De Felice: L’Italia dialoga con la Russia ma deve viaggiare con l’Europa
«La crescita economica si basa sul commercio internazionale. Le sanzioni alla Russia, i dazi USA alla Cina e la Brexit sono tutti elementi che vanno ad accorciare la catena del valore della globalizzazione, con un impatto non certo positivo sulla crescita e anche sull’inflazione. L’Italia tiene vivo il dialogo con la Russia, ma è l’Europa che deve viaggiare assieme nella stessa direzione per il comune interesse», ha dichiarato Gregorio De Felice, Chief economist di Intesa Sanpaolo, durante il suo intervento all’XI Forum Euroasiatico di Verona, in corso da ieri al Palazzo della Gran Guardia di Piazza Bra.
I paesi dell’Unione economica euroasiatica, secondo l’economista, hanno bisogno di profondi ammodernamenti e aumenti delle infrastrutture per sostenere la loro crescita economica e incentivare gli investimenti diretti esteri. «Sono necessari collegamenti che mettono in contatto le industrie locali con il commercio globale e diano quindi nuovo impulso allo sviluppo: per la Russia, ad esempio, il potenziale di crescita attuale del PIL a lungo termine è limitato all’1,5% – 2% anche a causa della mancanza di infrastrutture adeguate», ha spiegato De Felice. Investire nella costruzione di grandi opere nell’UEEA, quindi, può essere una sfida ma anche un’opportunità da sfruttare.
Tra l’Europa e l’Asia, peraltro, sono in corso importanti investimenti in infrastrutture legati ai progetti di integrazione dell’UEEA, guidati dalla Russia, ma anche alla Belt and Road Initiative condotta dalla Cina. «La crescente cooperazione tra UEEA e Cina – spiego De Felice – è stata sugellata dall’accordo economico e commerciale firmato ad Astana lo scorso maggio, parte di un più ampio progetto per la creazione di un blocco commerciale denominato Grande Partenariato Eurasiatico, che vedrà coinvolte UEEA, Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN) e Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO)».
I Paesi dell’UEEA nel 2017 hanno prodotto il 3,8% del Pil mondiale, raccogliendo il 2% degli investimenti diretti esteri, pari a 623,7 miliardi di dollari. Gli investimenti sono stati per il 95% alla Russia e al Kazakistan. Il nostro paese ha investito 13,3 miliardi di euro, 11,5 dei quali nella sola Russia. Il contributo dell’Italia però, secondo quanto detto al Forum di Verona, è stato maggiore, perché gli investimenti diretti non includono quelli avvenuti attraverso le controllate estere.
Oggi le imprese italiane presenti nell’UEEA sono 850, 740 in Russia e 87 in Kazakistan. I settori in cui operano queste imprese sono: energia, agri-food, moda, trasporti e telecomunicazioni. Le aziende che hanno cantieri in Russia “valgono” complessivamente 2 miliardi di euro, 300 milioni dei quali frutto di accordi recenti, firmati nel 2017.
«Dati interessanti – commenta De Felice – ma con un grande potenziale di crescita se si pensa che i contractor italiani sono molto apprezzati e riconosciuti all’estero, dove realizzano la maggior parte del fatturato». Si tratta di imprese attive in 92 Paesi, in 5 continenti, per un totale di 811 cantieri, dal valore complessivo di 82,2 miliardi di euro.
L’interscambio dell’UEEA con l’estero, nel 2017, è cresciuto del 25% raggiungendo i 741 miliardi di euro. Parliamo del 2,1% del commercio mondiale, per il 79% attribuibile alla Russia e per il 10,5% al Kazakistan. La zona esporta soprattutto idrocarburi, minerali e metalli e importa macchinari, componenti per i trasporti, agri-food, prodotti chimici, metalli e tessili. L’economia è complementare a quella dell’Unione Europea e della Cina, entrambe importatrici di fonti energetiche ed esportatrici di investimenti e beni. UE e Cina sono quindi competitor nelle esportazioni nell’UEEA.
Guardando all’Italia invece, lo scorso anno, l’interscambio dell’UEEA è cresciuto del 14%, attestandosi a 23 miliardi di euro, pari al 2,7% del commercio con l’estero del nostro Paese. L’88% è avvenuto con la Russia e il 9% con il Kazakistan. Per un controvalore di 13,8 miliardi di euro, l’Italia ha importato soprattutto minerali, prodotti petroliferi raffinati e metalli, ed esportato per 9,1 miliardi, in particolare macchinari e prodotti legati alla moda e al design. 46 distretti industriali italiani su 55 hanno visto aumentare le esportazioni verso l’UEEA, registrando complessivamente un +18,2%, pari a 396 milioni di euro in più rispetto al 2016.
«La struttura del nostro interscambio – conclude De Felice – riflette la complementarietà delle due economie e i reciproci vantaggi che ne derivano. Nei primi sei mesi del 2018 il valore delle nostre importazioni è aumentato del 6,5%, dovuto soprattutto alla dinamica dei prezzi del greggio, mentre quello delle esportazioni ha segnato un -1,1%. Il dato negativo del nostro export è imputabile soprattutto alla flessione degli ordinativi riguardanti i macchinari meccanici».
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Nell’immagine di copertina Gregorio De Felice, Chief economist di Intesa Sanpaolo
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