Quando la passione per la musica incontra quella per il Cinema: Luca La Duca

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4 Giugno 2024

Una passione che l’ha portato a pubblicare il suo primo EP e che traspare dal tono della sua voce ogni volta che ne parla. Lui è Luca La Duca, classe ’91, musicista dalle origini palermitane che oggi vive a Milano. “Ambient Side” è il titolo del suo nuovo progetto musicale, distribuito da Angapp Music, dal sapore un po’ ambient,  ‘retrogusto’ di  elettronica a cui si aggiunge un pizzico di musica da film. Il Cinema è, infatti, per il giovane artista un altro grande amore che continua ad essere presente anche nei suoi brani. In che modo? Ce lo racconta in questa interessante intervista.

 A distanza di oltre un mese dall’uscita di “Ambient Side” quale bilancio senti di fare su questo progetto?

Sicuramente un buon esordio! Devo dire che sono abbastanza soddisfatto del lancio e, nel mio piccolo, degli apprezzamenti ricevuti; si tratta sicuramente di un genere settoriale e questo va considerato. Adesso, dal momento che il progetto non ha ancora una versione live, vorrei che il prossimo passo fosse quello di portarlo nei club dando vita a un bel live-set elettronico, così da poter collaborare con altri musicisti, ampliare il pubblico e, ovviamente, divertirmi.

Che significato ha per te il concetto di ‘ambient’?

Relativamente a questo progetto un significato “di comodo” in quanto esso non si limita ad essere ambient: c’è anche molta elettronica, sound design, musica classica e un filo di jazz. Considerando però la musica che ho scritto ultimamente (molta non ancora pubblicata), sicuramente questo EP rappresenta il mio lato ambient, nel senso di dark, etereo e sospeso: il disco, ad esempio, non ha una scansione ritmica sempre definita o marcata. La parola ambient aiuta così me a definire la mia identità all’interno del concept ed il pubblico che non ha ancora ascoltato ad inquadrare un po’ il progetto, ad etichettarlo. Ecco spiegato il titolo.

Nel progetto si mescolano più influenze/generi musicali: cosa li accomuna tutti?

Se penso ai dischi che ascoltavo mentre componevo questi brani, direi che sono tutti dannatamente dark o, quantomeno, ambigui. Tre su tutti: “Arca” (album del 2017 dell’artista omonima), “Officium” di Jan Garbarek e “Voices” di Roger Eno.

Avendo la tua musica un legame anche con il mondo del Cinema, è mai capitato che un film ispirasse la tua composizione?

Eccome! Invito tutti a guardare “Only lovers left alive” di Jim Jarmusch. Le atmosfere, lo stile, l’estetica e le ambientazioni sono incredibili. La musica poi è perfetta, avrei voluto scriverla io!

Se volessimo individuare un genere cinematografico a cui associare la tua musica quale sarebbe?

Semplificando un po’, direi il cosiddetto cinema d’autore. I film di Jarmusch hanno avuto un grande impatto su di me: ne adoro le musiche, la fotografia, le trame e i ritmi anticonvenzionali. Nei suoi film c’è anche un’ estetica punk e rock’n roll che adoro. Apprezzo molto anche il cinema di Bergman e, tra le nuove registe, mi piace tantissimo Celine Sciamma.

 Il brano “Tema alla Sakamoto” è ispirato ad un compositore di colonne sonore: cosa ti ha colpito di lui e quali aspetti della sua musica confluiscono nella tua?

Quel brano in particolare è ispirato al Sakamoto di “Revenant”, il film di Inarritu le cui musiche sono state scritte anche in collaborazione con il musicista Alva Noto. Volevo comporre un brano che fosse impostato in maniera simile al main theme del film, con cellule melodiche brevi e isolate e armonie sospese. Il risultato è stato in realtà abbastanza diverso e personale, ma questo è il bello!

 

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