Sala si difende in Consiglio comunale

Milano

Il sindaco Sala si difende dalle accuse : «Le mie mani sono pulite»

Di fronte al Consiglio comunale, il primo cittadino di Milano difende il suo operato sullo sviluppo urbanistico della metropoli lombarda. E su San Siro promette che il percorso riprenderà a settembre. Qui il discorso integrale.

21 Luglio 2025

Grazie, Presidente. Illustri Consigliere e Consiglieri, Sono qui doverosamente con voi in un momento delicato per molti motivi che hanno a che vedere con la mia persona, con i destini di tante persone che hanno creduto in questa avventura politica, con tutto ciò che abbiamo condiviso (o meno) in questa aula.

Sono giorni confusi in cui tutto sembra diventare oscuro, dove le certezze sembrano vacillare e spesso pare che anche le fisionomie più note sembrano confondersi.

Proprio per questo, vorrei essere chiarissimo, come è nel mio modo di fare.

Partiamo prima di tutto dal mio coinvolgimento nell’indagine.

Tutto ciò che ho fatto nell’arco delle due sindacature in cui mi è stato dato l’onore e l’onere di essere sindaco di Milano, si è sempre ed esclusivamente basato su ciò che ritengo essere l’interesse delle cittadine e dei cittadini.

In tutto ciò che ho compiuto nel mio mestiere di Sindaco, non esiste una singola azione che possa essere attribuita a mio personale vantaggio. Le mie mani sono pulite.

Detto questo, vediamo le accuse che mi sarebbero mosse.

Dico “sarebbero” perché è solo dai media che ho appreso di essere indagato, per il momento senza alcun avviso di garanzia, su due capi di imputazione, definiti in questo modo: “false dichiarazioni su qualità personali proprie o di altre persone” e “induzione indebita a dare o promettere utilità”.

Non è questa la sede per discutere l’operato della magistratura e, tantomeno, per dare giudizi; la giustizia fa il suo corso e le sue conclusioni vanno sempre e comunque rispettate.

Permettetemi solo di fare un passaggio veloce, ma emblematico, su un tema al centro delle indagini della Procura e che mi riguarda, giacchè, per quanto leggo dalle notizie che filtrano sempre attraverso i media, l’accusa nei miei confronti di induzione indebita fa riferimento al cosiddetto “Pirellino”, cioè via Pirelli 39, un edificio che ospitava uffici comunali.

Facciamo un po’ di storia su questo fabbricato.

Devo partire da un momento in cui non ero ancora Sindaco.

Nel 2013 la Giunta Pisapia, alla ricerca di nuove sedi per i propri uffici comunali, lancia un bando e mette in permuta il Pirellino, valutandolo in base d’asta 79 milioni di euro. La procedura si conclude con un’unica proposta, che però viene giudicata inammissibile.

Nel 2016 divento Sindaco. Capisco subito che i conti del Comune non sono affatto rassicuranti e, tra le altre cose, metto in atto un piano di dismissioni di immobili. Di questo piano fa parte anche il Pirellino.

Nel 2018 viene dunque avviato un bando per la sua cessione, con una base d’asta a 106 milioni di euro. Asta caldissima fra cinque gruppi, che si sfidano, rilancio su rilancio, fino ad un’aggiudicazione a 193 milioni. Nel corso del 2019 si rogita.

Al momento della cessione, il PGT consentiva di trasformare l’edificio tutto in residenza libera. Poco tempo dopo, nel 2020, il Comune ha modificato il PGT, imponendo che almeno il 40% della superficie abitabile venisse riservata a Edilizia Residenziale Sociale. Di conseguenza, questa ripartizione è stata imposta dal Comune di Milano al costruttore. Costruttore che ha fatto ricorso.

Il TAR ha considerato corretta la nostra modifica, ma successivamente il Consiglio di Stato l’ha annullata, osservando che il Comune non ha tenuto conto del legittimo affidamento dell’acquirente al momento dell’acquisto circa la possibilità di utilizzare interamente l’edificio per edilizia residenziale libera. Sempre il Consiglio di Stato, con sentenza n. 6291 del 17.7.2025, ha imposto al Comune di concludere il procedimento di pianificazione entro 90 giorni.

Mi permetto di far osservare, sempre nel rispetto del lavoro della magistratura, che il mio racconto fa capire quanto il Comune si sia sbilanciato in favore dell’interesse pubblico, talmente tanto da incorrere in una condanna del Consiglio di Stato per avere sacrificato illegittimamente le aspettative del costruttore.

Voglio rimanere fedele a ciò che ho detto in premessa. Non intendo dare giudizi sull’operato della magistratura.

Non posso però esimermi dal rilevare un comportamento ricorrente in questo Paese che ritengo profondamente sbagliato. Sempre i media riferiscono che secondo la Magistratura non sarebbe stato necessario notificarmi alcunché perché non è stato necessario svolgere attività di indagine per cui è prevista obbligatoriamente la partecipazione dell’indagato. Lo capisco e lo accetto.

Ma allora mi chiedo: essendo la Magistratura l’unico organo preposto alla comunicazione di questi atti, perché questa informazione è stata divulgata ai media? E chiedo a voi, colleghi politici, se ciò continui a starvi bene. Sta bene a chi governa o ambisce a governare una città o un Paese che indagini riservate diventino pubbliche? Ricordo a chi approfitta, politicamente, di situazioni come quella che la mia amministrazione sta vivendo: oggi a me, domani a te.

So benissimo che le mie parole cadranno nel vuoto, ma certa politica, oltre ad assumere comportamenti sgraziati e fin maleducati, sta commettendo un grande errore.

A una parte dell’opposizione, non a tutta, voglio dire che se vi abbandonate a gesti plateali e a schiamazzi d’aula per avere una foto in cronaca locale potete raggiungere il vostro scopo, non c’è dubbio. Se lo fate nella speranza di destabilizzarmi non c’è altrettanto dubbio che non avete alcuna possibilità.

Nella mia vita ho affrontato problemi cento volte più gravi, cose del genere non producono nessun effetto su di me.

E al Consigliere Marcora, che ha ritenuto di poter avere un momento di fama postando una mia foto in versione da galeotto, voglio dire che per contribuire ad amplificare la sua fama ho segnalato il suo gesto ai vertici del suo partito, nella fattispecie al Presidente del Consiglio e al Presidente del Senato (non si preoccupi, non c’è bisogno che mi ringrazi). Quello che mi hanno risposto lo tengo per me. Ma ora starò a vedere. Se la forza politica a cui lei ha aderito, l’ennesima forza politica a cui lei ha aderito, le farà fare carriera vorrà dire che condivide e appoggia il suo comportamento. Se invece ciò non avverrà vorrà dire che il suo partito, un partito che governa la nostra nazione, a un minimo di rispetto istituzionale ci tiene. Vedremo…

Rilevati questi aspetti rispetto al mio coinvolgimento nell’indagine, che garantisco essere fonte di grandissima sofferenza, vorrei porvi alcune riflessioni politiche sul contesto amministrativo e soprattutto urbanistico milanese. Perché è evidente a tutti noi che in molti si stanno interrogando sul percorso che la nostra città ha seguito negli ultimi decenni.

Mi rivolgo ora alle consigliere e ai consiglieri della maggioranza che sostiene la mia amministrazione. Noi ci troviamo a governare, da quattordici anni, lo sviluppo di una città che si sta facendo metropoli e che compie un processo di trasformazione comune a molte realtà dello stesso tipo, in Europa e nel mondo. Voi per primi sapete che amministrare una città significa guidare e governare il processo nel quale la città stessa si è avviata. Non è certamente solo il Sindaco, la Giunta, il Consiglio Comunale che possono determinare un’evoluzione storica. Tanto più in un tempo come il nostro, rivoluzionato e caratterizzato da una serie di transizioni che mai si sono viste nella storia. Noi siamo stati chiamati a gestire, correggere e migliorare gli aspetti più critici di tali trasformazioni.

Se ci fate caso, nell’accelerazione degli eventi, non c’è negli ultimi anni un solo àmbito esente da complessità: dalla sicurezza alla mobilità, dal costo della vita e dell’abitare alla cura del verde.

Si tratta di problemi strutturali a cui la politica deve proporre risposte, che divergono a seconda dell’indirizzo della politica stessa: e noi del Centrosinistra abbiamo conferito un indirizzo decisamente progressista a ciascuna problematica.

Guardiamo al compito che ci siamo assunti verso Milano nel momento in cui siamo stati eletti (due volte). Noi, nessun altro, abbiamo il dovere di mantenere gli impegni assunti nei confronti degli elettori e delle elettrici. Semplicemente questo: far crescere Milano su una strada che tenga insieme le ragioni dello sviluppo e del sostegno a chi fa fatica. Questo è il senso della nostra politica.

Ma noi dobbiamo essere consapevoli e anche orgogliosi del nostro percorso.

Per quello che ci è stato dato fare con gli strumenti finanziari che abbiamo avuto a disposizione, abbiamo agito sempre nella direzione di apertura al progresso.

Sfido chiunque a trovare una voce di bilancio che non abbia questo segno o che non sia stata indirizzata con questo intento. In questi anni i bilanci li abbiamo fatti assieme. E li abbiamo approvati assieme. Le scelte che abbiamo compiuto sono nel segno di tutte le grandi città nazionali e internazionali governate dai progressisti.

Certo, la velocità a cui corre Milano abbisogna di correzioni continue e non tutto ciò che abbiamo tentato ha il crisma della perfezione. Ci mancherebbe! Ma dobbiamo osservare la traiettoria storica che Milano ha preso sotto le tre sindacature di Centrosinistra, oltre che del fenomeno Expo: e, secondo me, si tratta della via più adatta di sviluppo per una città che da sempre ha espresso una vocazione di apertura e una capacità attrattiva e di dialogo continuo con il mondo. E facendo della collaborazione tra pubblico e privato una virtù. Non è più così? Pensiamoci.

Spesso si dice e si scrive che l’azione amministrativa di questa sindacatura abbia lasciato troppo spazio a interessi immobiliari privati.

La vicenda del Pirellino vi racconta che il nostro orientamento è un altro. Ma soprattutto io sono qui a ribadire il fatto che mai nulla è stato risparmiato per equilibrare il tema dello sviluppo economico con la crescita di servizi pubblici che hanno l’obiettivo di aiutare le persone che hanno visto accentuarsi le loro difficoltà finanziarie, abitative e sociali.

Faccio solo l’esempio del welfare.

Il nostro bilancio, che è pubblico, vi dice che negli ultimi quattro anni abbiamo speso 1 miliardo di euro in servizi sociali, che concretamente vuol dire attività come:- tutela e assistenza ai minori in difficoltà,- contrasto della povertà delle famiglie con minori,- assistenza alle persone non autosufficienti e con disabilità, alle persone senza dimora, agli anziani in condizione di fragilità, alle donne vittime di violenza e alle persone che chiedono protezione nel nostro paese e con background migratorio. E altro ancora.

Ma torniamo al tema centrale dello sviluppo urbanistico della città. Permettetemi due citazioni.

La prima. Carlo Ratti è un famoso architetto e urbanista, insegna al Politecnico e al MIT di Boston. Lavora in tutto il mondo ed è una di quelle persone che definiamo spesso “un vanto per il nostro Paese”. Pochi giorni fa in un’intervista dice le seguenti cose: “Milano è rinata, non deve chiedere scusa. E’ l’unica città italiana veramente globale. E la sua crescita immobiliare è in gran parte dovuta a riqualificazioni e recuperi di aree dismesse”.

Ci fa paura la verticalizzazione di Milano? Penso sia sbagliato averne paura.

Come possiamo guadagnare più spazio per la socialità, per il verde, per la rivitalizzazione della città se non delegando alla verticalità funzioni dell’abitare e del lavoro di cui questa città, per fortuna, continua ad avere tanto bisogno?

Una seconda citazione è per Legambiente Lombardia. Legambiente riconosce che sotto il profilo del consumo di suolo Milano ha prodotto risultati migliori delle altre città (e questo è frutto della rigenerazione urbana e della “verticalizzazione” che libera terreno permeabile):“….occorre cogliere e consolidare gli elementi positivi, che pure ci sono stati, nell’arco di questo spumeggiante quindicennio immobiliare milanese. La città ha cambiato radicalmente i propri connotati, e la trasformazione si è consumata senza tracimazioni, parlando di consumo di suolo: su questo occorre evitare narrazioni massimaliste, per non rischiare l’indulgenza verso una Milano che, duole ricordare, fino ai primi anni Dieci di questo secolo è stata saldo ostaggio di palazzinari.”

Bisogna fare di più per rendere Milano sempre più equa, sana ed equilibrata? Bisogna fare sempre di più, per definizione. Ed è giusto discuterne. E’ giusto e sano che le idee, le posizioni, i progetti siano sempre al centro del confronto democratico.

Guai a chi si rifiutasse a questo dibattito che è il sale della democrazia e a chi ritenesse di aver ragione per diritto. Ma non possiamo non essere d’accordo sul fatto che la giustizia e la politica debbano occuparsi di ambiti separati.

E per far sì che questa società funzioni bisogna che questa distinzione regga in tutto e per tutto. Nel reciproco rispetto.

Per questo però è fondamentale che anche noi facciamo il nostro dovere in questa aula. Ed è per questo che la nostra risposta a quello che sta succedendo deve essere politica, nel segno della più alta tradizione di Milano e del suo Comune.

Una politica che ha l’obiettivo primario di intervenire per migliorare la vita dei concittadini che hanno più difficoltà. Questo è uno dei terreni di lavoro ordinario nell’amministrazione di ogni città: un lavoro che non è mai finito ma che ci vede sensibili e impegnati ogni giorno.

Sono tanti i fronti su quali la politica milanese deve agire, per soddisfare le aspettative delle milanesi e dei milanesi. Che sfide ci attendono?

– Dobbiamo far sì che i prossimi sviluppi urbanistici abbiano una sempre maggiore attenzione all’impatto pubblico e ai servizi connessi.- Dobbiamo operare con intensità sul Piano Straordinario Casa, per fronteggiare un problema, quello del costo dell’abitare, che sta diventando evidente in tutte le grandi città.E agire con energia sul ripristino degli appartamenti sfitti nel nostro patrimonio di Edilizia Residenziale Pubblica.- Dobbiamo migliorare su taluni servizi come il trasporto pubblico, che sarebbero considerati straordinari in tutte le città italiane ma che devono soddisfare le esigenze dei milanesi, pur alte che siano.- Dobbiamo porre un’attenzione estrema alla cura della città, in ogni suo quartiere e in ogni suo angolo, in ogni suo spazio verde.- Dobbiamo, ed è un tema molto difficile da affrontare, operare sulle strutture dedicate allo sport (la questione del momento, per fare un esempio, è quella relativa alla piscina Argelati).- Dobbiamo, da settembre, riavviare il percorso consiliare relativo allo stadio, con l’obiettivo di rispettare i tempi che il progetto richiede.- E molto altro ancora, che per brevità non cito ma che è nei miei pensieri.

Se su queste basi la maggioranza che mi sostiene c’è, e c’è coraggiosamente, con “responsabilità e cuore in antitesi a credere, obbedire, combattere” (come affermava Antonio Greppi), io ci sono.

Io ci sono con tutta la passione, con tutta la voglia, con tutto l’amore per questa città di cui sono capace.

Ho ricevuto più telefonate, e-mail e messaggi in questo frangente che quando sono stato eletto; da amici, vertici presenti e passati delle istituzioni, sconosciuti, da miei elettori e da persone che mi hanno detto di essere elettori di centrodestra e che non mi hanno votato, ma che mi dicono di credere nella mia onestà e nella mia dedizione.

Ho pensato seriamente alla possibilità di non andare avanti. E’ dal gennaio del 2009 che ho dato professionalmente e umanamente tutto quello che ho a Milano. E, se trovo ancora la motivazione e le energie per proseguire in questo incarico, non è per mia soddisfazione personale o per mia ambizione, ma per un motivo molto più semplice, che (permettetemi un’osservazione personale ed emotiva in questo frangente) è il vero insegnamento che ho ricevuto da mio padre.

Quando capì che dal punto di vista professionale non avrei seguito le sue orme, mi disse: fai quello che vuoi nella vita, scegliti il lavoro che vuoi, ma ricordati che io ti guarderò e vorrò essere certo che starai facendo il tuo dovere fino in fondo.

E oggi sono più che mai motivato a fare il mio dovere e a proseguire nell’incarico che i milanesi mi hanno democraticamente affidato.

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