Il Pd spalanchi le porte e accolga i critici: serve un nuovo argine

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15 Agosto 2018

C’è del vero nel messaggio lanciato dalla vicepresidente della Regione Emilia Romagna Elisabetta Gualmini. E’ un messaggio disperato, un messaggio di chi sa che o cambia o muore. Il Pd è finito e deve cambiare nome, dice la Gualmini. Serve una nuova Bolognina… Sì, la svolta indubbiamente serve, ma più che nel nome l’impressione è che la svolta necessaria sia nell’approccio. O meglio, nel grado di apertura del partito. Si chiami esso Pd o Partito per le vacanze.

Il ritornello dello ‘spalancare le porte’ lo ripetono un po’ tutti in casa Dem. Ma se non si traduce in fatti è uno slogan del tutto inutile, anzi dannoso: è solo l’ennesima presa in giro.
Spalancare le porte non significa nascondere il simbolo Pd dietro una lista civica farlocca (Pizzarotti?) per poi ricandidare le stesse persone e sperare di poter ripetere gli stessi meccanismi. Non significa rispolverare le litanie cattoliche o comuniste o qualche suggestione kenyota alla Richetti. Spalancare le porte significa accogliere idee nuove, diverse, anche fastidiose, purchè compatibili con una identità di sinistra che esiste ancora. Ed è forte come ieri. Come sempre. Perchè oggi è peggio di ieri: i ricchi sono più ricchi e i poveri sono più poveri.

Allora partiamo da due dati. Persa Roma, il problema oggi per il Pd è non perdere le roccaforti rosse: l’Emilia Romagna e Modena soprattutto. E, magari, ritornare competitivo a livello nazionale. Questo è il problema del Pd. Il problema del Paese e dell’Emilia Romagna e di Modena invece è non cadere, oggi è più corretto dire uscire, da una deriva razzista (chiamiamola col suo nome cavolo perchè di questo si tratta), demagogica, fintamente ambientalista e complottista alla 5 Stelle. Una deriva che promette novità ma che – complice la mancanza di preparazione e di competenza – finisce per proporre un Potere ancora più clientalare, ancora più chiuso, ancora più di facciata e legato alla logica delirante dei Social.

Questi i due dati. E allora che si fa? Si fa che si uniscono le forze. Per costruire un nuovo argine è necessario buttare giù muri e fare manutenzione vera a un partito nella speranza di essere ancora in tempo. Nella speranza che non crolli tutto occorre scardinare il Sistema pezzo per pezzo, difficile ma meno doloroso di un abbattimento forzato. Allora si aprono le porte a chi pensa che l’integrazione sia necessaria e che fermare l’immigrazione sia come voler racchiudere il mare in un secchiello, ma è convinto che i professionisti dell’accoglienza, le varie strutture fintamente umanitarie, i cattolici pauperisti nei modi, quelli che organizzano buffet a cartoni di pizza ma hanno uno stipendio pubblico o parapubblico da 100mila euro all’anno per gestire immigrati abbiano decisamente rotto le scatole.
Si aprono le porte a chi pensa questo, anche se dà fastidio. Anche se lo dice in modi sgarbati.
Si aprono le porte alle aziende lontane dalla cerchia di amici cooperativi o clientelari. Per restare a Modena si fa una bella moratoria: per qualche anno che so… Cmb, Aec, Ccc, Integra e compagnia cantante non vincono più appalti. E’ ingiusto? Pazienza. Chi ha vinto finora sta in panchina per qualche anno. Ci sta. Non si tratta di rottamare nessuno, ma di diluire.
Si spalancano le porte a chi pensa che la legalità non sia monopolio di tre gatti che se la cantano, che fanno convegni e che ottengono prebende sulle spalle di una marea di attivisti che in coscienza lavorano per un ideale sacrosanto. Restini pure questi tre gatti, non devono andarsene: ma si mettano a sedere, si riposino e mettano da parte la sete immonda di potere che li logora. Da morti, e accadrà tra 100 anni ma accadrà, quel potere, i soldi, non serve, non servono, più a nulla.
Non solo si aprono le porte, ma si vanno a cercare i ribelli. E li si invita al banchetto. Per far spazio alla cultura, quella vera. Non quella dei totem validi per tutte le stagioni e, soprattutto, validi per gonfiare il proprio portafoglio.
Si ascolti chi pensa che la tutela dell’ambiente è davvero la priorità assoluta: che a Modena di case non se ne costruiscono più, che servono investimenti massici nel trasporto elettrico e che la gestione dei rifiuti non può essere in mano a una multiutility che contemporanemante li brucia e li differenzia. Solo per fare qualche esempio.

Si aprono i cancelli ai molesti, ai critici, ai rompipalle a prescindere. Agli estremisti nelle idee, ai Comitati ai sedicenti rivoluzionari perchè possano con la loro critica sciogliere le certezze stantie di chi è stato scavalcato dalla grezzezza di Salvini e dalla incompetenza imbarazzante di Di Maio.

Si fa questo. Poi cambiare il nome al Pd è cosa accessoria. Si abbattano i muri a Roma, a Bologna e a Modena. Perchè Roma è persa, e Bonaccini e Muzzarelli non se la passano bene. Che a loro starebbe come un vestito nuovo sparire politicamente, ma ai cittadini no. Gli italiani, gli emiliani e i modenesi non meritano un Governo razzista e incompetente.  E allora si faccia un fronte comune. E non si spingano a forza i critici a destra, non li si costringa a scegliere per contrarietà. Per dispetto. Forse si è ancora in tempo.

Giuseppe Leonelli

TAG: 5 stelle, bonaccini, emilia romagna, lega, modena, muzzarelli, Pd
CAT: Bologna, Governo

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