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Calcio

Quando Dio giocava a pallone

di Biagio Riccio
30 Ottobre 2020

Come ha giocato Lui al calcio non lo ha fatto nessuno.
È come se Dio si fosse calato nella natura, avesse calcato i campi di calcio.
Era sopraffino, nascondeva la palla o la incollava al piede e, quando correva, non lo riuscivi a prendere; se anche tentavi lo sgambetto non ruzzolava a terra, non cadeva.
Saltava gli avversari come birilli, li dribblava con poesia e metteva i compagni di squadra davanti alla rete con una semplicità di passaggi smarcanti, disarmanti. Dovevano solo spingere la palla dentro con estrema facilità.
Giocava e sorrideva, non si innervosiva mai, non erano capaci neanche di abbatterlo e di fargli perdere la calma: non reagiva alle provocazioni avversarie ed era un grande incassatore anche di sinistri falli di gioco, per i quali suoi compagni, che si inalberavano giustificatamente, subivano  l’espulsione irrimediabilmente.
Il Pibe de oro è stato ammonito raramente e gli arbitri lo rispettavano.
Era un atleta fantastico che si è preso sulle spalle il Napoli e gli ha fatto vincere due scudetti ed una coppa UEFA; anche l’Argentina che è arrivata nel 1986 sulle vette del mondo lo deve a Lui.
Dio dunque, attraverso Diego Armando Maradona, giocava a calcio, si è incarnato in Lui, essere soprannaturale nel recinto dei campi. Quello era il suo regno, si trasfigurava, si trasformava, prendeva la forma appunto di un Dio quando toccava la palla, come se Zeus giocasse con le ninfe o le sirene o si incarnasse in animali particolari per insidiare fanciulle e bellissime vestali.
Diego faceva all’amore con la palla.
Erano sinuose le sue finte, il suo tocco elegante faceva roteare il pallone che prendeva un effetto strabiliante e stupefacente, quando era spinto con i calci di punizione.
Era una croce per i portieri che non potevano arrivare dove si infilava la palla, sempre nel sette della porta tra palo e traversa.
A noi non è interessato quello che è avvenuto fuori dal campo: perché Lui era nato per stare dentro il campo di gioco. Era quella la sua natura, come la stessa relazione che Mozart o Ludwig van Beethoven avevano con il clavicembalo ed il pianoforte. Quando se ne distaccavano erano umani e cadevano nelle storture della vita.
Negli stadi si dispiegava la sua natura divina, si vedeva Dio lussureggiante che giocava a calcio nella persona di Diego.
Nell’empireo degli dei, nell’Olimpo, secondo Gianni Brera c’era anche la dea “Eupalla” ed ispirava Diego che era il Prometeo del calcio: invece del fuoco a Dio forse Diego aveva rubato il pallone che solo lui poteva toccare in modo surreale e celestiale.
Fuori dal campo era “un legno storto” con le sue passioni, le sue tragedie la sua lotta con la morte che lo ha insidiato prima del decorso naturale: le moire ,che tengono il filo della vita, lo volevano tagliare anzitempo. Ecco perché Diego faceva uso di droghe pesanti.
Ma forse sarà intervenuto San Gennaro ed il Fato lo ha risparmiato.
E così sia: Diego Armando Maradona, oggi festeggia 60 anni, un napoletano nato in Argentina che ha fatto invidia al mondo.

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