The Beatles – Eight days a week: il docufilm di Ron Howard al cinema
Che cosa ha reso i Beatles la band più amata o detestata di tutti i tempi? Come si spiega l’isteria che generavano durante i tour da una parte all’altra del globo? Secondo qualche esperto, il segreto dei Beatles stava nella loro capacità di fare squadra, nella loro creatività, nelle melodie che illuminavano chi le ascoltava. Stava nello sguardo professionale e visionario di Brian Epstein, deus ex machina dell’ascesa e del trionfo di John, Paul, George e Ringo. Un mix di elementi dunque, che tra destino e maniacale premeditazione, ha segnato per sempre la storia della musica e più in generale dello spettacolo. È questo che emerge dal docufilm The Beatles – Eight days a week, diretto da Ron Howard e al cinema dal 15 settembre 2016. Attraverso filmati, spezzoni di interviste e testimonianze inedite, scopriamo più da vicino le personalità, le pulsioni, le debolezze dei ragazzi di Liverpool, dai tempi del Cavern Club (1962) fino al concerto sul tetto della sede della Apple Records a Londra (1969) che anticipa lo scioglimento ufficiale della band nel 1970.
Li conosciamo ragazzini questi Beatles, capaci di accendere il pubblico, di farci ridere con le loro battute, con la loro ironia, ma troppo inesperti per guardare oltre il momento, oltre se stessi. Nel documentario il regista sottolinea, più di una volta, il ruolo determinante di Brian Epstein nella crescita del gruppo. È Epstein a curarne il look. È Epstein a incanalare verso il futuro quell’energia che nasce spontanea, frutto di una sinergia creativa e emozionale irripetibile.
Il clamore, le orde di ammiratrici sono direttamente proporzionali alla ricchezza economica dei ragazzi. Ma non sempre questa pressione è psicologicamente sostenibile. È in studio che i Beatles amano rifugiarsi, confrontandosi su testi scritti nelle stanze d’albergo o durante i viaggi. È in studio che sperimentano, proponendo soluzioni musicali innovative. Se fino a poco dopo la conquista dell’America si succedono hit orecchiabili, senza una grande attenzione alle parole (I want hold your hand, Can’t buy me love, ecc.), dalla pubblicazione di Help fino a Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band (prima posizione nella lista dei 500 migliori album di tutti i tempi pubblicata dalla rivista Rolling Stone), la storia cambia. John e Paul scoprono la scrittura autobiografica. Come principali autori del gruppo, riversano nelle canzoni le loro esperienze. Spiazzano perché iniziano ad essere mai uguali, mai ripetitivi. È l’apice dell’estro beatlesiano, presagio di una fine, altra faccia del miglioramento artistico e della crescita personale dei membri del gruppo. Una fine che gli invidiosi e gli increduli pronosticavano di anno in anno e che di fatto non si è mai concretizzata. Buona visione!
Il trailer del docufilm:
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