Il 2016 non verrà ricordato solo per i lutti, ma anche per un fatto che sta rivoluzionando l’economia globale. Le energie rinnovabili sono infatti ormai il modo più economico per produrre elettricità in più di 30 paesi e in più di metà degli Stati Uniti. Dopo un anno straordinario come il 2015 era legittimo aspettarsi un anno interlocutorio, con rallentamenti negli investimenti. Invece i fatti hanno smentito (in positivo) le più rosee previsioni. Come spesso è capitato negli ultimi dieci anni.
In molti paesi del mondo i nuovi impianti di produzione di elettricità da fonti rinnovabili vengono realizzati in seguito ad aste al ribasso. Nel corso dell’anno i risultati di queste aste sono stati sempre più favorevoli arrivando a prezzi ormai competitivi con le risorse fossili.
È accaduto in India dove si è passati in un anno da 4630 rupie al megawattora a meno di 3000 (che corrispondono a circa 40 euro). In Messico si è partiti da una base d’asta di 60 dollari al megawattora. Ma i 36 progetti selezionati (alcuni dei quali proposti da ENEL) hanno offerto un prezzo medio di 33,5 dollari (meno di 32 euro). In Cile ad agosto si è arrivati a 29 dollari, stabilendo un record che è durato solo un mese, visto che a settembre ad Abu Dhabi il prezzo era di 24 dollari al megawattora (23 euro circa).
A titolo di confronto, gli incentivi che cinque anni fa venivano assicurati in Italia per grandi impianti a terra erano ben al di sopra dei 200 euro a megawattora.
Oggi chi ha bisogno di rilevanti incentivi è l’industria nucleare, che nel Regno Unito è riuscita a strappare quasi 110 euro a megawattora per l’elettricità prodotta dall’impianto di Hinkley Point (che chissà quando sarà pronto). E come se non bastasse, tale prezzo è assicurato per ben 35 anni. Nelle stesse settimane, in Olanda, un’asta per un impianto eolico offshore è stata chiusa per 54 euro, la metà. Al consorzio vincente partecipa anche Shell, che prova a riciclare nelle rinnovabili l’esperienza maturate nelle piattaforme marine di estrazione.
Il trend globale è quindi chiaro e mostra che se le condizioni di sole e vento locali lo consentono, le rinnovabili sono ormai competitive con gas e carbone sulla base dei costi reali, anche in assenza di incentivi o di carbon tax (tassa sulle emissioni climalteranti, che penalizzerebbe le fonti fossili).
Un recente studio dell’Università del Texas ha calcolato i costi di generazione dell’elettricità nelle oltre 3000 contee degli Stati Uniti continentali. Escludendo le esternalità (cioè i danni ambientali) e la possibilità di introdurre una tassa sulle emissioni, risulta che ormai il carbone è la fonte più conveniente in solo 89 contee, il nucleare in 70, il gas in 1344. Ma in più di metà delle contee già oggi le rinnovabili sono più convenienti: in 1125 l’eolico e in 482 il solare fotovoltaico.
È d’accordo persino il World Economic Forum, cioè il forum di Davos, non certo un covo di ambientalisti. Nel manualetto Renewable Infrastructure Investment Handbook: A Guide for Institutional Investors (da cui abbiamo tratto l’immagine di copertina) si ricorda come in almeno 30 paesi le rinnovabili sono la fonte più conveniente per produrre elettricità e si cita uno studio della Deutsche Bank che dice che entro due anni questo si verificherà in quattro paesi su cinque.
Con queste condizioni al contorno diventa sempre più difficile tornare a puntare sulle fonti fossili, come vorrebbe fare la nuova amministrazione statunitense. Del resto l’energia è una materia per molti aspetti di competenza statale (e non federale) e il consenso alle politiche di riduzione delle emissioni sta allargandosi anche nel campo conservatore. Al rilancio dell’economia fossile non contribuisce certo lo studio appena pubblicato da Science che mostra come la tecnologia della fratturazione idraulica, alla base del rilancio dell’industria oil & gas USA, sia in grado di provocare terremoti.
La battaglia dei costi è quindi vinta. Ma questo non è che il primo passo nella lunga strada che porterà alla completa transizione da una economia basata sulle fonti fossili a una economia basata sulle fonti rinnovabili. Ci si pongono davanti una serie di sfide su cui torneremo nel 2017.
Serve un ripensamento del sistema della mobilità delle persone e delle merci, oggi basato quasi solo su motori a combustione interna. Serve abbandonare qualsiasi nuovo investimento su nuove infrastrutture fossili, per non rimanere legati a queste fonti per un’altra generazione.
Serve soprattutto ridefinire il ruolo della rete elettrica e degli attori del mercato.
*A queste sfide epocali è dedicato Civiltà solare – L’estinzione fossile e la scossa delle energie rinnovabili, edito da Altreconomia, che abbiamo da poco pubblicato con Fabio Monforti.
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definire ” ben al di sopra i 200€/MWh per gli impianti in Italia “. Dire che gli incentivi alle rinnovabili in italia sono 13 miliardi all’anno per quanti anni ? non paragonare la produzione di una centrale nucleare con quella di impianti rinnovabili.
Non comprendo il commento di dodobeltrame, ma mi permetto di affermare che l’evoluzione verso le energie rinnovabili dovrà fare i conti con la sostenibilità rispetto agli incentivi disponibili. Su questo focus si devono concentrare le strategie produttive degli impianti e di installazione
…mi e’ partito il commento non completo… Riprendo il discorso… Strategie produttive (dei componenti) e di installazione. Tenendo conto che le rinnovabili del futuro dovranno svolgere un servizio sociale. Come quello di produrre energia pulita in impianti di smaltimento dello scarto organico da smaltire. Oggi purtroppo ancora con metodi energivori e a costi passivi pagati dai contribuenti. Non solo solare ed eolico quindi, ma anche Digestione anaerobica in mini unità a disposizione della comunità, per un vero servizio di utilità pubblica, competitivo e addirittura “originatore di reddito.