Carnevale a Napoli: la tradizione della lasagna

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23 Febbraio 2020

A Napoli, è d’obbligo per carnevale preparare la lasagna.
Non può mancare mai sulle tavole dei napoletani (e non solo) durante questo allegro periodo di feste, il ricco e gustoso primo piatto a base di sfoglie di pasta (prima obbligatoriamente sbollentate in acqua calda, oggi da utilizzare direttamente), ragù, polpettine, ricotta e provola o fior di latte.
Ma dove nasce veramente la lasagna?
Le origini della lasagna, uno dei piatti più noti e graditi al mondo, sono contese fra più città: a rivendicarne i natali sono infatti sia Napoli che Bologna.
La prima forma di lasagna, lontana dal quella che abbiamo oggi, appare nell’antica Roma con il nome di Laganon e si presenta come una sfoglia di pasta che veniva talvolta intervallata da strati di carne.
Ma fu nel 1400 circa che la lasagna arrivò a Bologna, per diventare più simile a come la conosciamo oggi. Qui, infatti, alla ricetta fu integrato il formaggio e le sfoglie di grano furono sostituite con quelle di pasta all’uovo.
Dopo la lasagna giunse a Napoli e fu completata con la salsa al pomodoro, diventando così il piatto simbolo dell’Italia che tutti conosciamo.
Come molte ricette partenopee, la ricetta della lasagna Napoletana è piuttosto elaborata e laboriosa.
Il piatto si lega alla tradizione del ragù partenopeo, che spesso viene preparato addirittura il giorno prima. Per realizzarlo occorre far rosolare costine e salsicce di maiale con un trito di cipolla, sfumare con del vino rosso e aggiungere poi il sugo di pomodoro. Vanno poi preparate le polpette, realizzando un impasto a base di carne macinata, uova, pane, sale e parmigiano che verrà poi fritto.
A questo punto non resta che assemblare i vari livelli alternando la sfoglia con strati di sugo e ricotta, pezzeti di uova e fior di latte (o provola), polpettine e formaggio.
Uno degli aspetti più interessanti e sorprendenti che caratterizzano la lasagna è la quantità di citazioni bibliografiche che sono state rintracciate.
Jacopone da Todi scrisse: “Granel di pepe vince per virtù la lasagna”, mentre Cecco Angiolieri sosteneva che “Chi de l’altrui farina fa lasagne, il su’ castello non ha ne muro ne fosso”, e ancora Fra’ Salimbene da Parma, riferendosi ad un monaco di sua conoscenza: “Non vidi mai nessuno che come lui si abbuffasse tanto volentieri di lasagne con formaggio”.
Ferdinando II di Borbone, per amare così tanto questo piatto, fu nominato “Re Lasagna”. Il sovrano a cui si deve l’unità d’Italia, era stato infatti così ribattezzato dal padre.
Napoli è una città, dove a tavola, le differenze di ceto sociale, vengono azzerate e dove l’esagerazione delle festa carnevalesca si trasferisce nella creazione di un piatto, capace di far dimenticare la fame.
L’ abbondanza della preparazione deve essere tale, che il commensale dovrà dire:
– “Non c’iaffaccio cchiù!”
Quasi un antidoto alla fame e all’incertezza che da sempre, nei tempi passati, accompagnava la vita traballante del popolo.
Questo piatto, in cui si fondono il sapore dell’amido della pasta, con l’ acidità del pomodoro, il dolce della ricotta, la carne, il salame, è la vera trasgressione naturale, l’abbuffata, lo sfregio alle mancanze e alle privazioni , non può esistere al mondo una persona che non desidera una fetta di Lasagna.
E’ facile trovare cultori della “materia” che ne decantano pregi e difetti, ergendosi giudici imparziali e severi, presenziando a gare pantagrueliche, decretando la vita o la morte delle preparazioni di mamme, zie e nonne.

Sarà più buona quella succosa e tenera, o leggermente bruciacchiata e croccante?
Io ho il debole per la sfoglia all’uovo, quella di semola di grano duro resta troppo ricca di carboidrati.  Le sfoglie sottili, sono quelle che prediligo. Il ragù classico, che deve riempire gli strati della pasta, fatto con carne di maiale, perché Carnevale coincide con l’abbondanza di questo animale, mentre per le polpettine, manzo o vitello.

La lasagna è sicuramente quello che si definisce confort_food,  ma deve anche essere un elegante equilibrio dei vari gusti, salame in primis, mai abbondare di questo elemento, una giusta dose, da gusto e sapidità, abbondare diventa una pasta che sa di salume.

Se usate la mozzarella, categoricamente di un paio di giorni, non fresca assolutamente, io ho un debole per la provola, ma forse il gusto dell’affumicato può sovrastare, allora meglio il fior di latte, quello di Agerola è sempre il top.

Pronti ora per la costruzione della vostra opera.

Ricordate che la lasagna va mangiata almeno un paio di ore dopo la cottura, lasciandola riposare nel forno.

TAG:
CAT: cibo & vino, Napoli

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