Arte
Divine creature, Cristo è anche tra i disabili, Cristo è la disabilità
Una mostra organizzata al Museo Diocesano di Milano, allestita a partire dal 4 Marzo, con due turni quotidiani: un’ora al mattino dalle 11 alle 12 e uno pomeridiano dalle 14 alle 15. Si concluderà domenica prossima, 14 Aprile.
La Mostra è stata realizzata da Adamo Antonacci , scenografo fiorentino, che l’ha allestita per la prima volta nel 2017. Una serie di dieci rappresentazioni fotografiche ispirate ad alcuni noti dipinti dell’arte sacra. Protagonisti delle opere sono persone con disabilità che in modo simbolico declinano la relazione tra la sofferenza di Cristo e la sofferenza di chi vive la disabilità.
Un’osmosi visiva particolarmente audace perchè coglie il senso dell’umano vivere, in cui lo sguardo della disabilità incontra quello di Cristo. A ciò si aggiunge che la mostra stessa è presentata da persone con disabilità della Cooperativa Arcipelago-Anffas che hanno guidato i visitatori
In questo speciale che ho confezionato, potrete vedere all’opera: Stefano, Tania, Corrado, tra gli altri, che ci conducono ad una visita nella parte più profonda di noi, ispirata da queste foto che colgono il senso autentico della vita: ovvero il rapporto con la sofferenza, il dolore, la caduta e la resurrezione.
Il percorso di visite guidate condotto dalle persone con disabilità è stato coordinato dalla Dott.ssa Emanuela Roncari della Cooperativa Anffas di Cinisello Balsamo. Proprio con Emanuela apro il mio speciale per farmi raccontare il percorso di significazione che ha ispirato il Museo Diocesano a realizzare questa mostra e soprattutto per farle raccontare le emozioni di un cammino, di un pezzo di vita trascorso con chi la sofferenza l’ha vissuta e la vive; ma che proprio grazie all’arte riesce in questo momento a superare quella condizione e a rinascere, a restituire un senso alla propria esistenza.
Un percorso di ‘significazione’, scrive la stessa Dott.ssa Roncari, che non è solo comunicazione di un pensiero ma un ‘fatto’. Un sè che si racconta nelle parole che dice, nelle domande con cui interroga chi visita la mostra ma che pone anche a sé stesso. Una mostra che è uno slancio d’emozioni. Un modo diverso, certamente più profondo, di guardare alla vita. Una sfida inoltre alla contemporaneità, concentrata sulla velleità narcisistica di cogliere la bellezza solo nell’esteriorità e mai nell’essenza reale dell’essere umano, ovvero nel turbamento della sua anima, nello smarrimento di uno sguardo che cerca il coraggio e la forza di resistere e di accogliere l’altro da sè. Una mostra da visitare. Qui vi lascio una traccia di queste opere, le parole e le domande dei ragazzi
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