Contratti di locazione turistica: un toccasana per i borghi disabitati

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1 Settembre 2020

La vocazione turistica dell’Italia rende la locazione di case, stanze e appartamenti per vacanze un’attività che potrebbe creare un rilevante effetto economico.

 

Quando si parla di locazione per finalità turistiche, si fa riferimento a seconde case che spesso vengono concesse in locazione da parte del proprietario, specialmente nel periodo estivo, allo scopo anche di coprire i costi di manutenzione e fiscali che detta casa a disposizione comporta.

 

Ciò avviene attraverso l’utilizzo di alcune piattaforme digitali, prima fa tutte www.airbnb.it, la quale permette a chi possiede una seconda casa (magari da anni in disuso) di concederla in locazione turistica senza troppi orpelli burocratici e giuridici, con l’effetto di creare nuovi posti letto in aggiunta a quelli già esistenti sul territorio interessato.

 

Il colosso dell’home sharing (air bnb) ha infatti da tempo dato l’avvio al progetto Borghi Italiani (Italian Villages), che ha come obiettivo far conoscere i piccoli centri dell’Italia rurale ai viaggiatori di tutto il mondo per accendere i riflettori su paesaggi, tradizioni e saperi unici, espandere le economie locali e promuovere un turismo sostenibile, fuori dalle rotte più battute.

 

Dal punto di vista normativo, la locazione di immobili fatta per soddisfare finalità turistiche è sottratta alla disciplina della legge n. 431 del 1998, e quindi, è disciplinata dalle sole norme del codice civile, che lascia ampia discrezionalità alla volontà delle parti.

La locazione per finalità turistiche non risponde ad un’esigenza abitativa primaria (una locazione con finalità turistiche presuppone, infatti, che il conduttore abbia a sua disposizione un altro immobile da adibire a propria abitazione principale) e, pertanto, è rimessa alla libera volontà delle parti contraenti la ricerca dell’accordo più conveniente.

 

Il contratto di locazione con finalità turistica (conosciuto anche con il nome di “affitto turistico”) è sostanzialmente regolato dagli artt. 1571 e seguenti del Codice Civile. L’art. 1,c. 2, lett. c) della legge 431/1998 esclude espressamente l’applicabilità della maggior parte delle norme ivi contenute agli alloggi aventi finalità turistico-abitative. Inoltre, la disciplina delle locazioni turistiche non rientra neppure in quella particolare per le locazioni di natura transitoria di cui all’art. 5 della medesima legge.

 

I privati che, occasionalmente, affittano alloggi a turisti, con o senza servizi aggiuntivi, non hanno alcun obbligo ai fini IVA purché non esercitino l’attività a livello abituale e professionale. Essi sono soggetti alle imposte per i redditi conseguiti dalle locazioni per finalità turistiche (redditi di fabbricati a tassazione ordinaria IRPEF o a cedolare secca).

Sulle ricevute di pagamento emesse per importi superiori a 77,47 €uro, devono essere apposte le marche da bollo, mentre i contratti di affitto non sono soggetti a obbligo di registrazione né al pagamento della relativa imposta se non sono stipulati con scrittura privata autenticata o con atto pubblico e se hanno durata non superiore a trenta giorni complessivi nell’anno (DPR n. 131/1986).

 

In caso contrario, devono essere registrati entro trenta giorni (risoluzione 16 novembre 2000 n. 207/E) e sono soggetti all’imposta di registro del 2%, calcolata sul valore dell’importo pattuito con un minimo di 67 €uro, tranne nel caso in cui il locatore decidesse di esercitare l’opzione per la cedolare secca.

 

Quando l’attività diviene abituale e organizzata professionalmente, sorge l’obbligo di aprire la partita IVA e di adempiere a tutti gli oneri relativi rapportati al volume d’affari conseguito.

Anche il reddito percepito diventa reddito d’impresa e segue le regole previste dal TUIR. Il confine tra le due situazioni non è facilmente delineabile.

 

 

Le singole Regioni, in quanto usufruiscono di potestà legislativa concorrente a quella statale, possono intervenire a regolamentare questo tipo di contratto di locazione mentre la circostanza che gli affitti turistici siano collegati solo alle norme del codice civile, li ha svincolati dagli abituali limiti di durata e determinazione del canone, che sono, di conseguenza, liberamente concordati dalle parti.

 

L’assenza di vincoli nella determinazione della durata del contratto non deve ovviamente essere intesa quale motivo per eludere la disciplina normativa che regola le tradizionali locazioni ad uso abitativo. Gli affitti turistici si stipulano allo scopo di soddisfare esigenze abitative di natura temporanea e voluttuaria, che nulla hanno a che vedere con esigenze abitative primarie.

 

Altro significativo punto di divergenza rispetto alle tradizionali forme di locazione appare senza dubbio la mancata previsione di una caparra (o cauzione) a garanzia di eventuali danni arrecati all’immobile, o per il pagamento delle utenze rimaste insolute, che costituisce una mera facoltà delle parti. Ma non solo: lo scioglimento del contratto avverrà automaticamente alla scadenza pattuita, senza necessità di alcuna preventiva comunicazione al conduttore.

 

Da un punto di vista formale, l’art. 1, comma 4 della Legge n.431/1998, che va letto alla luce delle disposizioni del successivo art. 13, comma 5 (rapporto di locazione di fatto), ha introdotto l’obbligo di usare la forma scritta senza alcuna specifica esclusione.

Il contratto di locazione per uso turistico, quale che ne sia la durata, pertanto, deve essere redatto in forma scritta a pena di nullità e deve contenere tutti i dati relativi dell’immobile ed i contraenti.

 

L’importanza della stipula per iscritto del contratto non deve essere sottovalutata dal proprietario. In caso di sinistro (danni all’immobile causati dall’inquilino, furti, incendi, ecc.) la mancanza del contratto non solo rischia di lasciare il locatore sprovvisto di qualsiasi tutela nei confronti del conduttore, ma espone il proprietario al rischio più che concreto di vedersi comminare pesanti sanzioni fiscali.

 

Non è poi da escludere che l’inquilino continui ad occupare l’immobile oltre il termine pattuito verbalmente, rendendo quantomeno complicato accertare quale fosse detto termine.

 

É opportuno che il contratto sia redatto a seconda della diversa tipologia di permanenza potendo essere relativo a:

locazione turistica lunga (“contratto casa vacanze”): in questo caso nel contratto devono essere presenti, fra l’altro, clausole sulle modalità di pagamento del canone, sulla sua rivalutazione in corso di contratto e sul deposito cauzionale.
locazione turistica breve (“contratto brevi vacanze”) cioè della durata non maggiore di 15/30 gg: il contratto dovrà contenere, tra l’altro, clausole specifiche relative al recesso, all’entità delle spese accessorie e all’utilizzo degli eventuali spazi accessori.
locazione turistica brevissima (“contratto week-end”): il contratto dovrà contenere una pattuizione forfettaria dei consumi utenze (luce, acqua, gas ecc.).

TAG: borghi, diritto, territorio, turismo
CAT: Beni culturali, Paesaggio

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