Woody Allen compie ottant’anni: una vita a prendersi gioco di sé
“Ho sempre creduto che la gente non possa sopportare troppo la realtà. Io amo vivere nel mondo di Ingmar Bergman. O in quello di Louis Amstrong. O in quello di New York Knicks. Perché non si tratta di questo mondo”. Parole del sarcastico Woody Allen, regista e attore che dagli anni Settanta porta sul grande schermo le idiosincrasie, l’esagerazione, l’assurdo, l’evasione, il romanticismo e i suoi cliché (“Il sesso senza amore è vuoto. Ma tra tutti i vuoti è uno dei migliori”). L’occasione per celebrarlo è il suo imminente (1 dicembre 2015) ottantesimo compleanno, evento celebrato e atteso dai media e dalle star del cinema. Un dissacratore (verso la politica, le relazioni di coppia, gli stereotipi) e al contempo un sognatore: ci ha riportati negli anni Venti facendoci credere che possa capitarci davvero, una sera, di finire ad party in casa Fitzgerald.
Allen: c’è chi lo ama e ride a crepapelle a guardare i suoi film e chi mal lo sopporta, con quel suo umorismo blasé, da esistenzialista decadente neanche troppo convinto, che dà voce agli sfigati. Eppure, sta proprio qui il suo segreto: rendere un sentimento, un modo di sentire, un punto di vista condiviso. Perché la ricerca della bellezza, la battaglia alle insicurezze più temibili (sarò abbastanza piacente? sarò abbastanza intelligente? sopravvivrò all’orrore del mondo?, ecc., ecc.) sono ticchi che ci riguardano. Allen prende le sue fragilità, la sua parte bambina e ne fa un punto di forza, una fonte perenne di ispirazione, a differenza di quanti, ad una certa età, del fanciullino non vogliono saperne. Mi fa ridere come solo Troisi riesce. E a ben pensarci, Allen e Troisi non sono poi così lontani: entrambi nevrotici, entrambi in balia delle loro ossessioni, delle loro menti che macinano pensieri alla velocità della luce, entrambi rabdomanti di sogni, di straordinarietà oltre la noia. Sono due realisti irriverenti, geniali nel sapersi prendere gioco di se stessi. Nel saper scegliere le parole.
Allen è un paroliere. Le sue commedie, ben lontane dall’impressionare per colpi di scena, coinvolgono per i giochi di parole, le gag, le situazioni più strambe eppure possibili nelle quali i personaggi si ritrovano. Il cinema di Allen è anche una finestra sulla psicologia femminile. Storiche le sue muse: Diane Keaton, su tutte (suo grande amore), Scarlett Johansson, Penelope Cruz, Cate Blanchett, Emma Stone, e storici i loro personaggi. Ragazze bohémien, confuse, lunatiche, soggette a bruschi cambi d’umore. Oppure madri scanzonate, mogli tradite e sull’orlo di una crisi di nervi.
Irration Man, il suo ultimo film, uscirà nelle sale italiane poco prima di Natale. Il protagonista è un professore di filosofia nel pieno di una crisi esistenziale, alle prese con un mondo che corre parallelo e qualche donna, compresa una sua studentessa, ribelle e idealista quanto basta.
E siccome Natale è il periodo più adatto per starsene al caldo a leggere e a guardare film (io faccio sempre questa fine), ascoltate: lasciate perdere i cine-panettoni e fate una scorpacciata di Woody Allen. Non ve ne pentirete.
Potreste cominciare da Io e Annie, ad esempio. Poi fatemi sapere.
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