Sarà antipatico, ma Conte ha fatto un piccolo grande capolavoro

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11 Ottobre 2015

Il personaggio è quello che è: sprezzante, irascibile, altezzoso. In una parola ‘antipatico’, con il corollario di essere una bandiera juventina, quindi un uomo di ‘parte’ tutt’altro che nazionalpopolare; senza tacere quella macchia del calcioscommesse che non aiuta ad alimentare l’immagine di una figura positiva. Detto il tutto il male possibile su Antonio Conte, bisogna riconoscergli un grande merito: ha portato l’Italia del calcio all’Europeo del 2016 con una giornata di anticipo. Si dirà: era facile con Azerbaigian e Malta nel gruppo, e con Norvegia e Croazia come avversarie più temibili. Insomma, l’urna non era stata proprio malevola. Eppure non credo di esagerare dicendo che Conte abbia realizzato un piccolo grande capolavoro, nonostante prestazioni deludenti e successi striminziti. Attenzione l’elogio non è per la qualificazione in sé (che poteva arrivare anche con il terzo posto). Ma per il modo con cui è maturata.

Per capire l’impresa di Antonio Conte, bisogna fare un passo indietro, esattamente al giugno 2014. L’Italia di Cesare Prandelli esce di scena contro l’Uruguay, tra delusioni e fischi. Certo, ci sono state colpe dell’arbitro, e in parte della sfortuna, ma con il senno di poi si è trattata di un’eliminazione giusta. Una squadra che perde contro il Costa Rica senza mai creare un’occasione non può appellarsi a maledizioni esterne. Gli azzurri, al rientro da Brasile, si presentano con un commissario tecnico dimissionario, quello che avrebbe dovuto forgiare un grande progetto, e un gruppo allo sfacelo: i “vecchi” imputano le colpe ai “giovani”, mentre le ‘stelle’ di quella spedizione Mario Balotelli e Antonio Cassano si apprestano a vivere una lunga eclissi. Non proprio il miglior biglietto da visita per una ripartenza. Sfogliando i nomi della ricostruzione, poi, viene qualche brivido: pochi i talenti in erba, grande caos sotto il cielo della Federazione con l’elezione alla presidenza di Tavecchio, non proprio simbolo di rinnovamento.

Così Conte ha iniziato il suo viaggio tra il diluvio di proteste per aver preso uno “juventino” in Nazionale, pagato dallo sponsor, e coinvolto in un processo. L’inno di Mameli era quasi idealmente sostituito da Io non mi sento italiano di Giorgio Gaber. Il nuovo commissario, senza cercare alcun consenso, ha avviato un lavoro, fatto di qualche buono spunto e tante perplessità. Eppure è riuscito a costruire, mattone dopo mattone, la qualificazione all’Europeo 2016 finendo per allungare in classifica. Diciamo anche che nel girone, per quanto abbordabile, c’era la Croazia che da un punto di vista dei singoli è superiore all’attuale Nazionale. Per dire: il centravanti croato è Mario Mandzukic della Juventus, ex Bayern Monaco e Atletico, quello dell’Italia è Graziano Pellè, girovago del gol ora con il Southampton. Poi vogliamo ricordare Rakitic, Perisic, Modric? Calciatori che oggi come oggi tra gli azzurri sarebbero titolari inamovibili. Invece la squadra di Antonio Conte, con vittorie stiracchiate, ha saputo conquistare il primato, facendo ciaociao alla Croazia.

Ora c’è la sfida della finale dell’Europeo francese. Ammettiamolo: l’Italia parte in terza fila; nessuno è disposto a credere che possa ricoprire un ruolo da protagonista. E, in fondo, ci accontentiamo di fare una buona figura, cercando un posto tra le prime 8 del continente. Un risultato possibile, solo grazie alla presenza di Antonio Conte in panchina. Sarebbe un incoraggiante viatico per il Mondiale 2018, quando il girone di qualificazione proporrà la Spagna come principale avversario, oltre ad Albania, Israele, Macedonia e Liechtenstein. E per staccare il biglietto che porta in Russia, evitando lo spareggio, serve il primo posto. In questo caso non sarebbe un piccolo grande capolavoro, bensì una sorta di miracolo. Realizzabile solo dall’attuale numero uno degli allenatori italiani.

TAG: antonio conte, euro 2016, nazionale
CAT: calcio

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