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La procura di Milano il 3 luglio ha inviato una nota di chiusura delle indagini per la morte di Ramy Elgaml

Milano

Indagini per la morte di Ramy Elgaml, il carabiniere alla guida rischia il processo per omicidio stradale

di redazione
4 Luglio 2025

La Procura di Milano ha chiuso le indagini sulla morte di Ramy Elgaml, il diciannovenne italoegiziano deceduto la notte del 24 novembre 2024 nel quartiere Corvetto, al termine di un lungo inseguimento da parte dei carabinieri. I magistrati Giancarla Serafini e Marco Cirigliano contestano il reato di omicidio stradale sia a Fares Bouzidi, l’amico che guidava lo scooter su cui viaggiava Ramy, sia al carabiniere che si trovava al volante della pattuglia dell’Arma coinvolta nell’ultimo tratto dell’inseguimento.

La posizione di Bouzidi era già al centro dell’inchiesta. A lui i pm addebitano una fuga pericolosa, senza patente, a velocità sostenuta, in parte contromano, durata circa otto minuti per oltre otto chilometri attraverso diversi quartieri della città. Non è invece stata formalizzata l’accusa di guida sotto effetto di stupefacenti, inizialmente ipotizzata, poiché gli accertamenti ospedalieri non avevano indicato con precisione il principio attivo rilevato e non è stato possibile stabilire se l’assunzione fosse recente o risalente.

Più delicata la posizione del carabiniere. I pm gli contestano di non aver rispettato l’articolo 177 del Codice della Strada, che consente alle forze dell’ordine di derogare alle regole di circolazione durante un servizio, purché nel rispetto dei principi di prudenza e diligenza. Una contestazione che arriva nonostante la perizia disposta dalla stessa Procura avesse inizialmente escluso irregolarità nella condotta del militare, ritenendola conforme alle procedure in uso. La chiusura delle indagini, però, formalizza una responsabilità diversa: secondo l’ipotesi accusatoria, l’auto dell’Arma avrebbe mantenuto una distanza troppo ridotta rispetto allo scooter — meno di un metro e mezzo — nel tratto finale dell’inseguimento, a una velocità di circa 55 km/h. Una distanza ritenuta insufficiente a evitare un impatto, soprattutto considerando le caratteristiche del mezzo inseguito: uno scooter con due persone a bordo, una delle quali senza casco.

Secondo la ricostruzione dei magistrati, nel momento in cui lo scooter ha deviato improvvisamente verso destra, in direzione di una rampa pedonale, il paraurti anteriore dell’auto dei carabinieri avrebbe urtato la parte posteriore del motociclo, causando la sbandata e la caduta. Ramy, sbalzato sull’asfalto, è andato a impattare contro un semaforo. L’impatto gli sarà fatale.

Per la Procura, la distanza troppo ravvicinata sarebbe da attribuire a una valutazione inadeguata da parte del conducente dell’auto di servizio, che avrebbe dovuto tenere conto di quattro fattori: la guida pericolosa del ragazzo alla guida dello scooter, la struttura del mezzo, le elevate velocità raggiunte durante l’inseguimento (con picchi superiori ai 120 km/h) e la durata complessiva della corsa, ritenuta tale da poter compromettere le capacità di reazione e di frenata del veicolo di pattuglia.

La notifica dell’avviso di conclusione indagini apre ora una finestra di venti giorni, entro cui le difese possono depositare memorie o chiedere atti istruttori integrativi. In assenza di nuovi elementi, la Procura potrebbe poi procedere con la richiesta di rinvio a giudizio.

Resta aperto un secondo filone delle indagini riguardanti la morte di Ramy Elgaml, relativo a una presunta attività di depistaggio da parte di altri carabinieri. In particolare, si sta verificando se alcuni militari abbiano chiesto a un testimone di cancellare un video registrato con il cellulare nelle fasi finali dell’inseguimento. La posizione degli indagati in questo procedimento è tuttora al vaglio degli inquirenti.

Sul piano politico, la decisione della Procura ha suscitato reazioni critiche da parte di esponenti di Fratelli d’Italia. L’assessore lombardo alla Sicurezza, Romano La Russa, ha definito “incomprensibile” la contestazione al carabiniere, mentre il responsabile organizzativo del partito, Giovanni Donzelli, si è detto “sorpreso” dalla piega presa dall’inchiesta.
La vicenda giudiziaria entra ora nella sua fase decisiva, in attesa della valutazione del giudice per l’udienza preliminare.

Immagine di Copertina di Fred Romero, tratta da Flickr, creative commons

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