Santa Maria del Fiore si fa bella aspettando il ritorno dei turisti

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22 Febbraio 2021

E’ emozionante poter fare un reportage sulla manutenzione della Cupola del Brunelleschi e trascorrere un’intera mattina con i restauratori dell’Opera del Duomo in una limpida mattina invernale soleggiata ma ventosa e poter salire con loro fino a 90m di altezza con un carrello elevatore.   Sono molto grata a chi mi ha permesso l’avventura, il mio amico di vecchia data Andrea Dainelli, nella squadra degli scalpellini del Duomo dal lontano  1991. E’ approdato nel prestigioso team seguendo la tradizione di famiglia.

Sulla cupola con il carrello elevatore

Andrea e i suoi colleghi mi aspettano all’esterno della cappella lato piazza Santissima Annunziata, ai piedi della piattaforma elevatrice che ci porterà fino alla cupola. Dobbiamo imbracarci e salire. Il vento freddo che arriva da nord si fa sentire e il viaggio può essere problematico.  Salendo mi godo la vista  mozzafiato: tutta Firenze  dal centro alle periferie per finire alle colline. Passo in rassegna i monumenti più importanti e i numerosi tetti rossi.  Guardo in basso, i passanti nella piazza ora sono  minuscoli e poi mi volto indietro  e mi trovo improvvisamente  davanti ad un occhio circolare, una finestra tonda della navata superiore che ho visto per anni solo guardando all’insù, nei libri,  nelle cartoline, nelle guide turistiche. Non è più “ un elemento architettonico di forma circolare, ” è davanti a me  come la finestra della vicina e questa prossimità con un’icona secolare di bellezza mi dà il capogiro.

Dainelli mi riporta nel carrello elevatore che oscilla e mi spiega  che il  restauro va a rimediare ai danni procurati da tre agenti: smog, agenti atmosferici e deiezioni dei piccioni.  Una volta individuato il danno si interviene e io posso vedere chiaramente  il prima e il dopo. A pochi centimetri da me cornicioni ancora da ripulire neri come la pece e gli altri rimessi a nuovo, candidi.

Altro controllo importante è verificare la tenuta del marmo. Con un’asta  si batte sulla lastra e si capisce quanto sia deteriorato nella sua consistenza il marmo che riveste il Duomo, e quanto si possa rimediare all’istante cambiando il ferro che mantiene la tenuta delle lastre o quanto si possa rimandare all’anno successivo. La salita per la manutenzione si effettua due volte l’anno.

Gli operai non sono solo restauratori ma anche degli acrobati. Solo due giorni prima di questa chiaccherata si son calati sulla  cupola dalla terrazza con delle funi come dei veri e propri Diabolik per lustrare le secolari tegole rosse.  Da notare che le tegole danneggiate vanno sostituite con altre che devono vantare almeno 15 anni di invecchiamento come il puro whisky scozzese. I restauratori  dell’Opera del Duomo non  sono dipendenti statali e tutto il loro lavoro viene retribuito grazie ai biglietti di ingresso dei turisti che naturalmente prima della pandemia  non mancano mai,  adesso purtroppo le cose sono cambiate. 

La Bottega del Restauro

Una raffica di vento  fa volare gli strumenti sul pavimento del carrello ed è meglio ritornare a terra.  E’ finita la parte più emozionante della visita ma non certo quella didattica che non è meno interessante.  La mia guida mi accompagna nella Bottega dove vengono restaurate le statue. La Bottega del Restauro è nata nel diciannovesimo secolo,  quando il Duomo conobbe nuova vita grazie al bando di concorso con il quale si assegnavano i lavori per la creazione della facciata in marmo. Bando vinto da Emilio De  Fabris.  La Bottega sfrattò una stalla e ancora oggi conserva la strutta dell’epoca, strumenti compresi.

Parlo con Marcello Del Colle direttore dei lavori, impegnato nel  restauro  alla statua di Celestino V  sacrificato dallo smog fiorentino. Del Colle effettua un restauro integrativo, ossia si toglie il pezzo danneggiato per farne uno nuovo, diversamente dal restauro conservativo con il quale si ripuliscono i pezzi originali. In questo caso   Celestino V viene scolpito di sana pianta da un nuovo blocco di marmo. Un marmo duro che è quello che ha meno resa quando l’opera è appena finita rispetto al marmo morbido,  ma che a lungo termine  resiste molto meglio al passare dei secoli. Del Colle ritiene che il periodo peggiore per la salute  delle opere d’arte sia stato il ventennio degli anni  60-70 del novecento, quando il riscaldamento funzionava ancora con stufe a legna e il carbone rilasciava polvere nera nell’aria e le auto viaggiavano senza limitazioni. Adesso con le nuove norme la situazione è diversa e dagli anni 80’ ad oggi si è avuto un miglioramento notevole.

Colpisce l’aspetto antico della Bottega, aria di altri tempi, di maestri e garzoni,  di scalpellini gelosi del proprio lavoro, con un camino antico e l’incudine dove gli operai ancora oggi  forgiano  gli strumenti che useranno per il restauro, polvere di marmo nell’aria e sgabelli traditori. Vengo a sapere che ogni scalpellino ha il suo stile, come la scrittura. Dai colpi inferti al marmo si risale all’autore anche se questo vuole rimanere anonimo.

Il Museo dell’Opera del Duomo

Il restauro riguarda anche le opere del museo dell’Opera del Duomo a pochi metri dalla Bottega.  Uno dei curatori, l’architetto Piero Guicciardini,  spiega che il criterio ispiratore dei lavori è stato quello della contestualizzazione delle opere quindi ricreare il loro ambiente originale. Per questo nella grande sala al pian terreno  è stata ricostruita la facciata trecentesca,  per far capire la disposizione originale delle statue.  I restauratori operano anche in queste sale , alle volte come semplici massaie con scale, piumino e via di spolvero.

A dare gli ultimi ragguagli è  Beatrice Agostini responsabile dei restauri e della manutenzione dal 2014. Giovane, donna, quindi ancora più coriacea,  capace di progettare i lavori di restauro  e dirigere  i 10 restauratori interni e le  ditte esterne.   “Gli interventi di restauro sono diversificati a seconda della tipologia di degrado e di materiale di supporto. Si alternano puliture con impacchi, ablazione laser, pulitura con solventi, resine a scambio ionico etc.. per ogni degrado e materiale si individua la tecnica migliore dopo prove di pulitura per eliminare il danno e rispettare il materiale sottostante. Inoltre vengono eseguiti consolidamenti, stuccature e altro”

E’ arrivato il momento dei saluti, guardo stavolta dal basso all’alto il complesso di Santa Maria del Fiore e  penso che il suo  incanto è come la bellezza di una donna: deve essere mantenuta costantemente con attenzione e cura. Senza  chirurgia invasiva ma continui interventi di dolce “remise en forme”. Un’operazione delicata che i restauratori dell’Opera de Duomo conducono con armonia dal lontano 1296 dando prova di indiscussa professionalità e grande  sensibilità.

 

TAG: duomo firenze, opera del duomo, restauro, santa maria del fiore
CAT: Beni culturali

Un commento

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  1. lina-arena 3 anni fa

    credo che per ripristinare i meccanismi del turismo bisognerebbe invitare il Papa ed un nugolo di cardinali.Le loro figure potrebbero attrarre folle di curiosi e di antichi credenti. S’intende per chi crede ancora.

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