E’ questo il dato che emerge dal nuovo, a tratti scioccante, Rapporto del Fondo Monetario Internazionale (FMI): nel 2015, carbone, petrolio, gas ed altre fonti riceveranno sovvenzioni pari a 10 milioni di dollari al minuto, per un ammontare annuo pari a 5.300 miliardi di dollari, ovvero circa il 6.5% del PIL globale.
Il dato, sconvolgente, mostra come nonostante i prezzi dell’energia siano calati in tutto il mondo, i sussidi al netto delle imposte non siano solo rimasti alti, ma siano anche cresciuti, risultando per l’anno 2011 anche il doppio più grandi rispetto a stime di Rapporti precedenti.
Ma cosa sono, quando si verificano e, soprattutto, come si calcolano i sussidi?
I sussidi al consumo si definiscono e si verificano quando il prezzo pagato dai consumatori risulta al di sotto del costo economico totale del prodotto energetico: questa differenza economica, che si definisce “sussidio”, è dunque alternativamente coperta dai governi, nella forma di sostegno di bilancio o ai mancati ricavi, o trasmessa alla società che la “paga” in termini di danni all’ambiente e alla salute.
Illustrando la metodologia applicata, infatti, il Rapporto del FMI definisce il costo totale al consumatore di un “prodotto energetico” (sia esso il carbone, il gas o altra fonte), come composto da tre voci principali: il costo di fornitura, nient’altro che il costo per fornire l’energia ai consumatori, comprensivo di eventuali costi di trasporto e distribuzione; un contributo allo Stato cui si appartiene, come avviene per ogni bene o servizio tramite l’IVA o imposte analoghe; infine, il costo dei danni ambientali, sanitari e sociali causati dalle fonti fossili: le cosiddette “esternalità negative”, come le emissioni di CO2 e l’inquinamento atmosferico locale.
Secondo il rapporto, è proprio in questo tipo di impatti a risiedere l’aspetto cruciale del rapporto sussidi-energia: l’osservata crescita nei sussidi, stimati in 4.900 miliardi di dollari per il 2013 (valore decisamente più alto rispetto a stime precedenti) e proiettati a 5.300 miliardi nel 2015, è da ricercarsi nella crescita dei consumi, sui quali, tra tutti, incide in maniera critica l’utilizzo del carbone, fra le fonti energetiche più inquinanti al mondo non solo in termini di emissioni di gas serra, ma anche per l’incidenza sulla qualità dell’aria a livello locale, determinando danni ingenti alla salute.
Sarebbe dunque proprio l’aumento dei costi per queste esternalità ad aver guidato la crescita dei sussidi a livello globale: come si evidenzia nel grafico in Figura 1, infatti, le componenti legate all’inquinamento dell’aria e al riscaldamento globale – su cui le fonti fossili incidono in maniera prevalente – sono prossime al 70% dei sussidi totali.
Interessante è inoltre osservare la ripartizione geografica mondiale dei sussidi: i paesi emergenti dell’Asia dominano incontrastati, seguiti da un raggruppamento denominato nel Rapporto “Paesi Avanzati” fra cui si annoverano Stati Uniti, Canada, Australia, Giappone, i paesi più sviluppati fra i 28 dell’UE, la Regione Speciale di Hong Kong e la provincia cinese di Taiwan. Ultimo posto, invece, per i paesi dell’Africa sub-sahariana, seguiti dalle economie emergenti dell’UE. E l’Italia?
Con una metodologia e parametri in parte differenti, lo scorso dicembre un Rapporto pubblicato da Legambiente ha cercato di far luce sulla situazione italiana. In base a quest’analisi, nel 2014 il nostro Paese avrebbe visto sussidi alle fonti fossili, diretti ed indiretti, pari a circa 17.5 miliardi di euro.
Sempre secondo questo Rapporto, i settori principali soggetti a sussidi vari in Italia sarebbero quelli relativi ai trasporti (circa 10 miliardi di euro fra autotrasporto, nuove strade e autostrade, trasporto aereo e marittimo, altro) passando poi per quelli rivolti direttamente alle centrali alimentate da fonti fossili (oltre 2 miliardi), per finire con quelli legati alle trivellazioni (circa 1.9 miliardi).
E’ necessario un cambio di rotta, del quale si comincia ad intravedere qualche segnale.
Nonostante lo scenario attuale sui sussidi, infatti, proprio il 2014 è risultato essere il primo anno nella storia recente in cui il PIL globale sia riuscito a crescere (di circa il 3%) pur senza far registrare una crescita nelle emissioni di gas serra rispetto all’anno precedente: un chiaro segnale del fatto che uno sviluppo diverso, slegato dai combustibili fossili, non è solo possibile ma anche alla nostra portata, già oggi.
Nell’anno della COP21 di Parigi, che dovrà consegnare al mondo un nuovo accordo globale che garantisca il mantenimento dell’aumento di temperatura al di sotto dei 2°C alla fine del secolo, sarà necessario prendere misure concrete per pianificare un’economia futura sostenibile, che lasci la maggior parte dei combustili fossili lì dove la natura li aveva sapientemente relegati nel corso di milioni di anni: sotto terra.
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Forse bisognerebbe spiegare come si trasformano l’inquinamento locale dell’aria e il riscaldamento globale in sussidi. Cioè come dei danni ambientali (evidenti) vengono conteggiati in moneta sonante ricevuta dai produttori di energia da fonti fossili. Si intuisce che siano esternalità, ma come viene fatta la conversione? E’ fattibile? Senza nessuna polemica, non è per niente chiaro. E le esternalità coprono più dell’80% di questi famigerati sussidi – forse sarebbe il caso di spiegarlo meglio?