dall’ignoranza e ha radici profonde. Essere comunità educante. Contro la violenza, ma anche per un mondo di relazioni migliori.

donne Educazione femminicidio genere violenza
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