Il corpo delle donne. Tra inquisizione e consenso
Ancora al centro del dibattere, il corpo femminile.
Partiamo dalla foto più agghiacciante: al cimitero Flaminio di Roma una donna scopre il suo nome scritto sopra una croce, a indicare il luogo dove è seppellito il feto che ha abortito. Azione figlia degli umori da caccia alle streghe dei cosiddetti ProLife. Dopo la scoperchiata notizia, si rivelano altri e diffusi spiazzi di terra addormentata pieni di croci inquisitrici. Che dicono chiaramente: il corpo che abiti non è tuo. Vengono i brividi a parlarne ancora, eppure la deriva è ostinata e silenziosa.
La più innocua. L’attrice Gwyneth Paltrow che a 48 anni elargisce al mondo la sua nudità stagionata e impeccabile. Lo fa gratuitamente, tutto social. Cosa vuole dirci quella esposizione? Nient’altro che: sono ancora una gran gnocca. E ti credo: fai l’attrice, e sei famosa. Quale rivendicazione o stimolo contiene? Nessuna rivendicazione, se non quella già detta sopra. Unico stimolo: quello a favore di voyer. E qui mi unisco al ringraziamento.
La più ambigua. Lei, Vanessa, In Con Tra Da. Qui sì, una rivendicazione, alla base della foto in copertina di Vanity Fair: accettarsi per come si è, che per una donna significa sempre accettare i chili che non vorrebbe.
Eppure non torna, l’aspirazione.
Il corpo di modella canonica, con poca carne e spigoli d’osso adatti ad appenderci un abito, non fa circolare troppe gocce di sangue; quel mondo, che in modo basico mettiamo sotto la voce Moda, vive di astrazione, di incanto distante. Non per nulla è tenuto vegeto da uomini che il corpo femminile non lo desiderano.
Le rotondità luminose della Incontrada invece te le mangeresti. Lo dico senza intenzioni cannibali. Peccato che le donne ‘ingrassate’ non siano per nulla paragonabili a quella Vanessa che si staglia sul patinato. L’intenzione nobile del ‘Nessuno mi può giudicare’ è fallita. Il giudizio c’è, ed è unanime ed esultante. Non elimina, o cura, alcuna frustrazione, che invece si sposta e aumenta. In fondo, sarebbe quasi più facile somigliare alle tanto invidiate magre.
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